La Federginnastica svizzera contro la sessualizzazione delle foto delle atlete.
Da qualche giorno gira questa notizia:
La Federginnastica svizzera ha votato regole stringenti che ricadranno sui fotografi e sulle immagini di atlete a gambe divaricate. Per chi non si attiene al codice, la pena è il ritiro dell’accredito e l’estromissione dalle competizioni.
E’ vero, però analizziamo meglio il problema.
La Federazione Svizzera di Ginnastica chiede protezione per le giovani atlete dalla diffusione di immagini definite “eticamente sensibili” durante l’esecuzione degli esercizi di gara.
Viene divulgato un codice professionale all’insegna del rispetto del corpo della donna e contro la sessualizzazione della ginnastica.
Messa cosi posso comprendere che le nuove regole per gli addetti stampa richieste dalla Federazione Svizzera di ginnastica artistica potranno sembrare esagerate, forse lo sono, eppure basta guardare i casi di cronaca che coinvolgono le atlete a livello mondiale per capire che c’è un forte problema di sessualizzazione e oggettificazione del corpo femminile. Negli Stati Uniti, campionesse come Simone Biles e molte altre, hanno denunciato gli abusi e le violenze da parte dell’ex medico della nazionale statunitense Larry Nassar, mentre qui in Italia hanno parlato diverse atlete di ginnastica ritmica e artistica per denunciare maltrattamenti, pressioni psicologiche e un controllo costante sul loro corpo. C’è bisogno di maggiori tutele per le atlete e la Svizzera ha fatto un primo passo.
Non si tratta di censura talebana inventata così a caso e neanche di un pallino del politico moralista di turno in cerca di luce. La voce che si è alzata, il rispetto richiesto, viene proprio dalle atlete. Si tratta semplicemente di sensibilizzare i professionisti dei media perché prevalgano buon senso e rispetto del corpo della persona, invitandoli a riprendere i soggetti da angolazioni più consone e sopratutto nella scelta delle immagini da pubblicare, invito rivolto non solo ai fotografi ma sopratutto ai photoeditor e ai media manager, affinché ci si possa affascinare dai tanti bellissimi gesti atletici fotografati avendo però la cortesia di mettere da parte quelli che, seppur involontariamente da chi ha fotografato, potrebbero attrarre lo spettatore più verso la libido che verso il gesto sportivo.
Il regolamento etico pronunciato dalla federazione svizzera si concentra di più sulla pubblicazione che sulla realizzazione, questo deve essere chiaro.
Questo è un provvedimento che fa seguito al “no al body sì alla tuta” delle atlete tedesche che nelle Olimpiadi di Tokyo 2021 si ribellarono al body succinto imposto dalle federazioni accettando le penalità attribuite nel non seguire questa assurda imposizione. E questa imposizione dell’abbigliamento credo sia una delle primissime cose da far emergere e combattere, probabilmente ancora prima del dove e come fare le fotografie!
Prima di saltare a conclusioni superficiali, immaginando una censura per i fotografi che non saranno più liberi di fotografare “a loro piacimento”, penso che sia importante comprendere l’ampiezza di questo gesto della federazione svizzera. Capire che magari è un primo segnale, probabilmente da perfezionare e da ridefinire per renderlo concretamente attuabile. Occorre fare lo sforzo di approfondire il perché alcune ginnaste facciano fatica a concentrarsi e non si sentano libere di esprimersi al massimo nel loro esercizio, sapendo che in gara avranno davanti a sé un centinaio di teleobiettivi puntati pronti a catturare alcune posizioni che potrebbero essere interpretate sessualizzando il gesto sportivo.
Già solo il fatto che l’input arrivi dalle giovanissime atlete a me fa partire una riflessione e un grande dubbio. In effetti non avevo mai pensato questa cosa, non avevo mai preso in considerazione lo sguardo e il pensiero dell’atleta e quindi non posso restarne indifferente. D’altro canto sono un fotografo, se mi dicono che non posso fotografare da un certo punto di vista sinceramente non mi crea problemi, so che potrò realizzare immagini assolutamente degne e professionali anche stando di fianco o dove mi diranno che posso stare. Trovo anche interessante sensibilizzarci sulla scelta, nessuno di noi può far finta di non sapere che alcune “posizioni”, se pubblicate, acchiappino più click di altre. Siamo professionisti dell’immagini e non possiamo prenderci in giro.
Purtroppo il mondo della comunicazione non é un mondo pulito e scevro da strategie che strizzano l’occhiolino alla pornografia. Quante pubblicità fake si vedono googolando sui siti dove l’immagine ci colpisce perché sembra qualcosa che poi aprendo il link non è? Quanti titoli fuorvianti incontriamo sul web, e tutto questo è fatto per attirare la nostra attenzione e viene fatto in modo subdolo. La percentuale di uomini fortemente attratti da immagini di ragazze in pose “dubbiose” con abiti succinti, è altissima. C’è chi studia appositamente queste “esche” da web.
Se possiamo migliorare anche solo di un millimetro questo “mondo” poco genuino, perché non farlo? Cosa ci costa? Tre frame in meno e 5 minuti di tempo in più nella scelta? Amen. Mi sembra un piccolissimo sacrificio sapendo che anche solo un paio di atlete potranno esibirsi con meno soggezione. Far prevalere il buon senso e provare a diffonderlo accettando anche regole che ci sembrano esagerate io penso sia il minimo sindacale per condividere il rispetto tra gli esseri umani. Sicuramente è il casi di parlarne, confrontarci, magari migliorare il regolamento, suggerire altre strategie, ma teniamo un livello alto per questo argomento, non buttiamo tutto in vacca seguendo i titoli degli articoli che sono fatti apposta per accendere gli animi.
Guardiamo insieme alcune fotografie prese dal web e poi chiediamoci se davvero non ci sia bisogno di regolamentarci tutti in qualche modo.
Erano davvero le migliori fotografi SPORTIVE pubblicabili? Sono pose che raccontano un interessante gesto sportivo? Davvero è necessario farle vestire così?
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