Provo a chiedere a due giovani cosa provano guardando questa immagine.
Mi dicono che è bella, c’è complicità tra il cane e la donna, è intensa anche se non sanno spiegare perché e naturalmente – come era prevedibile – non riconoscono la donna protagonista. È una fotografia che lascia tracce di antico: il bianco e nero dai leggeri contrasti, un’atmosfera che riporta alla memoria nascosta, alcuni impercettibili segni nello stile dell’asciugamano, del materassino, una poetica che ha il sapore di un tempo che fu. Contemporaneamente la posa, la compostezza, la presenza del cane che sembra attento a chi è al suo fianco, l’abbandono della donna al sole, l’essenzialità dell’immagine la rendono altrettanto contemporanea. Si potrebbe pensare che lei sia un’attrice? Ha un volto così vero, lineamenti decisi regolari accompagnati da braccia nervose, sospese non rilassate che, insieme alla segnata tensione degli occhi chiusi, quasi lasciano trasparire inquietudine. Si potrebbe quasi pensare al passaggio di nuvole nere nella mente della donna.
Sicuramente molti, anzi credo tutti voi abbiate riconosciuto l’immagine di Paolo Di Paolo uno dei più importanti fotografi italiani del Novecento che ha ripreso, nel 1955, Anna Magnani nella sua villa a San Felice Circeo (Roma).
Tante sono le immagini e anche molto famose di Paolo di Paolo sebbene questa racchiude in sé un pezzo di storia della nostra Italia. Non a caso le figure che sono state seguite da Di Paolo come Pier Paolo Pasolini e Anna Magnani raccontano molto di una Italia inquieta quella del Dopoguerra protesa alla ricostruzione, al benessere e contemporaneamente ancora segnata dalle conseguenze tragiche degli eventi appena passati. Simbolo indimenticato di un’Italia e di un cinema che non c’è più, Anna Magnani è antidiva per eccellenza, figura chiave del Neorealismo italiano. Come dice Paolo Mieli nel suo programma “Italiani” di Rai Cultura: “Anna Magnani è uno di quei personaggi che hanno fatto la storia d’Italia prima e dopo la seconda guerra mondiale.” Un volto così intenso e atipico nel panorama del cinema internazionale di quegli anni che penso fosse una sfida e un’ambizione per ogni fotografo poterlo ritrarre.
Classe 1925, Di Paolo lavorò intensamente come fotoreporter negli Anni Cinquanta e Sessanta, tra la gente comune e le star del cinema, accanto a Pasolini e in giro per il mondo. In Anna Magnani, nei suoi occhi chiusi, in quel gesto che sembra cercare un riposo che stenta ad arrivare è racchiusa quell’umanità inseguita dall’altrettanta irrequietezza del fotografo. “Hai una foto preferita? Più che foto sono momenti come con Anna Magnani.” D’altronde era stata proprio lei a chiamare Paolo di Paolo per ritrarre il figlio Luca e decise di affidare a lui, di cui si fidava, questo servizio che finalmente la liberava dall’incubo delle foto rubate. In un video Di Paolo ricorda: “Se domenica hai l’appuntamento con il Papa non ci devi andare. Perché? Perché ti aspetta Anna giù al Circeo. Facemmo una bellissima colazione. Un tête a tête sotto una veranda con il mare di fronte. Si tolse lo ‘chemisier’ nero e rimase in costume. Mi prese per mano e mi disse di andare con lei (dal teaser Anna Magnani – Paolo di Paolo ”Mondo Perduto” from Skino Ricci on Vimeo)”.
Di quegli anni gli scatti ai grandi attori del nostro cinema: Sofia Loren, Marcello Mastroianni, Gina Lollobrigida, Charlotte Rampling. E non solo. Le sue sono foto che raccontano l’Italia del Dopoguerra, gli anni Sessanta, l’inaugurazione dell’Autostrada del Sole, il neorealismo le dive di Hollywood di passaggio a Cinecittà e l’aristocrazia che vive una vita dolce lontana dalla Dolce Vita. Un personaggio elegante, un gentleman della fotografia che ha amato la fotografia fino a quando ha potuto esercitarla come diceva lui: con etica ed eleganza, con passione ma anche rispetto. Per molti “stile garbato ma invadente che però non si ritrova nella figura del paparazzo. E così smette di fotografare”. Rimane per me il grande lavoro con Pasolini “La lunga strada di sabbia” per riprendere quel concetto di umanità che ancora oggi ci stupisce, ci attira e respinge nello stesso tempo, ci sorprende per il male e il bene così stretti da non riuscire più a leggerne i confini.
Nel corso degli anni Duemila le sue fotografie sono state riscoperte – 250.000 immagini –ed esibite in alcune mostre, tra cui quella per il cinquantesimo anniversario della chiusura del Mondo e quella organizzata nel 2019 al MAXXI di Roma. “Senso del pudore, umiltà” sono parole che tornano nel ricordo di quest’uomo fotografo. Parole desuete che vale la pena restituire al loro primigenio valore.
Riprendo da Anna Magnani la dichiarazione che penso calzante per Paolo Di Paolo: “Un gusto di essere amata da tanta gente. Bello come sensazione!”. E nel film “Roma Città Aperta” la corsa di Pina con “quel grido lacerante “ ha segnato un nuovo capitolo del cinema italiano e anche il finale di un’epoca.
Foto @Paolo di Paolo, Anna Magnani nella sua villa a San Felice Circeo (Roma), 1955, © Archivio Paolo Di Paolo (courtesy Collezione Fotografia MAXXI)
Chi era Paolo di Paolo
Molisano, classe 1925, da Larino si trasferisce nel 1939 a Roma, dove consegue la maturità classica; nell’immediato Dopoguerra si iscrive alla facoltà di Storia e Filosofia e inizia a frequentare gli ambienti artistici della Capitale. L’esordio come fotografo, autodidatta dotato di grande talento e sguardo lucido sulla realtà, avviene mentre lavora come redattore per la rivista Viaggi in Italia. Dal 1954 inizierà la lunga collaborazione con il settimanale culturale di Pannunzio, proseguita fino alla chiusura del giornale; negli stessi anni, però, collabora anche con La Settimana Incom Illustrata e inizia a lavorare per il settimanale Tempo Illustrato. Si muove come inviato in Unione Sovietica, Iran, Giappone, Stati Uniti, e in tutta Europa. Al fianco di Pasolini, è anche fotografo di scena durante le riprese di Mamma Roma e Il Vangelo secondo Matteo. Mentre per i servizi della giornalista Irene Brin firma reportage di alta moda e sul jet set internazionale. Nel 1968 il ritiro e l’oblio. Deluso dalla deriva scandalistica del fotogiornalismo, si allontana dalla professione e si ritira vicino a Roma per riprendere gli studi di filosofia e storia. La riscoperta negli Anni Duemila. Nel 2019, il MAXXI di Roma dedicava a Paolo Di Paolo un’ampia monografica (Mondo Perduto), omaggio a un grande narratore dell’Italia che cambiava negli Anni Cinquanta e Sessanta, di gente comune e artisti, fotografo del Dopoguerra – tra la frenesia di ricostruire e la voglia di riscatto dalla povertà – come delle dive di Cinecittà. Nel 2021 il fotografo e regista statunitense Bruce Weber gli ha dedicato un documentario, The Treasure of his Youth.
Dal 2015 mi dedico attivamente al progetto ArtPhotò con cui propongo, organizzo e curo eventi legati al mondo della fotografia intesa come linguaggio di comunicazione, espressione d’arte e occasione di dialogo e incontro. La passione verso la fotografia si unisce ad una ventennale esperienza, prima nel marketing L’Oreal e poi in Lavazza come responsabile della comunicazione, di grandi progetti internazionali: dalla nascita della campagna pubblicitaria Paradiso di Lavazza nel 1995 alla progettazione, gestione e divulgazione delle edizioni dei calendari in bianco e nero con i più autorevoli fotografi della scena mondiale fra cui Helmut Newton, Ferdinando Scianna, Albert Watson, Ellen von Hunwerth, Marino Parisotto, Elliott Erwitt e i più famosi fotografi dell’agenzia Magnum.
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