In questo già luttuoso settembre è venuto a mancare Giuseppe Pino.
Fu il mio primo mito. Quando iniziai a capire che la mia fotografia era “il ritratto” feci incetta di tutto i lavori di Giuseppe Pino. Mi affascinava quel suo ritrarre raccontando la persona usando stratagemmi nella posa o con l’ausilio di oggetti in scena, c’era sempre quel dettaglio che ti portava più in là del semplice ritratto di un volto.
Era magistrale. Aveva trovato la sintesi del racconto di un personaggio. E gli devo molto.
Non si è mai auto celebrato ed è rimasto fuori dal tam tam dei social, eppure fu l’italiano più famoso nel mondo.
Per chi non lo conoscesse ecco una breve bio.
Un misto di sangue siciliano, svizzero e francese, Giuseppe Pino ha iniziato a fotografare si può dire “per rabbia”. Appassionato di jazz fin da ragazzino, litiga con un suo amico perché non gli cede una delle sue due fotografie di Louis Armstrong che era riuscito ad avere. Giuseppe si infastidì a tal punto che decise che da quel momento le fotografie dei suoi idoli se le sarebbe fatte da sé durante i concerti. Iniziò con una robetta giapponese da poche lire, ma ai concerti era troppo distante e il risultato era insoddisfacente. Il caso volle che al corso di grafica che intendeva frequentare non ci fosse più posto, dirottò sul corso di fotografia senza molta convinzione. Licenziato dal suo precedente lavoro come impiegato, Toni Nicolini, che insegnava chimica all’Umanitaria, gli offrì di dividere con lui lo studio che aveva: così Pino per due, tre anni ha fotografato di tutto per sopravvivere, continuando però a dedicare tutte le sue ore libere al jazz.
Poi arriva la grande occasione, Nicolini lo incoraggia a preparare un portfolio e a portarlo a Lamberto Sechi, direttore di Panorama, fu un incontro fatale, per quasi 10 anni collaborò con la rivista, pagato e con la possibilità di fotografare tante celebrità sopratutto nel mondo dello spettacolo dedicando particolare cura al mondo jazzistico.
Molti di quei ritratti, come quelli di Miles Davis, sono diventati vere e proprie icone del personaggio.
I libri pubblicati sono pochi, ma sempre molto accurati, come le mostre, ma ha spesso goduto di grande stima fra addetti ai lavori e colleghi, specie oltre confine.
Visse nella Grande Mela e collaborò con Andy Warhol per “Interview”, dove inaugurò la serie sui “Modern Masters” col ritratto di Raffaele Carrieri. Indelebili nella memoria, poi, gli incontri con i nomi della Pop Art pubblicati da Vogue Italia e sulle più importanti riviste del mondo.
Alcuni ricordi che danno l’idea di quanto il mondo stimasse questo nostro grande fotografo. La Smithsonian Institution di Washington lo invitò, come primo europeo in quei tempi, a una conferenza sulla filosofia del ritratto, assieme a nomi come Arnold Newman e James Van Der Zee.
In Francia venne realizzata una sua mostra accanto ai dipinti di Henri Matisse e una rivista parigina gli dedicò per quattro anni la pagina fissa “L’oeil de Pino”, nominandolo titolare della “Pinocoteca”, gioco di parole riferito nientemeno che alla “Pinacoteca” di Brera e al grande archivio dei suoi jazzisti.
“L’importante per me, ed è un consiglio che dò ai giovani, è oltre la fotografia di avere un interesse personale su un qualcosa su cui applicare la fotografia”. E’ lì esce il fotografo”. G.Pino
Altri articoli di questo autore
Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
No comment yet, add your voice below!