Asteroid City è l’ultima fatica del regista visionario hipster WES ANDERSON
Espressioni impassibili. Inquadrature meticolosamente centrate e simmetriche. Tavolozze di colori specifiche. Tutte qualità estetiche che hanno trasformato Wes Anderson in uno dei registi più identificabili del cinema mondiale.
Famoso per le commedie divertenti incentrate sulla perdita, sull’abbandono dei genitori e sulla rivalità tra fratelli, questo incredibile “Director” è emerso sulla scena cinematografica con il film a bassissimo budget “Bottle Rocket” del 1996, che gli è valso una notevole attenzione all’interno del settore e ha suscitato immediati paragoni con autori come Woody Allen e Jean Renoir. Con “Rushmore” (1998), Anderson si è affermato come un beniamino della critica, impiegando un abile mix di umorismo ironico e sottile intensità insieme a colonne sonore eclettiche. Ha continuato a consolidare la sua crescente reputazione con “I Tenenbaum” (2001), un racconto serio-comico impassibile su una famiglia disfunzionale di geni sprecati, condito da diversi momenti sorprendentemente oscuri. Un’ode agrodolce di Jacques Cousteau, “Le avventure acquatiche di Steve Zissou” (2004) è stato l’ennesimo abbinamento con il frequente collaboratore Bill Murray per poi arrivare a “The Darjeeling Limited” (2007) a tema familiare. Un’avventura nell’animazione stop-motion con un adattamento di “The Fantastic Mr. Fox” (2009) di Roald Dahl sembra aver rinvigorito il regista, che è tornato a ricevere recensioni entusiastiche per il suo racconto di romanticismo e avventure adolescenziali, “Moonrise Kingdom” (2012). Considerato eccessivamente prezioso da alcuni e inequivocabilmente brillante da altri, non si può negare che Anderson sia una delle voci cinematografiche più uniche della sua generazione.
È facile lasciarsi risucchiare dal mondo magico e perfettamente simmetrico di Wes Anderson. Dalle colonne sonore memorabili e commoventi ai costumi perfettamente stravaganti dei suoi film, ogni dettaglio e ogni inquadratura sono attentamente costruite e incredibilmente ricche seppur nella loro semplicità. Che si tratti della scrupolosa lavorazione dell’argilla di Fantastic Mr. Fox o dei fiocchi perfetti delle scatole rosa di Mendl’s Patisserie al Grand Budapest Hotel, il cinema di Anderson è sempre meticoloso, sempre eccentrico e sempre divertente.
Ora, Asteroid City è al cinema e contiene tutto quello che vi sto raccontando. E’ vero che non è per tutti, non è proprio facile, ma guardarlo crea un piacere sublime, sicuramente non avrete mai visto nulla di simile e vedere un film incredibilmente originale non è mai tempo perso.
ASTEROID CITY è il titolo di un’opera teatrale concepita dallo scrittore Conrad Earp (Edward Norton), così inizia il film e così ci spiega un Bryan Cranston (indimenticabile attore protagonista di Breaking Bad) in veste di annunciatore in perfetto stile bianconero.
Ambientato a metà anni Cinquanta in una città immaginaria nel deserto, spazi ricreati dalle scenografie firmate dal premio Oscar Adam Stockhausen che strizzano l’occhio alle varie Area 51 e a quella Los Alamos dove Robert Oppenheimer creò la rivoluzione del nucleare, Asteroid City è una sorta di fantacittà nell’America del 1955. Lì è previsto il Junior Stargazer, un concorso di astronomia con ragazzini che sfiorano il grottesco ma che restano simpatici.
L’incontro ravvicinato con un alieno porterà scompiglio nelle vite dei presenti ed in quel piccolo pezzo di deserto. Asteroid City è un racconto nel racconto che corre su due binari, in bianco e nero una sorta di backstage teatrale dove si vedono assurdi retroscena dei personaggi, inventati dalla fantasia dello scrittore, mischiati alla sempre ipotetica messa in scena teatrale, ma quello che vediamo, il film vero e proprio, a colori, è la storia che si annida nella mente dell’autore. Tutto il film fa slalom attraverso queste visioni contemporanee. Non è un film per tutti ma è pazzescamente bello da guardare soprattutto per chi ama la fotografia cinematografica.
Wes Anderson o lo si ama o lo si detesta, e lui stesso del resto si è sempre posto consapevole di questa cosa. Asteroid City contiene molti dei temi a lui cari, su tutti la pluralità di punti di vista e sensazioni, il rifiuto di una univocità riguardo all’interpretazione della realtà. Ma poi ecco anche il dubbio circa la purezza della creazione artistica, il rapporto tra autore ed opera, autore e vita reale. Sceneggiatura frizzante, con tanti omaggi alla pop culture di quegli anni. Anderson prende personaggi iconici, figure tipiche della narrativa americana, per decostruirle e omaggiarle. Dive del cinema, militari, sceneggiatori, registi, cowboy, indiani e come spesso capita nei suoi lungometraggi si parla della perdita e del lutto, quello della rinascita, del rimettersi in gioco, di una felicità che è nascosta nella capacità di essere empatici con il prossimo.
Incredibile cast stellare: Tom Hanks, Scarlett Johansson, Tilda Swinton ed Edward Norton, Jason Schwartzman, Jeffrey Wright, Bryan Cranston, Adrien Brody, Liev Schreiber, Hope Davis, Stephen Park, Rupert Friend, Maya Hawke, Steve Carell, Matt Dillon, Hong Chau, Willem Dafoe, Margot Robbie, Tony Revolori, Jake Ryan e Jeff Goldblum.
Qui di seguito alcune interessanti dichiarazione di Wes Anderson:
– Il personaggio interpretato da Scarlett Johansson è ispirato a Marilyn Monroe ed è un personaggio che innanzitutto ha voglia di esistere. Noi cerchiamo di assecondarlo ma è il personaggio che chiede di vivere. È vero che è ispirato alla vera Marilyn Monroe, ha l’aspetto di Marilyn Monroe. Ma credo che nasconda qualcosa di Kim Stanley. Ha una dimensione realistica, cruda».
- Volevo lavorare con Tom Hanks da molto tempo, è un ottimo attore ma ha anche qualcosa di leggendario. Una cosa è diventare maturi, un’altra è diventare un’icona. È iniziato tutto così: io e Roman Coppola stavamo parlando del fatto che il migliore sarebbe stato Tom Hanks. Lui ha detto di sì. È una persona molto gentile, ama recitare, penso che sia felice sul set. Ama collaborare, andare nella direzione in cui il film vuole andare. Credo che uno dei grandi piaceri del cinema sia avere Tom Hanks sul set».
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FABRIZIO FORTUNA – Ritratti di paesaggi
Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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