Inaugurazione oggi, 11 ottobre fino a, allo Spazio Eventa in via dei Mille 42 a Torino, della mostra fotografica “Paesaggi. Forse”, autore Maurizio Briatta, a cura di Tiziana Bonomo. Maurizio Briatta si ripresenta al pubblico con una esposizione più ampia – rispetto a quella dello scorso anno – con tre lavori che segnano momenti diversi della sua esperienza fotografica, ma che in comune hanno il paesaggio. L’autore offre però sempre uno sguardo insolito al paesaggio usando proprio la complessità del mezzo fotografico per ottenere risultati che giocano sull’ambiguità. Da qui il titolo che genera dubbio, incertezza: “Paesaggi forse”. La mostra andrà avanti fino all’11 novembre.
I tre lavori in mostra dai primi anni ’90, Controluce, Paesaggi con figure – fanno già parte della mostra e collezione alla GAM – e Paesaggi brutti nascono tutti dalla ricerca ossessiva di Briatta sull’imperfezione. Briatta dichiara: “I paesaggi fotografati sono cercati, sono sempre reali e mai artefatti. ll passaggio negli anni è dovuto ad una continua ricerca di evoluzione espressiva passando da una necessità iniziale più interpretativa ad una più riproduttiva. Sono nato colorista e voglio morire colorista:”
Ecco allora come il primo lavoro fotografico Controluce è proprio quello che lo ha fatto conoscere nel 2002 alla GAM e quindi alla critica più severa ed esigente. In questo caso emerge una vena romantica che, con l’uso della voluta sfocatura insieme alla stampa su carta acquerello, accentua al paesaggio l’effetto pittorico. È il progetto che più segna Briatta al confine con la bellezza pittorica alla Turner, sfumando il paesaggio, cercando di emozionare attraverso il colore e la luce la poetica della natura. La mostra in cui era presente allora alla Gam faceva seguito alla selezione individuata dalla critica Marina Miraglia nel libro “Il ‘900 in fotografia e il caso torinese”.
Briatta ha però abbandonato le scene pubbliche ritornando a quindici anni di distanza con l’intenzione di ripartire da lì ma con la voglia di nascondere ancora di più, di continuare a lasciare intravedere, immaginare con Paesaggi con figure. Scruta le presenze umane all’interno di paesaggi abituali che per Briatta diventano vere e proprie scenografie come il mare, il parco, il giardino, la montagna. Scenografie come pretesto a nuove brevi emozioni da insaziabile curioso. L’obiettivo diventa il velo che nasconde e non che mette a fuoco, che guarda ma che non si sofferma come per un atto di pudicizia di non voler far scoprire tutto ciò che ha visto. Briatta lascia all’immaginazione di ognuno di noi.
L’ultimo lavoro, l’ultima “folgorazione” è per Briatta il gioco dell’imperfezione: Paesaggi brutti. Abbandona fantasie romantiche, veloci seduzioni per lasciare spazio al suo sguardo ironico trionfante su un paesaggio che c’è ma che viene mascherato da elementi che nascondo la sua vera bellezza. Un paesaggio assomiglia a un racconto giallo. Noi guardiamo cosa ci fa vedere il fotografo ma cosa c’è di qua, ciò che si vive è al di qua del guardare. «Adesso girati. Lì comincia il porto, le gru si stagliano contro il cielo». questa frase è tratta da un romanzo giallo di Simone Buchholz. Le gru, ad esempio, quelle che rendono i paesaggi brutti e noi con Briatta li vediamo dalla sua parte come li ha fotografati lui. Ma da questa parte chi vive il paesaggio brutto ne vive la complessità. La complessità dell’esistenza. Il racconto prosegue e la descrizione è simile a quella di un paesaggio: «Guardando giù, verso i bacini di carenaggio, tutto si ferma, ma continua più in là, in modo diverso». Questa è una splendida descrizione «del guardare» quella che piacerebbe e farebbe sicuramente godere John Berger. La gru, i giochi, i pali sono l’altra parte della vita e alcune volte basta girarci intorno per apprezzare la bellezza del vero paesaggio naturale. Eppure chi vive lì attaccato a quel paesaggio forse non lo trova così brutto. Riesce a vedere il cielo e forse a dimenticare per un attimo le gru. È brutto per noi amanti della natura, esseri alla ricerca del bello, camminatori solitari malati di purezza. Chi vive attaccato alla gru? Chi riempie il proprio giardino di giochi per i figli? Per loro quello è il paesaggio. Brutto? Si brutto è vero. Ma nella vita ognuno ha la sua visione di brutto e di bello. Ha il suo obiettivo puntato da una parte o dall’altra. Siamo tutti coinvolti in un film giallo? Penso che Maurizio Briatta con il candore del suo sguardo cerchi l’ironia della nostra esistenza al limite di un giallo. Quasi a ricordarci che il masso, la plastica, il cemento fanno parte di un paesaggio che deve mutare non per raggiungere la bellezza nietzschiana pura e assoluta
@Maurizio Briatta, Controluce, 2001 @Maurizio Briatta, Paesaggi con figure, 2018
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Dal 2015 mi dedico attivamente al progetto ArtPhotò con cui propongo, organizzo e curo eventi legati al mondo della fotografia intesa come linguaggio di comunicazione, espressione d’arte e occasione di dialogo e incontro. La passione verso la fotografia si unisce ad una ventennale esperienza, prima nel marketing L’Oreal e poi in Lavazza come responsabile della comunicazione, di grandi progetti internazionali: dalla nascita della campagna pubblicitaria Paradiso di Lavazza nel 1995 alla progettazione, gestione e divulgazione delle edizioni dei calendari in bianco e nero con i più autorevoli fotografi della scena mondiale fra cui Helmut Newton, Ferdinando Scianna, Albert Watson, Ellen von Hunwerth, Marino Parisotto, Elliott Erwitt e i più famosi fotografi dell’agenzia Magnum.
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