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SOPHIE CALLE “La fotografia come testimone di me stessa”

di Paolo Ranzani

Sophie Calle è un artista francese nata a Parigi il 9 ottobre 1953. Il filo che lega i suoi lavori alla sua vita è talmente sottile da diventare, a volte, impercettibile. Lei è la sua arte.

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© Sophie Calle

Il concept principale del lavoro di Calle potrebbe essere descritto come documentazione artistica” costituita da testi, foto, video e voci. In alcuni casi espone oggetti intimi come vestiti, animali di peluche come prova dell’autenticità del suo lavoro. Calle lavora spesso quasi come un giornalista investigativo. Si potrebbe dire che Sophie Calle ha ridefinito i termini e i parametri di soggetto/oggetto, presenza/assenza e persino sé/altro attraverso l’applicazione di tecniche del giornalismo investigativo.

Le sue ricerche l’hanno portata a indagare sul proprio comportamento in modo che la sua vita, sia quella vera che quella immaginata, ha dato luogo a molte delle sue opere più affascinanti.

Ripercorrendo la sua giovane vita si apprende che Sophie Calle non si è mai interessata all’arte quando era a scuola. Forse proprio per questo motivo il suo non è un lavoro convenzionale. Ad esempio, nelle interviste, ha più volte affermato di non era mai stata in un museo fino alla sua prima mostra.

Quando le hanno chiesto se la sua pratica abbia qualcosa a che fare con l’arte o no, la risposta è stata perentoria “non sono affari miei”.

Sophie Calle sostiene che sia una questione che spetta ai critici d’arte decidere. Lei ne è estranea seppur presente.

La sua storia personale fornisce alcuni indizi a riguardo come è arrivata a questo approccio decisamente inaspettato. Dopo aver completato gli studi, Calle vagò il mondo per sette anni, visitando il Libano, Londra,

Creta e California. Tornò a Parigi nel 1978 senza alcuna prospettiva di carriera né alcuna competenza professionale. Nessun amico, nessuna interessante relazione. L’unica cosa che ha imparato a gestire è la fotografia, pratica imparata nei suoi viaggi, così inizia a preparare i suoi primi Journaux intimes, album ricordo tra le cui pagine si susseguono riflessioni corredate da immagini. Tra questi ricordi inizia ad aggiungere le sue prime “Filatures parisiennes, situazioni estemporanee in cui segue degli sconosciuti per strada fino a perderli di vista.

SOPHIE CALLE “La fotografia come testimone di me stessa”
© Sophie Calle

Il primo lavoro che la inserisce nel mondo dell’arte è LES DORMEURS (1979).

Sophie decide di invitare 29 persone, tra amici e sconosciuti, a dormire nel suo letto, uno dopo l’altro, per otto ore consecutive, scattando foto mentre dormono. 

“Volevo che il mio letto venisse occupato 24 ore su ventiquattro, come quelle fabbriche dove la chiave non finisce mai sotto la porta. Così ho chiesto alla gente di darsi il cambio ogni otto ore per otto giorni. Ho scattato una foto ogni ora. Ho osservato i miei ospiti mentre dormivano.”

Una delle donne invitate a dormire era la moglie di un celebre gallerista che, incuriosito della richiesta, invitò Sophie per un caffè, lì nacque l’invito all’XI Biennale di Parigi.  Da quel momento Sophie diventa artista e continua in quell’indagine personale decidendo di mettersi in scena, legandosi inevitabilmente al suo operato. Nel decennio seguente realizza opere di forte impronta autobiografica e dalla spiccata attitudine voyeuristica.

La pratica artistica di Sophie Calle pone al centro il problema dell’autore e dell’autorialità, servendosi dei suddetti media per riflettere e agire sulla dimensione del quotidiano, sulle sue infinite implicazioni tra realtà e finzione. Non è un caso che molte delle azioni dell’artista confluiscano in libri d’artista o pannelli in cui fotografie e parti testuali dialogano in maniera naturale e dipendente: non possono esserci le une senza le altre. Scrittura e fotografia diventano il luogo privilegiato dell’ambiguità, della creazione di fiction, dove né i testi né le immagini rimandano a una dimensione poetica, di riflessione, ma anzi gli uni si presentano come informativi, in una forma che si avvicina più alle sceneggiature e ai resoconti scientifici che al racconto, mentre le altre sembrano far parte di un reportage.

Edward mani di forbice (1990) ha segnato la prima collaborazione di Burton con l’attore Johnny Depp. Successivamente i due hanno lavorato a film come Ed Wood (1994), un film biografico su un regista travestito che è stato definito il peggior regista di sempre; Sleepy Hollow (1999), basato sul racconto di Washington Irving “La leggenda di Sleepy Hollow”; e Charlie and the Chocolate Factory (2005), un adattamento dell’omonimo libro per bambini di Roald Dahl.

SOPHIE CALLE “La fotografia come testimone di me stessa”
© Sophie Calle

Lo spettatore è un ingranaggio del meccanismo narrativo messo in atto dall’artista; è un testimone delle sue azioni quotidiane; è spinto a ricostruire non la vera realtà dell’artista, ma la realtà che lei ha scelto di mettere in opera. Il fruitore è quindi partecipe, attivo, è portato anch’esso a chiedersi se si conosce davvero, se gli altri lo guardano come lui si vede. L’osservatore si chiede se ciò che sta guardando sia effettivamente vita o arte, una messa in scena. 

 

 

Un altro lavoro degno di nota è L’HOTEl (1981). Sophie si fa assumere in un albergo veneziano come cameriera avendo così l’opportunità di fotografare le stanze dei clienti che le sono affidate con l’intento di cogliere gli aspetti più intimi della loro esistenza. Sophie fotografa le lettere, gli oggetti, i contenuti delle borse. Il risultato è un catalogo che sta a metà tra un criminologo sulla scena del crimine e gli scatti di una spia e che contribuisce a tratteggiare personalità ed esistenze di persone anonime, ma che sentiamo vicine e finiscono per somigliarci molto.

 

Il progetto LA FILATURE (1981) è quello che personalmente apprezzo di più. La storia è decisamente inconsueta. Sophie chiede a sua madre di assumere un investigatore privato e di farlo in un modo e nei tempi a lei sconosciuti.

 

“Secondo le mie istruzioni, nel mese di aprile del 1981, mia madre si recò presso l’agenzia investigativa privata Duluc. Chiese di seguirmi e chiese un resoconto scritto del mio impiego in quel periodo nonché una serie di fotografie come prova. “

 

Parallelamente Sophie tiene un diario e scatta fotografie di quello che le accade creando un dialogo tra la sua vita vista dall’esterno e quella descritta dall’intento autobiografico. Diventa così attore, autore, soggetto fotografato, investigatore di se stesso e oggetto d’indagine. Un enorme gioco di specchi, applicato a se stessa e alla propria vita.

Le opere di Sophie indagano il limite tra la sfera pubblica e la sfera privata, tra la figura del voyeur e quella dell’esibizionista, innescando a volte perplessità sul tema della privacy.

 

Nel 1983, Calle realizzò una delle sue opere più controverse. Trovò un’agenda per strada e, prima di rispedirla al proprietario, ne fotocopiò il contenuto. Successivamente iniziò a visitare conoscenti e amici del proprietario, chiedendo loro di parlare dell’uomo, cercando di mettere insieme un ritratto dello sconosciuto che chiama Pierre D..

Questo lavoro pubblicato a puntate sul quotidiano Libération (e pubblicato integralmente nel 2012 in seguito alla morte di Pierre D ), “The Address Book” (1983) fonde un documento privato con un gesto pubblico – una trasgressione che Calle apprezza e sente appartenerle.

 

Dal 1988 al 2003 intraprende lavori autobiografici, come quello sul dolore, Autobiographies e Douleur exquise. Un momento particolare nel 1992 si inserisce nella sua vita artistica: il matrimonio con Greg Shepard avvenuto durante le riprese del film No Sex Last Night terminato con il divorzio soltanto dopo un anno. La sua attività artistica prosegue intensamente tra Parigi e New York, con produzione di opere, come Gotham Handbook (1994), Le Régime chromatique (1997) e Des journées entières sous le signe du B, du C, du W (1998) e con varie collaborazioni, una delle quali particolarmente interessante, dal 1994 al 1998, con lo scrittore statunitense Paul Auster, pubblicata nel cofanetto Doubles-Jeux (1998). Tale opera ripropone precedenti lavori della Calle (tra cui Suite vénitienneL’HôtelLe Rituel d’anniversaire) insieme a quelli realizzati per l’occasione (Gotham HandbookLe Régime chromatiqueDes journées entières sous le signe du B, du C, du W). La mostra Sophie Calle. M’as tu vue al Centre Pompidou (19 novembre 2003 – 15 marzo 2004) ha riunito le opere storiche e le più recenti dell’artista. Paul Auster si ispira a Sophie Calle per il personaggio di Maria nel romanzo Leviatano e Sophie si immedesima in Maria, in un gioco di identità che si muove tra finzione e realtà.

Nel 2007 le viene assegnato il ruolo di rappresentante della Francia nel Padiglione francese della 52ª Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia.

L’opera presentata alla Biennale dal titolo Take care of yourself, prenez soin de vous, cuidate mucho (in italiano “Prenditi cura di te”), ha suscitato un forte impatto emotivo. Si compone di fotografie, testi, video e installazioni con le voci delle 107 donne invitate a leggere il messaggio di addio che un uomo, per la fine di un amore, ha inviato a Sophie Calle: un coro di 107 donne che combattono le parole false dell’uomo con senso di complicità e soddisfazione, presente anche sul volto di Sophie sistemata in disparte. Si susseguono nel Padiglione francese 107 figure femminili, che esprimono con video e foto, con i loro volti e le loro parole, reazioni diverse a questo addio: tra queste, Jeanne Moreau, Miranda Richardson, Emanuelle Laborit, la pornostar Ovidie e l’attrice italiana Luciana Littizzetto. In uno spazio completamente buio del padiglione sono proiettati inoltre contemporaneamente due video che mostrano, a confronto, due ballerine, una indiana ed una occidentale che esprimono con movimenti i loro sentimenti per la fine di un amore ed una differente percezione del dolore della separazione. Non si può trascurare infine l’installazione dal titolo “Pas pu saisir la mort” (“Non ho potuto scegliere la morte”), composta da video e testo presentata, in contemporanea, al Padiglione Italia: Sophie Calle descrive gli ultimi giorni di vita della madre, solo con i sottili e graduali passaggi dalla vita alla morte.

Sophie Calle oggi vive tra lo studio di Malakoff (Parigi) e New York.

© Sophie Calle

Retrospettiva in forma di libro d’autore che esplora il lavoro della geniale artista francese.

Sono presenti lavori noti quali “The Blind”, “No Sex Last Night”, “The Hotel”, “The Address Book” e “A Woman Vanishes” ma anche opere inedite più recenti.

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