I ricordi sulla fotografia non hanno nulla di nostalgico per me. I ricordi sono affermazioni di intensi momenti di lavoro e di formazione dove creatività, dialogo, realizzazione degli scatti fotografici si sono amalgamati così bene da far uscire un prodotto di notevole manifattura.

Inoltre i ricordi sono anche la consapevolezza di aver conosciuto e lavorato con grandi maestri del magnifico mondo della fotografia.
L’unica vera difficoltà è sempre quella di recuperare le immagini che ho scattato durante gli shooting a cui partecipavo e che all’epoca duravano alcuni giorni. L’impegno, la scenografia, i trucchi e parrucchi richiedono sempre del tempo. Ogni elemento merita cura, attenzione e confronto. Confronto cioè ascolto, comprensione e condivisione.
Ecco che queste immagini hanno per me il significato che vi ho appena descritto.
Il fotografo, un grande maestro, che vedete nelle immagini è Albert Watson. Il lavoro realizzato che fa parte della serie di calendari da collezione – a firma di una prestigiosa azienda internazionale – si è svolto a New York nel 1996 e in compagnia del creativo Alberto Baccari.
La prima riunione alla luce del tramonto nel mega studio di Watson a New York per ripassare il contenuto del lavoro fotografico. La prima sorpresa e il primo insegnamento sono stati il rispetto e l’umiltà da parte di Watson. Un atteggiamento che presupponeva di lasciare ancora spazio alla riflessione e alla messa in discussione sulle scelte prese. In quegli anni di “facile pubblicità” l’attitudine di molti famosi fotografi, registi e creativi era quella di esibire una sicurezza e una convinzione del loro lavoro al limite dell’arroganza. Spesso il cliente si faceva incantare da simil guru della comunicazione che tutto sapeva e sul fatto che le idee guresche erano certamente uniche e indiscutibili.
Forse solamente i veri grandi maestri non si spaventano mai a cambiamenti a mutamenti anche dell’ultimo momento. D’altronde non è così che si dimostra bravura e competenza? L’impressione è stata di aver un folletto vicino a me: un pò magico, longilineo con il basco, tutto vestito di nero. Durante la riunione nulla è stato modificato ma quella predisposizione d’animo ad ascoltare, a mettere in discussione, a ragionare ha generato armonia, quella che è rimasta fino all’ultimo momento del lavoro.
Durante le attese tra uno scatto e l’altro i miei occhi non si sono mai stancati di vedere le tante immagini di Watson alle pareti dell’enorme studio: una galleria personale. Le ho guardate, riguardate ammirandone la composizione, il taglio, il particolare, l’intensità, l’eleganza, la bellezza. Molte fotografie di noti personaggi del mondo dello spettacolo come Prince, Mickey Rourke, Keanu Reeves e l’incantevole scatto a Mick Jagger.

Dei personaggi famosi alle pareti ho sempre avuto l’impressione di averli davanti a me, di sentirne lo sguardo, il respiro. Allo stesso tempo immagini di progetti personali, ispirati dai suoi viaggi a Marrakech, a Las Vegas, alle isole Orcadi. La bellezza nelle immagini e nell’animo di Watson riempiva l’ambiente di un dolce sapore. Ho sempre avuto la percezione di muovermi come se fossi dentro al film di una favola. Nel suo studio dalle grandi dimensioni tutto era aperto allo sguardo: dalla sala per il trucco, alla zona living per una pausa, alla stanza per il cambio dei vestiti e alla “enorme” sala pose circondata da una balconata. Tutti sapevano cosa fare con l’impressione che tutti facevano ciò che volevano fare. Ecco allora che le persone intorno: modelle bellissime, addetti alle luci, alla produzione si muovono scanditi da un ritmo naturale e consapevole di quello da dover fare, come in un film. Dall’enorme saracinesca che da sulla strada all’improvviso entrano le maestose scenografie, le seducenti modelle si lasciano truccare dai migliori professionisti di New York, si mettono in posa davanti al fotografo, gli addetti alla produzione controllano che ogni particolare rispetti il piano di lavorazione.
Così la vita del lavoro si accendeva al mattino per tutta la giornata intorno ad Albert Watson: il folletto nella sua foresta. Probabilmente la sua cecità da un occhio che non lo ha paralizzato nella scelta, sin da giovane, delle arti visive, lo ha anche modellato ad avere rispetto e delicatezza nei confronti degli altri esseri umani.
In questo movimento perenne il maestro Watson trova il tempo per dedicarmi un album con le polaroid di prova fatte prima dello scatto definitivo: “Per Tiziana New York 1996”.
Lo mostro agli amici sorridendo per questa incredibile opportunità di riguardare le immagini dai bianchi così puri che contrastano con le pose di fatine, angeli e anche diavolesse mefistofeliche. Il mondo saturo di fantasia, sogni di un re dei boschi, di un mago della fotografia, di un uomo sensibile.
La fotografia per Albert Watson è la vita: “Quasi ogni giorno, quando prendo in mano la macchina fotografica, dimentico tutto il resto. Posso avere fame, avere sete, posso essere stanco… dimentico ogni cosa. Usare la macchina fotografica è una combinazione di sensazioni. Da una parte sono in pace, sono nel pieno della calma, dall’altra sono in conflitto e in confusione. Ma, alla fine, vince la calma. Sento la pressione ma, ancora dopo tutti questi anni, è qualcosa che apprezzo molto. Quando prendo in mano la macchina fotografica, dimentico tutto il resto. Posso avere fame, avere sete, posso essere stanco… dimentico ogni cosa.” Dimentico anch’io ogni cosa guardando le sue fotografie.
Biografia di ALBERT WATSON
Nato a Edimburgo, in Scozia, studia graphic design presso il Duncan of Jordanstone College of Art and Design di Dundee, nonché cinema e televisione al Royal College of Art di Londra. Nel 1970 si trasferisce negli Stati Uniti con la moglie Elizabeth. Il suo stile peculiare finisce per attirare l’attenzione di riviste di moda americane ed europee. Nel 1975 Albert Watson vince un Grammy Award, e nel 1976 ottiene il primo incarico per Vogue. Le immagini del fotografo di origine scozzese sono apparse su oltre 250 copertine di Vogue in tutto il mondo e su altre innumerevoli pubblicazioni, da Rolling Stones a Time. Watson ha realizzato numerosi ritratti di vari esponenti dello show-business, icone del rock, rapper, attori, da Mick Jagger a Jack Nicholson, passando per Alfred Hitchcock e la famiglia reale inglese (Watson è stato il fotografo ufficiale delle nozze del Principe Andrea con Sarah Ferguson), Kate Moss e B.B. King. Il ritratto di Steve Jobs che è comparso sulla copertina della sua biografia, Alfred Hitchcock che tiene in mano un’oca spennata, il nudo di Kate Moss scattato per il suo 19° compleanno. Ha inoltre realizzato immagini per centinaia di campagne pubblicitarie di successo per grandi marchi come Gap, Levi’s, Revlon e Chanel, e ha diretto oltre 600 spot televisivi. Allo stesso tempo Watson ha lavorato intensamente a progetti personali e pubblicato libri ispirati dai suoi viaggi a Marrakech, a Las Vegas o alle isole Orcadi. Molti di questi lavori, insieme ai suoi ritratti e alle fotografie di moda, sono stati esposti in vari musei e gallerie in tutto il mondo. Albert ha sempre lavorato intensamente. L’archivio del suo studio nel West Village di Manhattan conserva milioni di immagini e negativi. Le pareti del suo studio sono tappezzate di immagini grande formato di Las Vegas. Le stampe di Watson sono esposte in gallerie e musei in ogni parte del pianeta. Ha pubblicato molti libri e organizzato diverse mostre personali presso molti musei e gallerie. Watson ha anche realizzato centinaia di campagne pubblicitarie di successo, oltre a essere stato regista di molti spot televisivi. La rivista specializzata Photo District News lo ha eletto tra i 20 fotografi più influenti di tutti i tempi. Ha vinto svariati premi, fra i quali il Lucie Award, tre ANDY Award, la Centenary Medal della Royal Photographic Society e un Grammy Award (per la copertina di un album dei Mason Profitt).

Dal 2015 mi dedico attivamente al progetto ArtPhotò con cui propongo, organizzo e curo eventi legati al mondo della fotografia intesa come linguaggio di comunicazione, espressione d’arte e occasione di dialogo e incontro. La passione verso la fotografia si unisce ad una ventennale esperienza, prima nel marketing L’Oreal e poi in Lavazza come responsabile della comunicazione, di grandi progetti internazionali: dalla nascita della campagna pubblicitaria Paradiso di Lavazza nel 1995 alla progettazione, gestione e divulgazione delle edizioni dei calendari in bianco e nero con i più autorevoli fotografi della scena mondiale fra cui Helmut Newton, Ferdinando Scianna, Albert Watson, Ellen von Hunwerth, Marino Parisotto, Elliott Erwitt e i più famosi fotografi dell’agenzia Magnum.
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