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GREER E ROBERT 1982

di Tiziana Bonomo

©Nan Goldin_Greer and Robert on the bed _1982. From the Ballad of Sexual Dependency

Forse sapete già tutto ma!

Fermatevi e guardate con il piacere di assaporare una foto che appartiene ad uno dei libri più venduti nella storia della fotografia: circa 150.000 copie, già arrivata alla 15esima edizione: The Ballad of Sexual Dependency pubblicato da Aperture nel 1986.

Tantissimo c’è in questa immagine: dai soggetti ai loro sguardi, alla situazione, all’ambiente e ai dettagli dei gesti, degli abiti. Va da sé che l’autrice è la famosissima Nan Goldin diventata ancora più celebre con il film All the Beauty and the Bloodshed di Laura Poitras che ha appena vinto il Leone d’oro al Cinema di Venezia.

Fermiamoci però sull’immagine dal vago sapore pre-raffaelita. Una giovane ventenne ragazza, che non conosce Nan Goldin, guardando questa foto mi ha detto: “lei sembra drogata o malata perché pallida e magra e lui sembra stanco e a lui non importa molto di lei perché guarda svogliatamente da un’altra parte come se volesse andare via. Lei è quasi nuda ma lui è vestito e chissà, non mi dà buone sensazioni. Percepisco, e non so per quale ragione, che è una bella foto. Forse per i tenui colori che mi ricordano un dipinto, per la composizione che mi ricorda la moda con i suoi reportage al limite del reale. Per quelle maschere che mi incuriosiscono e mi fanno voglia di capire chi sono questi personaggi.”

Possiamo essere in accordo oppure no sull’interpretazione ma sicuramente questa è una grande fotografia a colori di una coppia su un letto in un appartamento di New York scattata nel 1982. I suoi colori acidi indicano luce artificiale, suggerendo che la fotografia sia stata scattata in interni. La donna pallida con il volto emaciato sappiamo da Nan Goldin che era un uomo diventato una simpatica lei: Greer Lankton, un’artista americana nota proprio per la creazione di bambole cucite che erano spesso modellate su amici o celebrità e poste in elaborate ambientazioni teatrali. All’epoca della foto Greer aveva 24 anni e nulla fa pensare che non sia una donna. Era una figura chiave nell’East Village: scena artistica degli anni ’80 a New York che Nan Goldin frequentava assiduamente. La coppia è vero non si guarda eppure si percepisce, nonostante la distanza, anche un senso di vicinanza forse per il letto che fa immaginare una seducente intimità. Goldin ha spiegato i temi di questo lavoro:” Temo spesso che uomini e donne siano irrevocabilmente estranei l’uno all’altra, inconciliabilmente inadatti, quasi come se provenissero da pianeti diversi. Ma nonostante tutto c’è un intenso bisogno di accoppiamento. Anche se le relazioni sono distruttive, le persone si aggrappano. È una reazione biochimica… l’amore può essere una dipendenza.  Ho un forte desiderio di essere indipendente, ma allo stesso tempo un desiderio per l’intensità che deriva dall’interdipendenza. La tensione che questo crea sembra essere un problema universale: la lotta tra autonomia e dipendenza. La ballata della dipendenza sessuale inizia e finisce con questa premessa… Sto cercando di capire cosa rende l’accoppiamento così difficile” (da The Ballad of Sexual Dependency, p.7.). Una relazione in un momento dove ognuno pensa a sé ed in effetti è una “modalità che Nan usa spesso” come dichiara Guido Costa della famosa galleria torinese ma anche amico di vecchia data. Greek Lankton era amica di Nan Goldin e ha vissuto per un certo periodo nell’appartamento di Goldin. D’altronde Nan ha studiato a Boston e poi è arrivata a NY e quelli nelle fotografie sono i primi amici. Lei aveva poco più di 20 anni. Nata a Washington ha studiato fotografia a Boston fin verso la fine degli anni ‘70. A NY divideva l’appartamento con il suo amico del liceo David e con alcuni “travestiti” come Greek. Frequentava le comunità gay e transessuali.

Suoi sono gli slide show in particolare “The other side” con all’interno una dichiarazione davvero personale di amore e gratitudine alle regine le famose “drag queen” che mostravano il modo di sopravvivere fuori dalla prigione dei pregiudizi, delle identità socialmente prescritte.

Come dice Nan quando era ancora a Boston: “Li ho visti per la prima volta, Ivy, Naomi e Colette, attraversare il ponte vicino al Morgan Memorial Thriftshop nel centro di Boston. Erano le creature più meravigliose che avessi mai visto. Mi sono subito infatuata. Li ho seguiti e ho girato un film in Super 8. Era il 1972. Fu l’inizio di un’ossessione che dura da vent’anni.”

La sua bravura è stata quella della semplicità. Ha iniziato fotografando la sua quotidianità: una vita da giovane degli anni ’80 con amici con i quali condivideva la vita di tutti i giorni nei locali, a letto, ai matrimoni, in famiglia, ai funerali. Attrazione per ciò che allora era abbastanza diffuso: sesso, droga, alcool ma che non veniva visto, che non veniva fotografato con questa semplicità. Ecco Nan Goldin ha reso normali le scene di vita più trasgressive fotografando le provocazioni dei transessuali, la masturbazione, il sesso tra le coppie di ogni genere andando vicino con la macchina fotografica alle mani, ai volti, sedendosi sul letto, auto riprendendosi con il viso viola o sdraiata a fianco di un uomo dopo aver condiviso la più eccitante intimità o riprendendo i tanti volti di donne amiche e amanti: un diario visivo.

D’altronde è lei che dichiara “I want to show exactly what my world looks like, without glamorization, without glorification. (Voglio mostrare esattamente come appare il mio mondo, senza glamour, senza glorificazione)”.

Se normalmente la fotografia mostrava delle vite quotidiane belle cucine borghesi, bambini in posa e biscotti che rendono felici allora Nan Goldin ha iniziato a far vedere la sequenza di immagini simili ma di una vita diversa sempre a colori ma di corpi nudi o seminudi, taxi, letti, bagni, siringhe, lacrime, pallori, braccia in fin di vita che rappresentavano l’altro modo di vivere di quegli anni.  Il sesso, la droga, le feste, l’AIDS: tutto quello che le parole fanno fatica a dire, lei lo mostra. Forse il dolore per il suicidio della sorella Barbara che aveva problemi psichiatrici e si è tolta la vita a 19 anni l’ha resa ancora più irrequieta, inquieta. Nonostante altri due fratelli il dolore per la frattura del legame con la sorella ha segnato molte sue scelte a partire da quella sulla fotografia.

Ricordo una fantastica mostra al Castello di Rivoli nel 2003 quando mia madre copriva gli occhi a mia figlia che all’epoca aveva quattro anni! Eppure quanto mi sembravano vere quelle immagini: Il mio primo pensiero è stato: “finalmente nessun velo, nessuna ipocrisia, nessuna luce divina ad aggiungere o a togliere sentimentalismo. Finalmente qualcuno che mi fa vedere una vita uguale ma diversa dalla mia con la stessa voglia di eccitazione ma con modalità di provare piacere e stare con gli amici diverse. Sono curiosa voglio conoscere senza filtri, senza giudizi morali.”

Diverso era il fatto che poi un’amica come Greer Lankton della fotografia ha lottato con la tossicodipendenza e anoressia per molti anni, alla fine ammalandosi. Morì il 18 novembre 1996, per overdose di droga nel suo appartamento di Chicago, appena un mese dopo aver completato il suo ultimo e più grande lavoro intitolato (pensate un pò): “Riguarda me, non te”.

Sempre il gallerista Guido Costa mi dice: ““Nan è stata un cantore, un menestrello di quella comunità. All’inizio erano foto che lei faceva ad uso e consumo dei suoi amici. Ballad è un’opera di diapositive che secondariamente diventa un libro. Usa il linguaggio della fotografia degli amici e lo fa diventare artistico. Ci sono dieci esemplari di slide show. Nan è maniaca a montare le sequenze delle immagini.Il titolo ha origine dal lavoro di Bertolt Brecht La Ballata del magnaccia (Tango Ballad), L’opera da tre soldi.  E il libro, proprio per come è impostato, ha il ritmo di una ballata. Inizia con sette foto di coppie : Nan e Brian, i genitori, Suzanne e Max, il duca e la duchessa di Windsor etc…Poi continua con venticinque foto di donne sole: Suzanne, Vivienne, Sandra, Millie, Edwige, Cookie e altre a Berlino, NYC, in Messico, a Londra, a Provincetown in Massachusetts. Seguono trentasei foto di uomini soli o in coppia: Brian, Dieter, Nat, Tony amici di generi sessuali diversi tra loro, skinhead con scene all’aperto e molte sul letto. Iniziano i nudi che proseguono con, inaspettatamente, sette foto di bambini figli di amici con o senza i genitori. Si conclude il libro con le ultime nove foto di scene di vita quotidiana come il gioco del Monopoli, il compleanno, il picnic e così via. Una vera “ballad”. Nell’introduzione del libro la Goldin dichiara: “This is not a bleak world but one in which there is an awarness of pain, a quality of introspection – Questo non è un mondo desolato ma in cui c’è una consapevolezza del dolore, una qualità di introspezione.”

Il 2022 è l’anno della Goldin!  Sua la mostra al Lumière Film Festival di Lione con 35 scatti effettuati durante le riprese del film Variety diretto dalla regista Bette Gordon. Uno spaccato di vita newyorkese a cavallo tra gli anni ’70 e ’80.

A Torino la fotografia del “Monopoli game a NYC dell’80” di Nan Goldin è stata scelta come apertura Il due novembre delle quattro installazioni previste sulla Pista 500 del Lingotto alla quale seguiranno quelle di Liam Gillick, Marco Giordano e Superflex.

A breve al cinema vedremo il film All the Beauty and the Bloodshed di Laura Poitras. Non è il primo documentario che viene fatto su di lei c’è quello della BBC che racconta in parte la vita di Nan con molti dei protagonisti ancora vivi. E altri filmati autobiografici fatti da lei in maniera artistica. Ancora Guido Costa mi dice: “Brian era uno violento e in quel periodo lì erano super tossici con eroina, era un periodo complicato, di grande turbolenza. Le vite erano così eccitanti proprio perché ti drogavi. La droga era un accrescitivo, era benzina, era energia, eri cosciente e incosciente. Quello è stato il lungo periodo pre-aids. Nan è stata in clinica di disintossicazione almeno dieci volte. È uscita qualche anno fa da una dipendenza lunghissima, secolare. Tutte queste notizie sono molto dettagliate nel film della Poitras con due registri che si muovono con una scansione precisa in modo parallelo: si va da uno all’altro, da uno all’altro.  Tutto l’attivismo su Pain e sull’Aids intervallato con la storia di Nan da quando è nata piccolissima a l’altro ieri. È molto bello perché è molto dettagliato. Quando hai visto quel film sai tutto.”

Una vita su cui c’è ancora molto da dire e il film aiuterà a scoprirlo. Una vita molto dolorosa e se non avesse avuto la possibilità di affrontarla attraverso la sua arte forse ora non potrebbe essere raccontata. Come conclude Costa: “la fotografia per Nan Goldin è stata terapeutica: le ha donato una identità, una professione, un futuro, una stabilità economica, il successo. Una vita però molto complicata e lei continua a sentirsi molto sola”.

Biografia Nan Goldin

Credo non ci siano difficoltà a reperire informazioni su di lei. Curiosa la bio sull’enciclopedia Treccani: https://www.treccani.it/enciclopedia/nan-goldin_%28Enciclopedia-Italiana%29/

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