Jr in Torino.
Questo è il nome dato alla chiamata alle arti che il celebre Artista francese ha ideato per dare vita alla performance urbana nella nostra città.
JR, origini tunisine il cui vero nome è Jean Renè, ma ammette di essersi ispirato anche al cattivo della famosa serie Dallas. Il suo gesto autoriale è semplice ma al contempo complesso e profondo, ed è questo perfetto connubio tra fotografia e arte pubblica che l’ha reso celebre in ogni angolo della terra.
Performance visive di grande effetto, spesso riprese con l’aiuto di un drone, temi attualissimi troppe volte lasciati nelle ombre del benaltrismo, povertà immigrazione, reclusione, discriminazione, lui riporta in superficie le fragilità del mondo per creare un corto circuito riflessivo. Guardiamoci in faccia, non nascondiamola sotto la sabbia, queste cose esistono per davvero.
Passare qualche ora vicino a lui e al suo potente e numeroso team è stata una esperienza che mi piace descrivere, incantevole.
Molte volte viene definito “fotografo” ma, onestamente, mi sembra riduttivo e non riuscirei a definirlo proprio come un “collega”, usare la fotografia in questo modo è roba da geni, però quel guizzo creativo lo riconosco e lo inseguo mentre si divincola per una piazza gremita e arrotolata di persone con lunghi teli.
Tutto il coordinamento è pronto, le trenta persone ai suoi comandi sanno esattamente cosa fare, tutto studiato nel dettaglio ma lui controlla andando avanti e indietro, tra la folla e il tecnico del drone, senza sosta e continuando a rimescolare dettagli e a chiedere minuziosi spostamenti. È chiaro che ha una perfetta idea in testa, ma se ci fai attenzione lo vedi che sta cercando di darle i contorni migliori che via via improvvisa e corregge vibrando nel megafono, impossibile non farci venire in mente scene di Fellinania memoria.
JR è uno spettacolo nello spettacolo.
Jeans. Scarpe da tennis bianche. Giubbotto nero e immancabili occhiali e cappello, anch’essi neri. Si sposta agile tra la folla, parla ancora più agilmente italiano, si fa capire nonostante qualche perdonabile strafalcione, ma è così simpatico e gentile che quando chiede di essere corretto ci ridiamo tutti sopra, lui per primo. Mi affeziono immediatamente a questa sua instancabile attenzione a tutto. Ci saranno 500 persone. E lui, sotto un imprevisto sole torinese, che sembra prenotato apposta per questa giornata, va a parlare quasi con ogni singola persona che da circa un’ora è lì, sorridente e fiera, che tiene in mano, ben tirato, uno degli enormi teli che ritraggono dei bambini. Si avvicina, abbraccia, chiede se va tutto bene, se qualcuno è stanco, si scusa se ci vorrà del tempo, spiega che la luce è perfetta e che già nel tardo pomeriggio tutti potranno vedere sul suo profilo Instagram l’immagine prodotta dal drone. E così è. Nel pomeriggio eccoci tutti li sullo schermo dello smartphone, inquadrati dall’alto, come forse ci vede Dio, o le nuvole, chi lo sa.
Un gran bel gruppone di torinesi che insieme danno vita ad una serie di gigantofotografie di bambini incontrati e fotografati nei campi profughi in Ruanda, Mbera, Lesbo, Colombia e altri posti dimenticati, e tutti insieme al via di JR le fanno muovere come in un breve spezzone di film. Magico.
Michele Coppola, direttore esecutivo delle Gallerie d’Italia è appostato all’ombra del cavallo di bronzo, segue con interesse divertito e fa domande ai tecnici, sorride, scambia battute con Jr che alza gli occhi al cielo e insieme benedicono la giornata serena che ci è capitata. Insomma, tutti si godono la scena. Ne hanno ben donde, con questo invito straordinario e con la mostra presso le Gallerie d’Italia, che inaugura il giorno seguente la performance, ha portato il nome di Torino ancora più in alto. Ancora più in alto del drone che veleggia immobile sopra Piazza San Carlo e che alla fine scende a terra mentre JR entra in mezzo alla folla per ringraziare con raffinato affetto i partecipanti. Selfie e autografi come gabbiani a Venezia, tutti addosso e lui li accontenta tutti per un buon trenta minuti prima di ritrarsi sotto i portici.
Non mostra segni di stanchezza o ansia da prestazione, le immagini sono il suo elemento e la strada è il suo diluente, anzi, il fisaggio. Quello che traspare e che si percepisce è una soddisfatta contentezza per aver fermato con precisione quel pensiero immaginato, pensiero che fino a poche ore fa era soltanto una bella idea. Già, solo una bella idea.
Ma le idee, finché restano idee, non servono a nulla. La sua maestria è proprio quella di concretizzare i progetti incredibili che inventa, rende visibile al mondo un sottile ma plateale urlo di speranza, un po’ come Bansky, suo ispiratore come ha sempre ammesso, anche JR è riuscito a spostare l’arte dalle cornici e dai musei, è ritornata urbana, smurata, estorta alla rigidità e la fotografia è stata spinta oltre i confini canonici, una fotografia che finalmente esce dal rettangolo, dal monitor, dallo smartphone, e anche dalla stampa. Diventa telo, lenzuoli immensi, che avvolgono palazzi, strade, chiese, pavimenti, e tutte queste immagini hanno il compito di guardarci. Mentre noi guardiamo l’opera, l’opera è pensata per fissarci, per suggerirci e per farci dire che un mondo migliore può esistere. Basterebbe metterci tutti insieme, come è successo in questa giornata, amici ma anche sconosciuti, professori con allievi, fidanzati, cittadini amanti dell’arte e delle cose belle, tutti fianco a fianco senza badare a sesso, etnia, culti religiosi, tutti sorridenti e felici di partecipare. Partecipare. Che meravigliosa parola che mi fa tornare in mente Gaber. Se tutti avessimo questo desiderio di partecipare alla costruzione di un messaggio di bellezza è indiscutibile che sarebbe un mondo migliore, e forse è quello che cerca JR, anzi, adesso che l’ho seguito in questo evento, ne sono certo. Alla fine, ripensandoci, la bellezza che ho visto venir sviscerata, non era nelle foto del drone, quelle apparse sui social, e neanche nei lenzuoli fotografici. La bellezza era intorno a me che teneva un telo insieme a centinaia di altri esseri umani, era quella che parlava col vicino senza conoscerlo, che si scambiava smartfoto per ricordarsi tutti di quel momento, di quell’istante. Grazie Jr.
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Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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