Il dubbio lo lancia Marco Belpoliti sulla Stampa:
“Queste foto dicono la verità perché mentono”.
L’ex premier è deceduto la mattina del 13 giugno intorno alle 9:30 all’ospedale San Raffaele di Milano dove era ricoverato per una leucemia cronica. In questi giorni si è detto di tutto e il contrario di tutto e ancora se ne dirà. Sicuramente è stato un uomo che non è passato inosservato nel bene e nel male e altrettanto sicuramente è stato un uomo straordinario, nel senso fuori dall’ordinario, sopratutto sul tema della comunicazione visiva.
Ma facciamo un passo indietro.
A partire dal 1945 e per oltre sessant’anni, il nostro Paese è teatro di trasformazioni politiche, sociali e istituzionali che investono tanto la politica quanto la scena pubblica. In questo arco di tempo la politica italiana è oggetto di mutamenti ed evoluzioni nelle modalità e nei mezzi di comunicazione. Una volta era la piazza il luogo primario per i comizi e i dibattiti pubblici, accompagnata e piano piano quasi sostituita dalle tribune televisive; la propaganda, inizialmente incentrata sulla parola, viene scalzata dalla comunicazione visiva.
Il cambiamento è lento e graduale fino alla prima metà degli anni Novanta, quando a scendere in campo non è il solito professionista della politica ma un uomo nuovo, estraneo al circuito dei partiti: Silvio Berlusconi. Grazie all’immediato successo che riscuote presso gli italiani il Cavaliere diventa presto un modello da osservare ed imitare.
Il linguaggio contratto in slogan sostituisce la procedura consueta di princìpi e proposte e Berlusconi può essere considerato come uno dei fenomeni comunicativi più significativi da più di mezzo secolo a questa parte. È un innovatore e un pioniere della comunicazione politica, un grande venditore che utilizza capacità e strumenti di seduzione per “piazzare” in modo vincente il proprio prodotto sul mercato.
La stessa denominazione del partito, “Forza Italia”, e il colore azzurro del movimento fanno riferimento all’immagine che tutti noi abbiamo della nazionale italiana di calcio, in modo da cogliere le stesse emozioni e sensazioni in favore del fascino politico che desidera arrivi ai cittadini.
La comunicazione visiva di Berlusconi non dimentica il look: è un uomo sempre elegante, ordinato, in forma, sportivo, sorridente, che ostenta giovinezza.
L’annuncio della sua discesa in campo viene registrato in un video-messaggio e trasmesso in tv a reti unificate. Berlusconi si rivolge direttamente agli italiani dallo studio della sua residenza di Arcore, novità assoluta nella comunicazione politica italiana, come anche nuova è l’idea del libro fotografico; un libro di 128 pagine dal titolo “Una storia italiana” viene distribuito a quindici milioni di famiglie, successi glorie, racconti di famiglia autocelebrativi, il tutto raccontato nella forma di un romanzo corredato di quasi duecento fotografie, a questo vanno aggiunti migliaia di manifesti che tappezzano le città dove giganteggia la sua immagine sorridente, un esempio senza precedenti della personalizzazione della comunicazione politica; Forza Italia occupa inoltre l’home page di diversi importanti portali con dei banner che si aprono automaticamente.
L’immagine che Berlusconi dà di sé, è un immagine virtuale, costruita per esprimere perfezione, un uomo surreale con la volontà di far sognare la gente che pensa si possano ottenere fama e potere partendo dal nulla.
“L’Italia è il Paese che amo”. Sette parole sono bastate a Silvio Berlusconi per cambiare per sempre il mondo della comunicazione in Italia.
L’immagine di sè stesso ha dominato più di ogni parola o promessa politica, più di ogni concetto e riflessione sociale, dagli esordi fino a quegli ultimi video su TikTok, decisamente fuori luogo e, perdonatemi, un po’ imbarazzanti.
Ma non poteva farne a meno, aveva sete di piacere a tutti, una sua consulente racconta che quando leggeva che il 75% degli italiani era in suo favore lui anziché esultare si chiedeva “Ma che gli ho fatto a quel 25%? Cosa posso fare per piacergli?”.
Tutto questo racconto per arrivare a raccontare la storia della fotografia che capeggia questo articolo.
Il ritratto che gli fece Paul Stuart per il Sunday Times circa dieci anni fa.
Niente photoshop o trucchi, anche se qualcuno dice che si intravede della cipria.
Oliviero Toscani guardando la fotografia disse: “È quello immortalato da Paul Stuart il vero Berlusconi? Oppure è quello che gli italiani sono abituati a digerire ovunque da decenni: lucido, tirato, gonfio nella solita ridanciana versione da Drive In.”
Stuart racconta di una situazione lavorativa molto friendly, gentilezza e cortesia in ogni momento, lui non chiese nulla e il Cavaliere nemmeno, aveva forse deciso di farsi vedere invecchiare.
“”Era molto gentile, disponibile. Abituato a queste cose, direi. Siamo stati insieme, per le foto, una mezz’ora. Lui parla solo un po’ d’inglese, io solo un po’ di italiano, per cui non è stato semplicissimo capirci, ma siamo riusciti a intenderci e a comunicare lo stesso, io non l’ho visto mettersi fondo tinta o altro, ma non posso neanche escludere che lo abbia fatto prima. Non sono partito con l’intento di fotografarlo più vecchio. Sono uno specialista di ritratti, faccio solo questi, e lavoro con il materiale che mi viene presentato. Quello che ho fotografato è il Berlusconi che ho visto, o comunque quello che lui voleva trasmettere e far vedere”.
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TOMMASO OTTOMANO – IL REGISTA DEI MANESKIN
Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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