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ITALIA IN-ATTESA. 12 racconti fotografici

di Paolo Ranzani

© Mario Cresci

A Reggio Emilia un mostra fotografica che trovo davvero interessante e con sguardi che giudico imprevisti e imprevedibili. E’ vero che sul paese, durante il Lock down, abbiamo visto un po’ di tutto, ma qui c’è il segno tangibile dell’autorialità che fa la differenza. Grandi autori che suggestionano e spronano riflessioni, sullo spazio e su di noi che lo abitiamo.

“Italia in-attesa. 12 racconti fotografici” narra di un’Italia sospesa, interdetta, trasformata da un’occasione eccezionale e si spera irripetibile, il primo lockdown causato dal Covid: un tempo diverso dove anche lo spazio, l’architettura e l’ambiente diventano “altro” quando l’uomo non li abita.

In uno scenario unico, silenzioso, quasi irreale, i racconti fotografici narrano storie di un mondo stra-ordinario, sono sequenze di visioni inattese e innaturali che mescolano luoghi del patrimonio culturale italiano e dello spazio intimo e mentale delle autrici e degli autori: paesaggi e piazze, orizzonti e spazi pubblici, opere d’arte e oggetti quotidiani. Lontane dagli stereotipi del Belpaese, queste immagini parlano di paesaggi spaesati che sposano la bellezza sublime con la percezione di una crisi profonda, dove alla natura rigogliosa che riempie progressivamente gli spazi urbani corrisponde il vuoto e l’assenza di vita umana. Sono racconti parziali, soggettivi, che ci introducono a nuovi punti di vista, modificando le consuete poetiche di narrazione dello spazio fisico.

Le artiste e gli artisti coinvolti sono riconosciuti interpreti della fotografia, di generazioni e attitudini diverse, che hanno sviluppato con la loro ricerca una vocazione all’ascolto dei luoghi e del patrimonio collettivo. Per questo motivo il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, tramite la Direzione generale Creatività Contemporanea, ha pensato di chiamarli a riflettere con un progetto incentrato sull’eccezionale condizione dell’Italia nei mesi di marzo-maggio 2020, allo scopo di realizzare, spaziando tra differenti linguaggi e modalità di espressione, un racconto corale e polifonico. 

Riporto alcune visioni per farvi venire voglia di andare a visitare la mostra, Olivo Barbieri, per questa sua indagine-racconto, sceglie la Camera degli Sposi, macchina visiva d’eccellenza per la sperimentazione innovativa della prospettiva, per condurre la sua riflessione sui meccanismi della percezione e sul sistema della rappresentazione. Guido Guidi, al contrario, si rivolge al paesaggio minimo della quotidianità: conferendo pari valore al monumentale e all‘ordinario, Guidi restituisce al nostro sguardo particolari trascurabili della realtà caricandoli di rinnovato senso e levità. 

Una medesima attenzione al paesaggio d’affezione è testimoniata dalle fotografie di Silvia Camporesi, che sceglie di ritrarre i luoghi della sua infanzia: liberati dallo scorrere della vita quotidiana, questi sembrano svelare ora la propria essenza. In un’atmosfera metafisica e straniante sono immersi anche i centri storici umbri ritratti da George Tatge, in cui il silenzio e il senso di vuoto sembrano riflettere lo stato d’animo dell’autore. Sul tema dell’assenza si concentra anche il lavoro di Allegra Martin: luoghi emblematici della cultura milanese, privati improvvisamente dell’azione e dello sguardo del pubblico che abitualmente conferisce loro vita, diventano metafora di una sospensione non solo temporale, ma anche di senso. 

A questi progetti fanno da contraltare lavori che non guardano allo spazio esterno, ma a quello interno, spostando la riflessione su un piano astratto e concettuale. 

È il caso di Francesco Jodice, che trasferisce il viaggio fisico su un discorso mentale e virtuale, compiendo un reportage attraverso quattro architetture simbolo della cultura italiana storica e contemporanea mediante immagini satellitari, e di Mario Cresci, che rivolge lo sguardo ora al micro-mondo costituito dalla sua casa di Bergamo, ora a quello esterno, rappresentato da una città deserta: il tempo del lockdown forzato offre spazio per giochi della mente, alla ricerca di nuove analogie tra gli oggetti e inconsuete esplorazioni.

A quasi due anni di distanza, come possiamo “rileggere” quelle immagini? Dovevamo, si diceva, utilizzare quell’esperienza straordinaria e terribile per imparare qualcosa: è stato così?

Ognuno, con il suo vissuto e la sua esperienza potrà dedicare del tempo a queste riflessioni guardando questi lavori fotografici che spingono i pensieri in posizioni alquanto diverse.

 

 

Olivo Barbieri, Antonio Biasiucci, Silvia Camporesi, Mario Cresci, Paola De Pietri, Ilaria Ferretti, Guido Guidi, Andrea Jemolo, Francesco Jodice, Allegra Martin, Walter Niedermayr, George Tatge 

Reggio Emilia, Palazzo da Mosto, a cura di Margherita Guccione e Carlo Birrozzi.

Dal 15 ottobre 2022 all’ 8 gennaio 2023

 

Per informazioni e biglietti:

www.palazzomagnani.it

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