Una luce intensa, una folta criniera, un occhio dipinto dal nero e dalle ciglia, un neo, un corpo che sembra sinuoso. Un cavallo ritratto nella luce intensa del giorno. Il ciuffo chiarissimo restituisce movimento.
In effetti questa volta la fotografia scaturisce da un video che una giovane fotografa ha realizzato a luglio dello scorso anno in Val di Fumo (Daone TN) nel Trentino ad un cavallo in movimento. L’autrice si chiama Giada Tamburini, giovane promettente fotografa, riferendosi a quel luogo, specifica: “la gente del posto la chiama Valle incantata, hanno ragione, questo posto ha conservato un’atmosfera magica. Ci torno l’estate quando sento il bisogno di stare da sola, cammino scalza sul prato verde e rigoglioso, con queste splendide creature, ai piedi dell’Adamello.” Nel video si percepisce questo incantesimo ed è proprio la luce che riporta ad una dimensione fiabesca con l’animale in primo piano come inventato da un fumettista.
In questo caso l’immagine è un istante rapito ad un video. Certo è che un video non è solo immagine ma anche tempo che passa e movimento, suono e rumore e questo “realismo” tende a portare l’osservatore ad emozionarsi: il suono del vento, la dolcezza nel movimento dell’animale insieme al verde del prato. Il posto incantato è dato proprio dalla luce che veste paesaggio e cavallo.
Si introduce con lei il concetto della relazione tra video e fotografia. Che cosa vuole dire fare video e come il video si integra con la fotografia? È fuori dubbio che gli elementi che si aggiungono all’interno del video danno ancora più significato rispetto al singolo scatto. Questo allora cosa significa che non è sufficiente l’immagine? Penso che le teorie su questo rapporto siano tante ma che il valore di una immagine o di un video risiede da un lato nel livello di sensibilità di ciascun (individuo) osservatore e dall’altra dall’intenzione dell’autore.
Come sostiene Marino Ravani fotografo, docente di fotografia e teorico sull’immagine “le immagini sono significanti. Il significato dell’immagine, così come si rivela mentre l’occhio viaggia su di essa, evidenzia una sintesi di due intenzioni: quella resa evidente nell’immagine e quella dell’osservatore. Si deduce che le immagini non sono complessi simbolici “denotativi”, ovvero univoci come i numeri, ma “connotativi”, plurivoci, che danno spazio alle interpretazioni. Ognuno quindi grazie alla propria sensibilità data dalla sua formazione, cultura ed esperienza restituisce all’immagine un suo specifico significato”.
Ma qual è la differenza tra l’istante catturato da Cartier Bresson e l’istante catturato da una brava fotografa come Giada?
Ecco le parole di Giada Tamburini: “Scatto per conservare e preservare un momento unico e immutabile nel tempo. La fotografia è per me un mezzo di terapia, una continua esplorazione degli aspetti irrazionali profondi radicati in emozioni, istinti o influenze inconsce.”
Tutto fa pensare che Giada sia alla ricerca del proprio io attraverso immagini che emozionino prima di tutto se’. Emozionare ed emozionarsi, nell’accezione rigorosamente riflessiva, sono i leit motiv della nostra società. L’io diviene protagonista e ciò basta. Ma sappiamo che l’io ha una sola possibilità per essere compreso e per comprendere: si deve confrontare con un tu e stupirsi.
L’intenzione di Henry Cartier Bresson era quella di stupire: selezionava informazioni e le combinava in modo imprevedibile rendendo così le sue immagini possibili. Grazie al tempo dedicato all’osservazione dello spazio in cui persone e cose si trovavano riusciva a fissare attimi inaspettati.
L’intenzione di Giada attraverso il video è realizzare un repertorio temporale di immagini.
Allora con questa teoria il video prolunga e accentua l’emozione.
Sempre Marino sostiene:
“Oggi foto e video sono contenuti che sui social media vengono utilizzati per avere visibilità e consenso, in quanto più facilmente riescono ad esprimere emozioni e autenticità. In questo modo l’io del destinatario/osservatore viene costantemente sollecitato come se vivesse costantemente in cima ad un batticuore”.
Mi sembra che dal discorso di Marino si possa capire che non si dedichi più il tempo
per sedimentare, rielaborare e creare. Il nostro rapporto con il mondo è mediato da un apparecchio sempre pronto a registrare ogni evento quotidiano e quando l’emozione ci coglie l’alternativa non può che essere “fotografo o filmo”, per collezionare un ennesimo “è stato“di Barthesiana memoria.
Ma se entrambe le immagini di una fotografa giovane come Giada e di un fotografo come Cartier Bresson procurano nell’osservatore un’emozione c’è differenza?
Chi dice che il nostro io non sia il riflesso di quell’io alla ricerca di emozioni anche per un breve tempo? L’io narrante di Giada ha generato altri lavori e immagini fotografiche forse ancora nella fase di una ricerca interiore come dichiara lei. Fase che forse appartiene a tutti noi.
DIDASCALA FOTO: Giada Tamburini Val di Fumo (Daone TN),10 luglio 2023
Giada Tamburini – Biografia
Nata a Tione di Trento nel 1996. Dopo la Laurea in Comunicazione, Media e Pubblicità ha recentemente realizzato la Summer Masterclass | Stories From Turin ICP e Museo Italiano di Fotografia (Torino, Italia) | 2023 e una formazione all’Istituto Internazionale di Fotografia GRISART
(Barcellona, Spagna) | 2019 – 2020. Ha realizzato alcune mostre: “Calma Pulsante” per Suisse a Madonna di Campiglio (Trentino, Italia) | 2023, “Centosette” per Municipio di Borgo Chiese (Trentino, Italia) | 2023 e per il Centro Sociale Askatasuna (Torino, Italia) | 2023. Ha partecipato alla collettiva: “15/15 Stories from Turin” presso Museo Camera (Torino, Italia) | 2023.
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Dal 2015 mi dedico attivamente al progetto ArtPhotò con cui propongo, organizzo e curo eventi legati al mondo della fotografia intesa come linguaggio di comunicazione, espressione d’arte e occasione di dialogo e incontro. La passione verso la fotografia si unisce ad una ventennale esperienza, prima nel marketing L’Oreal e poi in Lavazza come responsabile della comunicazione, di grandi progetti internazionali: dalla nascita della campagna pubblicitaria Paradiso di Lavazza nel 1995 alla progettazione, gestione e divulgazione delle edizioni dei calendari in bianco e nero con i più autorevoli fotografi della scena mondiale fra cui Helmut Newton, Ferdinando Scianna, Albert Watson, Ellen von Hunwerth, Marino Parisotto, Elliott Erwitt e i più famosi fotografi dell’agenzia Magnum.
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