Duecentoventicinque ritratti di artisti come Tamara de Lempicka, Jean Cocteau, Francis Bacon, Man Ray, J.H. Lartigue, Francis Picabia, Pablo Picasso, Georges Braque.
A parte la Madonna (non la cantante, ma la madre di Gesù) mademoiselle Solidor è la donna più dipinta (e fotografata) al mondo, da artisti diversi, una collezione di ritratti pazzesca.
Suzanne Rocher nasce il 18 dicembre del 1900 a Sant Servant vicino a Saint Malo. Trasferitasi in giovane età a Parigi sogna di diventare una modella. L’incontro con la famosa antiquaria Yvonne de Brémont d’Ars si rivela fatidico e Suzanne diventa Suzy Solidor la ragazza dai capelli biondi e corti e con il fisico mascolino. Era convinta che la sua discendenza provenisse dai corsari, motivo per cui decise di chiamarsi “Solidor” nome ispirato dalla fortezza “Torre Solidor” presente nella sua terra natìa.
Nel 1933 Suzy apre in Rue Sainte Anne un cabaret dal nome: “La Vie Parisienne”. Le sue canzoni sono particolari, sensuali, ambigue e audaci, in breve tempo diventa una donna molto popolare, caschetto biondo impertinente, abiti eleganti per sottolineare le curve del suo corpo e una voce ruvida. Grazie al suo fascino forte e androgino, Suzy Solidor diventa un’icona della prima metà del Novecento. Corteggiatissima dal genere maschile Suzy non nasconde però la sua preferenza per le donne.
Anno dopo anno il night diventa sempre più esclusivo ed elitario, frequentato da aristocratici, uomini d’affari, artisti e soprattutto dal mondo omosessuale, nel locale si sono esibite anche nomi altisonanti come Edith Piaf e Marlene Dietrich.
Poi, a rovinare tutto, arriva la seconda guerra mondiale con tutto le vicende orribili che conosciamo e che coinvolsero Parigi, La Vie Parisienne diventa molto popolare anche tra i soldati nazisti occupanti. Solidor non ama quella compagnia ma per sopravvivere deve fare buon viso a cattivo gioco e usa il suo fascino per mantenere una sorta di equilibrio tra il suo pubblico francese e i tedeschi, in alcuni casi cambia anche le canzoni e i testi diventano ambigui, una presa in giro velata da finta celebrazione, i tedeschi non capivano bene, per fortuna. Questa sua doppia ambiguità le causa parecchi problemi alla fine della guerra, viene processata e ingiustamente condannata come collaboratrice nazista; dico ingiustamente perché da alcuni atti ritrovati pare che la donna, sia riuscita ad aiutare la Resistenza facendo scappare anche diversi ebrei. Per questo motivo scappa negli Stati Uniti e per alcuni anni si esibisce in varie città come cantante per poi tornare in Francia nel 1954, quando il peggio è ormai passato e tutti hanno voglia di dimenticare e di rinascere, Suzy arriva nuovamente a Parigi e apre un nuovo locale “Chez Suzy Solidor”. Compiuti i sessant’anni si ritira nel sud della Francia, e anche qui apre un nuovo cabaret e decide di farsi chiamare “l’Ammiraglio”, il nuovo locale è più piccolo di quello parigino ma lo rende straordinario decorandolo proprio con i suoi numerosi ritratti che nel tempo è riuscita a farsi donare dagli artisti che ha ospitato nei suoi night club. Una collezione che è riuscita a proteggere dalla guerra, dal tempo, dalle intemperie, dagli sguardi di mercanti d’arte.
Un aneddoto di cui non si conosce l’esatta verità, ma che riporto perché estremamente interessante, è quello che racconta di Diana Watson, la cugina di Francis Bacon, il grande pittore irlandese, ella lo presentò a Solidor e presto divennero buoni amici, ovviamente anche Bacon le fece un ritratto. Poi la storia diviene confusa. Secondo il catalogo ragionato del 1964, e coerentemente con il disgusto di Bacon per i ritratti, il dipinto fu presumibilmente eseguito “a memoria” e Solidor non apprezzò mai quest’opera, la considerava “poco lusinghiero” nei suoi confronti, ad ogni modo conservò la tela nella sua collezione privata a Hautes-de-Cagnes per tredici anni, ma poi, non si sa bene il perché, accettò l’offerta di acquisto di Nadine Haim, una amica di Bacon, il pittore lo riacquistò nel 1974 e decise di distruggerlo, ad oggi, infatti, non se ne ha traccia se non una riproduzione fotografica arrivata ai giorni nostri dal suo archivio.
A guardarli oggi in mostra al castello Grimaldi di Cagnes Sur mer possiamo rivedere e ammirare gli stili differenti e gli occhi che l’hanno ammirata e ritratta, le linee del suo corpo snello, le sue gambe senza fine, la sua schiena, il suo viso e i suoi capelli biondi e corti, nuda o vestita. Un mistero resta ancora vivo, c’è un segreto che ancora avvolge questa straordinaria serie, ed è quello che nessuno sa raccontare se fu Suzy a chiedere il ritratto o erano gli artisti che in una sorta di celata competizione si proponevano per dipingerla e fotografarla per non restare fuori dalla collezione.
Fino all’età di 80 anni ha continuato ad appendere nuovi ritratti.
Suzy Solidor morì proprio a Cagnes-sur-Mer nel 1983, portando via con sé il suo fascino unico e ammaliante, la sua verve da palcoscenico, la sua sensualità innata in quel corpo androgino, e anche il mistero dei suoi duecentoventicinque ritratti.
Il 5 settembre del 1973 Suzanne Rocher, detta Suzy Solidor, dona alla città di Cagnes sur mer la totale proprietà di quaranta ritratti imponendo il titolo di Donazione Suzy Solidor ed è tutt’ora visibile nel Museo del Castello Grimaldi.
Dal 17/06 al 06/11/2023.
Chiuso il martedì.
Château Musée Grimaldi
Haut-de-Cagnes
06800 Cagnes-sur-Mer
FRANCIA
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André Kertész, prima di Bresson di Capa e di Brassai.
Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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