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Ricordi

di Tiziana Bonomo

Nel 1997 lavoravo in una famosa azienda sempre più famosa anche per i suoi calendari.

Quell’anno ho conosciuto il fotografo Marino Parisotto Vay a Palermo per il calendario numero sei. Era estate. Parisotto si presenta vestito di bianco con camicia e bermuda, sandali aperti bianchi, leggermente stempiato ma con i capelli abbastanza lunghi raccolti in un codino e con un gran sorriso. Alto, con un gran fisico rispecchiava il cliché del fotografo di moda abituato a muoversi in mezzo a modelle stra-belle, a sentirsi il centro dell’attenzione perché da lui tutto dipendeva: le luci, il trucco, i vestiti, le pose, i movimenti, gli sguardi, il click finale.

Altissima l’ambizione dell’azienda per un calendario dal titolo “Elisir d’Amore” scelto proprio dalla famosa opera di Donizetti. Altissima anche l’attesa nei confronti del fotografo per ottenere immagini memorabili, bellissime, fascinosissime. Immagini da sogno. E Parisotto realizza proprio immagini da sogno restituendo negli accentuati contrasti di luce del bianco e nero la finzione di un gioco di un melodramma che in quel caso ha solamente corpi seducenti. D’altronde la sua doppia anima di fotografo e direttore artistico si prestano benissimo per cogliere l’atmosfera ed entrare nella storia di Donizetti.

Per diletto riprendevo con la mia personale Contax 139 Quarz le scene durante lo shooting per portarmi a casa il ricordo di quell’esperienza per me intensa, fantastica e sempre condita dall’adrenalina della responsabilità. Oggi, dopo la triste notizia pubblicata da Paolo Ranzani, alcune di quelle immagini sono qui e più che mai sento viva la presenza di quel fotografo che instancabile si muoveva a fianco alle modelle, ai modelli, agli aiutanti, alla stilista, ai diversi tecnici per capire se quell’inquadratura, quella scena fosse perfetta. Parisotto con quel suo look anni ’90 osservava, riprendeva, ascoltava e si muoveva come un felino in cerca della preda. Amava parlare per conoscere chi aveva di fronte e per far conoscere la sua ricca esperienza come il lungo lavoro fatto per una famosissima azienda di intimo forse la più prestigiosa nel suo settore: La Perla. La scelta di Parisotto per quel calendario funzionava a pennello proprio per la sua continua intenzione, attraverso la fotografia, di scivolare verso un mondo non reale, di far percepire dentro all’immagine quell’imprendibile mistero che riescono a creare seduzione e bellezza messe insieme.

In un’intervista Parisotto dichiara: “Forse il Veneto e la sua filosofia influiva tanto su di me; è una regione che può restituirti tante esperienze. Uscivo di casa e vedevo il Giorgione. L’arte mi serviva per plasmare i miei canoni bellezza”.

I luoghi di Villa Egea, del palazzo di Palermo e del baglio erano luoghi incantevoli che Parisotto ha sfruttato per la loro unicità, per la luce, per la storia che li ha attraversati. Nelle immagini a colori emerge forse ancora di più lo splendore che emanava da quei luoghi e da quegli abiti da sogno, da principesse. Non era stato un caso la scelta della Sicilia e l’idea di dar vita ad una storia intrisa di passione. “La sua fotografia è centrata sulla forza della seduzione come il suo lavoro: romantico, visionario, elegante, mai volgare.” È vero: un vero amante della bellezza, della vita. D’altronde per lui “il fotografo è un direttore d’orchestra. Ci sono dei musicisti che suonano al meglio il loro strumento, ma lui è chiamato a dirigere il suono. Io non sarei stato niente senza i miei collaboratori. Con loro parlavo di sogni, creatività e fotografia”.

Durante lo shooting non c’è stato istante in cui lui non abbia cambiato posizione – in piedi, sdraiato, piegato – con la sua macchina fotografica che sembrava una voce dalla quale provenissero le visioni: sdraiatevi, correte, guardatevi, amatevi. Intenso anche il dialogo con il cliente e con l’agenzia pubblicitaria per una continua condivisione delle scene, delle scelte. Presi tutti – compreso il grande creativo Baccari – da quell’eccitazione impalpabile, in una delle foto ricordo che Parisotto ha voluto farmi abbracciare con grande ilarità dai i due “fighissimi” modelli! Una bellissima esperienza: nella terra di mio padre, con un gruppo invidiabile di lavoro e con un fuoriclasse come Parisotto. Per un pò abbiamo tenuto i contatti fino a quando si era, credo, trasferito per un certo tempo a Miami e allora la sua impazienza appena lo chiamavi fuori orario urtava con la sua bravura. D’altronde difficilmente in quell’epoca sarebbe stato possibile immaginare altre occasioni di lavoro e fu così che non ebbi più occasione di avere sue notizie. Ho sempre pensato che fosse stato inghiottito da quella perversa macchina pubblicitaria americana che illude tutti di diventare famosi, troppo famosi, di successo, di troppo successo. Forse la sua macchina fotografica doveva rivolgerla verso se stesso per riuscire a vedere come, le tante fotografie scattate e il sogno che rincorreva, lo avevano già rapito e allontanato dal nostro quotidiano reale.

In una bella intervista del 2019 a ImageMag un’ultimo ricordo alla frase finale dell’intervista: “Io tendo a creare emozione col movimento. È difficile, ma la fotografia deve suggerirti cosa è successo prima e cosa accadrà subito dopo: lì vive il momento decisivo cantato da Bresson e anche la magia che inseguo io”.

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