Improvvisamente fermiamo il nostro sguardo e il nostro pensiero. Tante sono le immagini che vediamo intorno a noi: colorate, in bianco e nero, di meraviglia, di persone case gente sguardi riflessi cibi colori e poi ancora di libri, di paesaggi architetture, di nomi importanti, artisti autori fotografi….
Ma…adesso dedichiamoci il tempo per una pace visiva.
L’invito a fermarvi non è più inusuale….
Questa volta però l’invito è quello di rimanere immobili davanti a questa immagine, in silenzio, e come in un mantra ondulate la testa e muovete lo sguardo intorno alla mucca, avvicinatevi verso il prato, allungate il collo nella bruma del primo mattino di cui potreste sentirne anche il freddo odore.
Potrebbe essere naturale pensare a qualcosa di insolito, forse irreale: una mucca inginocchiata, con il muso nell’erba, di un colore bianco così ben delineato, definito che fa da contrasto all’indefinito che sta intorno. Ciò che è intorno i nostri occhi devono metterlo a fuoco ma non perché sia sfocato ma bensì perché tutto è avvolto in una nube, nebbia ……. forse è un sogno? E poi quei segni, fili, nastri davanti, sopra, vicino alla mucca che cosa sono? e perché ci sono? La mucca è vera oppure è una piccola scultura? tutto questo perché?
Perché questo si chiama poesia!
Una immagine fa vibrare i sensi esattamente come riescono a farlo le parole di un poeta. La dolcezza che scaturisce da una toccante poesia equivale alla estasiante meraviglia che produce l’apparente surreale atmosfera di questa fotografia.
In questo caso la fotografia di Pierluigi Fresia, dal titolo “afasia” – entra a pieno titolo in una dimensione artistica di alto livello. La dimensione della tenerezza, di un dolce sogno che rende irreale, magico, impalpabile il nostro reale. Sei fuori e sei dentro all’immagine. Sei fuori per la semplice logica di chi guarda eppure sei dentro a quel velo di inavvicinabile tristezza che riempie i buchi della nostra vita. Cosa non è quella mucca deposta ad arte verso la Terra che ci inghiotte ogni giorno? Una posa, un vezzo, una preghiera, il Mahàbhàrata dell’epica inafferrabile della nostra vita. La grande mucca – il grande poema – sembra così minuta, docile, serena …. un inciampo che per un attimo ci lascia letteralmente a bocca aperta! E fa quasi sorridere come il sorriso dell’infanzia che si stupisce ancora per la semplicità di gesti che non osiamo più afferrare, guardare e anche solamente con la nostra immaginazione concepire.
È sorprendente come Pierluigi Fresia sia riuscito a cogliere quel magico momento: un gesto inaspettato che potrebbe appartenere alla serie dei cavalieri di Marino Marini. In questo caso è Fresia, il cavaliere che si aggira nella bruma del mattino, con la sua tenue luce, a cercare dentro la natura. La ricerca ha però strati diversi e inizia molto prima della camminata all’alba. L’esplorazione nasce dalla lettura e tra i tanti “I dialoghi di Leucò” di Cesare Pavese oppure le poesie di Dino Campana o la mitologia degli antichi greci. Allora la ricerca trascende la pura estetica, l’istante decisivo e si spinge fino a ricercare “la sensazione del sublime”. È proprio questo il caso in cui una fotografia riesce a condensare quell’irrefrenabile desiderio di meraviglia che la vita può offrirci. L’inarrestabile domanda sul perché dell’esistenza spesso ci fa sovrapporre il senso della Vita con quello della nostra riduttiva, breve, volatile esistenza. La corta focale su noi stessi riduce la visuale –impossibile da fotografare – sulla vita.
Fresia afferma: “Ho un rapporto conflittuale con la realtà e con la fotografia… La realtà è un sipario che ci apre su qualcosa di più grande – rispetto a quello che vediamo – e non del tutto comprensibile. La meraviglia viene fuori in un angolo nascosto in cui alcune volte inciampo dentro: la natura, lo spazio. Io giro, giro e ritorno là dove penso sia accaduto qualcosa di mitico, di magico”. Il titolo iniziale di questa immagine era “Mahàbhàrata” tratto da un grande poema epico sull’uomo e sulla sua sofferenza. Poi il titolo è diventato “Afasia” come colui che evita di affermare, negare o giudicare il senso delle cose. L’afasia a dimostrazione di un incessante conflitto con il mezzo fotografico. Fresia ha iniziato giovanissimo a disegnare per poi passare a fotografare.
L’irrequietezza è il segnale dell’artista che avverte come la realtà sia un disegno troppo grande per poterla racchiudere in un’immagine che adesso c’è e dopo non c’è più. Che in quell’istante viene prima ripresa e poi viene negata con un graffio (il segno sulla mucca!): La fotografia induce Fresia – mai appagato – a tentare continuamente di comprendere una realtà troppo misteriosa. Il graffio diventa una specie di “pugno nello stomaco della fotografia” come segno di una immensa illusione.
Allora ecco che l’immagine assume l’incanto di una poesia come quello di un bambino che scarabocchia i numeri e scarabocchia la realtà.
Questo intreccio tra mitologia, finzione, realtà, magia è avvolgente e appena muovete lo sguardo su altro tenetevi per un pò l’immagine inginocchiata di una morbida, leggera mucca. Forse tutti noi dovremmo inginocchiarci per sentire il richiamo della Nostra Terra che lentamente stiamo abbandonando e come scrisse Dino Campana…. e del tempo fu sospeso il corso.
Biografia
Pierluigi Fresia (Asti 1962) è un artista/fotografo italiano, lavora a Torino dove risiede, dopo gli studi inizia la sua attività, dalla pittura che lo ha fatto entrare nel mondo dell’arte, senza mai dimenticare la sua grande attenzione allo studio della filosofia e la passione per la poesia, passa in seguito alla fotografia; la sua ricerca di forte contenuto concettuale ha sovente mescolato all’immagine fotografica, la gestualità del segno e il rigore della parola, quest’ultima sovente impregnata sia di narrazione che di introspezione esistenziale . Opere di Pierluigi Fresia sono state presentate in fiere ed eventi internazionali d’arte contemporanea: FOTOGRAFIA EUROPEA, Reggio Emilia (2010, 2015) ARCO di Madrid, ARTISSIMA a Torino, ARTEFIERA di Bologna, ARTEVERONA, MIA e MIART a Milano, PHOTO BIENNALE Daegu (Corea) e fanno parte di collezioni d’arte contemporanea sia private e di musei, tra gli altri il MART di Rovereto , la GAM di Torino, Villa Croce a Genova il MET di New York.
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Contraddizioni
Dal 2015 mi dedico attivamente al progetto ArtPhotò con cui propongo, organizzo e curo eventi legati al mondo della fotografia intesa come linguaggio di comunicazione, espressione d’arte e occasione di dialogo e incontro. La passione verso la fotografia si unisce ad una ventennale esperienza, prima nel marketing L’Oreal e poi in Lavazza come responsabile della comunicazione, di grandi progetti internazionali: dalla nascita della campagna pubblicitaria Paradiso di Lavazza nel 1995 alla progettazione, gestione e divulgazione delle edizioni dei calendari in bianco e nero con i più autorevoli fotografi della scena mondiale fra cui Helmut Newton, Ferdinando Scianna, Albert Watson, Ellen von Hunwerth, Marino Parisotto, Elliott Erwitt e i più famosi fotografi dell’agenzia Magnum.
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