Alcune immagini mettono di buon umore come capita con alcuni libri che quando li leggi ti fanno sentire meglio. L’autore Daniele Tamagni ahimè! non lo conoscevo e quando ho visto questo ritratto spettacolare mi sono chiesta “chi è il soggetto fotografato?” e “chi è il fotografo?”.
Il volto mi affascina per le labbra carnose che sanno di frutta forse per il sapore che arriva dal rosa degli occhiali e della cravatta o semplicemente per il riflesso tendente al rosso marrone della pipa. Il volto appare così curato da quel filo di barba che incornicia le polpose labbra, per il pizzetto che richiama le forti tinte della cravatta e dal taglio geometrico dei capelli. Un volto che accentua la ricerca di perfezione con le righe rosa della camicia e una giacca ricercatissima.
Alle spalle il verde indistinto della natura e la silhouette blu e bianca che si appoggia alla pipa accentuano un’atmosfera snob insolita.
In questa spettacolare armonia però l’elemento della mano mi fa pensare al testo di Roland Barthes in merito al punctum “…allorché paradosso, pur restando un ‘particolare’ esso riempie l’intera fotografia. Duane Michaels ha fotografato Andy Warhol: ritratto provocante, dal momento che Andy Warhol si nasconde il volto con entrambe le mani. Io non ho nessuna voglia di commentare intellettualmente quel giocare a nascondino (è fare dello studium); per me, infatti Andy Warhol non nasconde un bel niente: mi dà a leggere le sue mani apertamente: e il punctum non è il gesto, ma la materia un pò ripugnante di quelle unghie a spatola, insieme tenere e annerite”. Tratto dal libro di Roland Barthes La camera chiara. Nota sulla fotografia. Ed. 1980
Anche in questo caso la materia delle unghie risulta un pò ripugnante soprattutto in contrasto con la precisione e la ricercatezza del soggetto. La mano è l’unico elemento mosso all’interno dell’uomo in posa. Ma dov’è quest’uomo? Un indizio potrebbe arrivare dalle immagini riflesse negli occhiali anche se, come per la mano, risultano in contrasto con l’ambiente colorato: persone in piedi, un braccio che regge un libro, il riflesso della pipa…. Certo che la storia si fa sempre più curiosa.
Ebbene scopro questa immagine all’interno della mostra milanese a palazzo Morando «Daniele Tamagni. Style is Life». Novanta sue immagini selezionate da Aïda Muluneh e Chiara Bardelli Nonino che includono i ritratti più famosi dei sapeurs congolesi cioè i coloratissimi appartenenti alla SAPE, Società degli Animatori e delle Persone Eleganti, anche conosciuti come i “dandy” di Bacongo, quartiere di Brazzaville nella Repubblica del Congo. Come in questo ritratto i dandy vestono sgargianti completi e accessori con il gusto e la gioia di vivere reinterpretando lo stile dei colonizzatori francesi. Una forma di resistenza culturale nei confronti dei bianchi, di cui imitano, stravolgendoli ironicamente, il modo di vestire.
Ecco cos’è dandy! Con questo nome fin dal principio del sec. 19°, venivano indicati, a Londra, gli uomini eleganti, firmati Brummell, famosi per la raffinata sobrietà del vestire e la freddezza sprezzante dell’atteggiamento ostentando fastidio per i modi e i costumi borghesi. Non esisterebbe la figura del dandy senza il suo massimo esempio, lo scrittore inglese Oscar Wilde. Eppure Daniele Tamagni secondo me raggiunge con questa serie l’apice della bravura fotografando un mondo così poco conosciuto in un paese troppo conosciuto per il male, l’ingiustizia e le guerre. Rivendica un’Africa con un cuore dandy, un cuore africano colorato, divertito, gioioso, stiloso, provocante. Fantastico Daniele per l’energia che esce dai suoi ritratti come in questo. Il soggetto ha le labbra leggermente distanziate quasi a voler parlare. Bocca, occhiali, pipa, cravatta sono il timbro di una identità che con l’ironia attacca sferzate al mondo dei bianchi, degli inglesi così supponenti e ossessionati dallo stile.
Daniele Tamagni se ne è andato, a soli 42 anni.
Angela Madesani: “Ricordo di averlo incontrato e di avere avuto l’impressione di un uomo che ci credeva, che credeva al suo lavoro, alla fotografia, al suo progetto. Lo sguardo di Daniele era particolare, andava oltre le giocose apparenze per cercare di investigarne la storia, strettamente legata al tentativo di avvicinarsi al mondo dei colonizzatori francesi. Sfruttatori, ma anche modelli a cui rifarsi.” Questa immagine fa venire voglia di conoscere un fotografo come lui come Daniele Tamagni, la sua ricerca, il suo impegno.
BIOGRAFIA DANIELE TAMAGNI
“Le mie foto sono un inno alla vita”
“Daniele Tamagni classe 1975 nato a Milano, è stato un fotografo italiano freelance di moda e reportage. Studia storia dell’arte e conservazione di beni culturali. Il suo sogno era infatti quello di diventare un curatore e conservatore, ma la fotografia maturerà in lui una passione che si trasformerà in lavoro. Nel 2007 vince il premio Canon Young Photographer Award, presentando il progetto sui dandy congolesi, i Sapeurs di Brazzaville. In questo progetto la sua idea era quella di mettere in evidenza l’eccentricità e la stravaganza di questi uomini. A tal proposito diceva “quando ho visto questi uomini così eleganti, il loro look mi ha colpito particolarmente. Per loro vestirsi bene è un modo per scappare dalla povertà e dimenticarla”. Nel 2009 pubblica il libro intitolato “Gentlemen of Bacongo” e nel 2010 vince l’ICP INFINITY AWARD per la categoria fashion. Daniele Tamagni andava alla ricerca dell’originalità, studiava una rivoluzione tentata attraverso i colori della moda. Nel 2010 ha prodotto una storia su “The flying cholitas”, lottatrici a La Paz, Bolivia, guadagnando il secondo posto nella categoria Arte e Spettacoli nel concorso World Press Photo nel 2011. Nel 2015 pubblica “Fashion Tribes/Global Style Battles”, Abrams/La Decouverte. Il suo ultimo libro, “Mtindo Stylemovers. Rebranding Africa”, edito da Skira, è stato presentato a Milano il 15 novembre 2016. Le fotografie di Tamagni sono state esposte nelle gallerie private e nei musei di tutto il mondo e sono entrate a far parte delle collezioni permanenti di numerose istituzioni, tra cui il LACMA di Los Angeles, il MoCP di Chicago, il Volkerkunde Museo di Amburgo e il Royal Pavillion Museum di Brighton. Daniele Tamagni muore all’età di 42 anni a Milano nel dicembre 2017, diventando fonte d’ispirazione per molti esordienti.
(Fonte: scuolaspaziotempo)
Altri articoli di questo autore
Reportage Parte 3 | ARLES, LA FOTOGRAFIA IL FESTIVAL
Reportage Parte 2 | ARLES, LA FOTOGRAFIA IL FESTIVAL
Reportage Parte 1 | ARLES, LA FOTOGRAFIA IL FESTIVAL
W LA LIBERTAD FOTOGRAFIE DI PROTESTA
TORINO, LA FOTOGRAFIA, IL FESTIVAL
“La mia tipica cena”
Dal 2015 mi dedico attivamente al progetto ArtPhotò con cui propongo, organizzo e curo eventi legati al mondo della fotografia intesa come linguaggio di comunicazione, espressione d’arte e occasione di dialogo e incontro. La passione verso la fotografia si unisce ad una ventennale esperienza, prima nel marketing L’Oreal e poi in Lavazza come responsabile della comunicazione, di grandi progetti internazionali: dalla nascita della campagna pubblicitaria Paradiso di Lavazza nel 1995 alla progettazione, gestione e divulgazione delle edizioni dei calendari in bianco e nero con i più autorevoli fotografi della scena mondiale fra cui Helmut Newton, Ferdinando Scianna, Albert Watson, Ellen von Hunwerth, Marino Parisotto, Elliott Erwitt e i più famosi fotografi dell’agenzia Magnum.
No comment yet, add your voice below!