"Piuttosto che la macchina fotografica che proietta il mondo esterno su pellicola, la sto usando per proiettare verso l'esterno il mondo che esiste dentro di me."

HIROSHI SUGIMOTO è uno dei più importanti esponenti della fotografia contemporanea, il maestro di una fotografia seriale ispirata all’arte minimalista e concettuale nella tradizione della sobrietà e della semplicità orientali. E’ noto per il suo rigore nel riprodurre «stampe minuziose» in bianco e nero che realizza con una tecnica accurata e sofistificata preparando artigianalmente le emulsioni fotografiche che espone con tempi e metodi, diversi ed esclusivi.
Nasce nel 1948 in Giappone e divide il suo tempo tra Tokyo e New York City, dando inizio ai suoi progetti già negli anni’70, la sua pratica multidisciplinare comprende scultura, produzione di arti performative e architettura. Esplora la storia e l’esistenza temporale indagando i temi del tempo, dell’empirismo e della metafisica. Basato sulla padronanza tecnica della tradizione fotografica classica, esamina i modi in cui la fotografia può registrare tracce di forze invisibili ma elementari.
La carriera artistica di Sugimoto è stata segnata dalla curiosità filosofica e da un approccio seriale e analitico e in questo articolo elencherò le serie più famose di questo grande autore.
La sua prima serie fotografica risale al 1974 quando scoprì i diorami dell’American Museum of Natural History di New York. Colpito dall’aspetto artificiale della messa in scena, si rese conto che l’illusione funzionerebbe meglio attraverso l’occhio di una telecamera che dovrebbe mostrare sempre la realtà cruda e così diede forma alla sua prima serie fotografica, chiamata Dioramas, Attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica di grande formato, gli sfondi dipinti dei musei e gli animali tassidermizzati vengono trasformati dalla fotografia in scene enigmaticamente
THEATERS, forse la sua serie più iconica, comprende fotografie a lunga esposizione realizzate nelle sale cinematografiche classiche di tutto il mondo. Ogni esposizione viene effettuata durante la proiezione di un film, producendo uno schermo bianco luminoso al centro di una sala buia e comprimendo il tempo in un’unica immagine.

I suoi paesaggi marini, SEASCAPES sono i miei preferiti, immagini che abbracciano più di quattro decenni, registrano la scena più elementare: cielo e acqua divisi in due dalla linea costante dell’orizzonte, una visione che Sugimoto associa all’alba della coscienza.

WAX PORTRAITS, realizzati in musei delle cere come Madame Tussauds, che evidenziano i modi in cui la fotografia viene utilizzata per registrare la storia e la natura umana. Le fotografie di Architettura isolano le forme riconoscibili dell’iconica architettura modernista, dissolvendo i confini tra tempo, memoria e storia.

In PRAISE OF SHADOW registra una candela mentre si consuma, creando una registrazione a lunga esposizione di luce tremolante nel corso di una notte.

L’interesse per le regole fondamentali che governano i fenomeni naturali è stato un tema ricorrente nel lavoro di Sugimoto. Le sue Forme concettuali rappresentano modelli matematici del XIX e XX secolo, mentre LIGHTNING FIELDS, che si ispira anche alla storia della scienza, traduce le prime ricerche sull’elettricità in immagini drammatiche applicando una corrente elettrica di 400.000 volt direttamente alla pellicola.

Le fotografie su larga scala di OPTICKS rappresentano il colore della luce osservato attraverso un prisma, prestando particolare attenzione agli spazi e agli spazi tra le tonalità e attingendo ai primi esperimenti con la scienza e l’esperienza della luce. Usando la pellicola Polaroid, ha registrato sezioni dello spettro dell’arcobaleno proiettate in una camera buia, prestando particolare attenzione agli spazi e agli intervalli tra le tonalità. Le opere risultanti, ciascuna delle quali misura circa 5 piedi incorniciate, sono rappresentazioni vivide e quasi scultoree di pura luce.
Come avete potuto vedere da questo minimo assaggio tutto il lavoro Sugimoto, seppur diverso, produce delle immagini mentali, concetti, che non desiderano attestare la realtà e non hanno nulla a che fare con la fotografia documentaristica o di paesaggio, sono dei vuoti riempiti ad arte, un tempo sospeso e ripreso in un solo attimo, la cui materializzazione è resa possibile grazie anche al lavoro di cesello nel processo manuale di stampa, lavoro anch’esso eseguito personalmente dall’artista. Sono immagini da guardare in silenzio per restarne davvero incantati, senza fiato.
Le fotografie di Sugimoto sono nelle collezioni di importanti musei di tutto il mondo, tra cui il Metropolitan Museum of Art, New York; Museo d’Arte Moderna, New York; Galleria Nazionale d’Arte, Washington, DC; Galleria Nazionale del Canada, Ottawa; Museo Nazionale d’Arte Moderna, Tokyo; Museo d’Arte Moderna di San Francisco; Galleria Tate, Londra; e molti altri.
Il suo lavoro è stato oggetto di numerose monografie e Hiroshi Sugimoto ha ricevuto premi e riconoscimenti tra cui la Medaglia d’Onore in Fotografia del National Arts Club (2018); Medaglia del Centenario della Royal Photographic Society (2017); Premio Isamu Noguchi (2014); Officier de L’Ordre des Arts et des Lettres (2013); Premio Praemium Imperiale per la Pittura (2009); Premio PhotoEspaña (2006); Premio internazionale di fotografia della Fondazione Hasselblad (2001); e il quindicesimo premio annuale Infinity dell’International Center of Photography (1999). Ha ricevuto borse di studio dalla John Simon Guggenheim Memorial Foundation (1980) e dal National Endowment for the Arts (1982).
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Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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