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Leni Riefenstahl (“Era carina come una svastica”, diceva…) – Parte IV

di Pino Bertelli

Nelle archiviazioni della Shoah, ci sono molte fotografie che ritraggono la Riefenstahl felice e orgogliosa accanto a Hitler, Goebbels e generali con la faccia da “padri di famiglia”… nelle loro scampagnate estive forse non discutevano solo delle prossime grandezze della cinematografia tedesca ma anche delle nefandezze legate allo sterminio degli ebrei, zingari, omosessuali, handicappati, matti o sovversivi contrari al regime. Perfino gli esperantisti furono bruciati con le loro utopie egualitarie fondate su una lingua comune a tutti gli uomini… le loro persecuzioni proseguirono anche sotto Stalin, poiché la Lingua Internazionale Esperanto era considerata (e lo è ancora) una irriverente figlia illegittima fra le lingue… la lingua pericolosa inventata dall’ebreo russo Ludwik Lejzer (Łazarz) Zamenhof, intendeva educare le genti verso una solidarietà universale fuori dalle ideologie, i credi e le manovre elettorali dei governi… gli esperantisti furono fatti oggetto del carcere, lavori forzati, esilio coatto e la morte perché portavano in sorte la grande speranza insita nella capacità degli uomini a costruire un avvenire di pace e armonia tra i popoli[1].

Il nuovo, il diverso o il bello che contiene il giusto è situato sempre fuori dalla sociocrazia del possesso… come dicono certi buddisti, la coltivazione dell’intelletto è un problema culturale, deve essere appreso e per contrastare l’avidità e l’ignoranza delle convinzioni politiche e delle convenienze dei governati, dev’essere praticato. “Lo spettacolo di un’élite efficiente che mantiene l’autorità e fa valere la propria volontà sulla massa con l’uso razionalmente calcolato di metodi irrazionali di persuasione è l’incubo più inquietante di una democrazia di massa (Suzanne Keller)[2]. Ecco perché tutte le forme di dominio dell’uomo sull’uomo tendono a possedere l’immaginazione sociale… la catechizzazione delle masse alla politica del momento comincia col dogmatismo del grande inquisitore e le ceneri che si porta dietro per mantenere inalterato l’apparato della società conservatrice e guerrafondaia sul quale ha eretto i propri funesti splendori!

Chiunque si attribuisce il destino di un popolo, ingrandisce il proprio delirio o finge di crederci… si è potuto dire che Hitler — come Mussolini, Stalin, Franco, Mao Tse-tung o Castro — hanno fatto anche “cose belle”… andatelo a dire ai milioni di morti che hanno provocato con la prolissità e l’improprietà dei loro ingannevoli discorsi… se esaminiamo la storia e confrontiamo i nobili scopi in nome dei quali i rivoluzionari sono partiti e la miseria alla fine cui sono giunti, vediamo ancora una volta come una civiltà corrotta corrompa la sua stessa progenie rivoluzionaria, Arthur Koestler, diceva da qualche parte… non ci può essere nessuna rivoluzione se non quella che chiede la fine di ogni tirannia e attraverso la burrasca libertaria porta a costruzioni di valori e trasformazioni strutturali, radicali, amorose di una società libera[3]. La Shoah non ha rappresentato soltanto il genocidio degli ebrei d’Europa, è stata anche una “pulizia etnica” che prevedeva la fine materiale di ogni diversità.

[1] Ulrich Lins, La lingua pericolosa. Storia delle persecuzioni contro l’esperanto sotto Hitler e Stalin, Traccedizioni, 1990

[2] Dayle M. Bethel, La creazione di valore. Vita e pensiero di Tsunesaburo Makiguchi, Esperia, 2028

[3] Pietro Kropotkine, Lo specchio della grande rivoluzione, Casa Editrice Vitagliano, 1920

La sola colpa della Riefenstahl non è stata quella di appoggiare con la sua persona e con i suoi film un manipolo di assassini, ma di avere taciuto gli eccidi di massa degli ebrei e l’annientamento di tutti quelli che esprimevano il dissenso contro Hitler o, più semplicemente, non erano “ariani”, cioè “perfetti”. Nel 1940, per realizzare Tiefland (Terra bassa o Bassopiano), tratto da una sceneggiatura alla quale lavorava sin dal 1934… la giovane regista del Reich, in accordo con le SS, si pregia di usare come comparse decine di rom e sinti provenienti dai campi di concentramento di Maxlan-Leopoldskron e di Marzahn… alla fine delle riprese furono inviati ad Auschwitz e in altri campi di sterminio, si vede perché avevano recitato male[1].

Tiefland fu accantonato a causa della guerra in corso, nel 1954 la Riefenstahl riprende il materiale girato e fa uscire questa storia d’amore in salsa bucolica… lei si ritaglia la parte di Marta, una pastorella che danza allegramente ed è sensibile verso i più poveri… gli intrighi amorosi si fanno complicati… il marchese Don Sebastiano si sposa con Amelia ma è innamorato perdutamente di Marta e la circuisce… il suo bracciante Pedro riceve l’amore di Marta, affronta il marchese e lo strangola… l’idillio di Pedro e Marta s’illumina di felicità in una capanna sui Pirenei tra ruscelli, pecore e uccellini… Fine. Lasciamo ai salassati di sospiri cantarne le lodi o all’ultimo dei rimbambiti gestirne le facezie… meglio abbandonarci a tutte le ribellioni dove un solo istante, diceva una buddhista di malinconica bellezza, vale diecimila anni.

Il film che la Riefenstahl ha tanto voluto… è un come un patronato della Provvidenza nazista… dove eroi ed eroine incarnano il senso della fatalità e i figuranti (rom e sinti poi bruciati nei forni) si abbandonano a smarrimenti o terrori nemmeno eleganti. Tacere il dolore di un popolo significa erigere la forca del boia. Il nazi-fascismo (come il cristianesimo, l’islamismo, l’ebraismo o il comunismo) ha insegnato ad abbassare gli occhi, affinché l’obbedienza diventi il primo passo verso la sottomissione e renda gli individui mansueti e schiavi. In un tempo in cui tutti fornicavano con tutti, i figli di puttana come la Riefenstahl si votavano alla genuflessione e ai vaneggiamenti da commediante che sconcerta per meglio onorare la soggezione a Hitler. “Per quanto sublime possa essere l’arte di dimenticare, noi non possiamo praticarla” (Gershom G. Scholem). Le guerre le inventano un grumo d’imbecilli e le subiscono i popoli, sempre. Chi non ha fame d’amore è assetato di anime morte. Degli orrori di Stato (di sempre) son piene le fosse.

Nel 1935 vennero promulgate le leggi razziali antisemite e la Riefenstahl è pronta  a girare Il giorno della libertà… la regista in camicia bruna mette in scena una finta battaglia delle truppe tedesche… i soldati che fanno il bidè (scherzo), le tendopoli, le marce, i canti della fanteria, cavalleria inondano le piazze di Norimberga… ci sono anche gli aeroplani, i cannoni, i carri armati… i protagonisti sono Adolf Hitler, Hermann Göring, Rudolf Hess, Heinrich Himmler… il film si conclude, come è noto, col montaggio di bandiere naziste sulle note del “Deutschlandlied”[2] e un’inquadratura di biplani da combattimento che volano nel cielo in formazione di svastica.

[1] https://www.ilpost.it/2016/08/15/olympia-leni-riefenstahl-olimpiadi/

[2] Il “Deutschlandlied” (“Canzone della Germania”) o “Das Lied der Deutschen” (“La canzone dei tedeschi”), è stato l’inno nazionale della Germania dal 1922, dopo la sconfitta tedesca, la “nuova Germania” usa solo la terza strofa per le nuove esibizioni istituzionali: “Unità, giustizia e libertà”… c’è da ridere o di che vomitare! La musica di “Deutschlandlied” è stata composta nel 1797 dall’austriaco Franz Joseph Haydn (amico e frequentatore della medesima loggia massonica di Mozart), per il compleanno dell’imperatore dell’ultimo Sacro Romano Impero, Francesco II… poi re d’Ungheria, Croazia, Boemia, non si fece mancare perfino la presidenza della Confederazione tedesca…. si distinse come abile repressore del dissenso al suono del minuetto. Il testo è stato preso dal poeta progressista tedesco, August Heinrich Hoffmann, nel 1841. I “compagni” della Germania Est adottarono l’inno “Auferstanden aus Ruinen” (“Risorto dalle rovine”) scritto nel 1949 dal poeta Hanns Eisler (poi ministro della cultura della Germania orientale), sulla musica di Hanns Eisler. Questo canto “meraviglioso” ha accompagnato le meravigliose uccisioni, torture, ammazzamenti del “comunismo reale” fino alla caduta del muro di Berlino (1989). I filispinati, i muri e i tiranni crollano sempre troppo tardi.

Il Dio-Hitler è condito a puntino! Sublimato nella rigenerazione dello stupore arcaico! Il miracolo che concilia Dio e Popolo nel grossolano e nel terribile!

Qui la tecnica filmica della Riefenstahl s’ammanta di figurazioni nazional-popolari a sostegno di un universo antisemita… i biondi germanici sono parte delle armi che impugnano e le bocche dei cannoni è la sutura tra le grida di Hitler e la loro pretesa invincibilità. Si vede… non c’è sequenza dove la Riefenstahl non faccia presentire la sua euforia o soggezione al tiranno… e sa bene che l’ortodossia politica, religiosa o militare postula o impone uno stile, quello che regola e fiancheggia l’ingerenza criminale che lo confina nella mistica dell’illusione. In un’epoca in cui l’universalità di facciata unifica la religione del potere con la religione dell’arte e ne traduce tutti gli aspetti seduttivi, quanto menzogneri… i prodotti che smercia come dispositivi del rigore, della morale e della vitalità, contengono anche il grado esatto della sua agonia.

Plagiare Cristo, il più alto degli impostori, è difficile, specie quando i sermoni e i trattati sono avvalorati dai forni crematori costruiti con il buon acciaio germanico… ci vuole altro per raggiungere la stessa protervia assassina delle chiese… il lato geniale delle religioni è la pretesa di inanellare sottomissioni, obbedienze, confessioni, è vero… ma almeno inculano i fedeli col Paradiso… è una questione di stile… e re, generali o tiranni non ne hanno mai avuto di stile… ammazzano con quella disinvoltura propria agli assassini di secondo grado… tutto istinto, niente riflessione… non si può diventare santi senza almeno tentare di elevarsi sopra la preghiera e coprire di sputi anche i propri adoratori… ecco perché gli eresiarchi sono stati tutti arrostiti sui roghi o tagliato la lingua… perché non volevano diventare santi! Dietro il santo si cela sempre il macellaio in odore di santità! Almeno così ci è sembrato di capire attraverso le pagine di Shakespeare, Cervantes o Rabelais… filosofi inadeguati a masticare preghiere raccomandate… sapevano che chi si impone con la forza — l’autorevolezza è una maestria che non fa proseliti, ma fratellanza —, poi degenera e finisce in caricatura, e lasciano alla storia il marchio malefico della loro non-umanità.

I Giochi della XI Olimpiade di Berlino del 1936, permettono alla Riefenstahl di realizzare una maestosa, quanto ingombrante opera filo-nazista, Olympia (Olympia: Fest der Völker, 1938). I temi sono i medesimi degli altri film… masse smisurate, esaltazione dei corpi, inquadrature ricercate, montaggio lirico, in più c’è la bellezza dell’agonismo sportivo e la musica travolgente che incastona tutto in un eserciziario filmico di notevole presa visiva… gli aspetti meritori, benevoli, presentabili della “nuova Germania” ci sono tutti… le persecuzioni antisemite vengono per il momento sospese o eseguite in ambienti più periferici… il mondo guarda le bandiere di Hitler con qualche perplessità o temuta riverenza… Hitler appare come un condottiero impenetrabile… tutt’intorno è costruito per l’illuminazione del capo! Fa la sua figura anche il principe Umberto di Savoia che fa un bel saluto fascista alla squadra italiana, la quale risponde con pronta determinazione. Ci sono atleti che vincono e si commuovono nel saluto nazista, e qualcuno, come il negro James Cleveland Owens), che stacca un sorriso a Hitler e si porta a casa 4 medaglie d’oro. Con quelle vittorie l’afro-americano Owens mostrò al mondo di superare le barriere del razzismo, della segregazione e del bigottismo… anche se nel suo Paese i diritti civili non cessarono di essere calpestati! Il prestigio dell’eroe dura più a lungo se è di pelle bianca! Va detto. Le medaglie d’oro delle olimpiadi berlinesi sembrano contare molto… una di quelle di Owens è stata battuta all’asta al milionario Ronald Burkle per 1,4 milioni di dollari… le malelingue dicono che ci ha fatto il collare per il suo cane Lassie, altri più benevoli affermano che l’ha messa sotto vetro tra l’immagine di Wall Street e la bandiera a stelle e strisce… con l’amico di Bill Clinton, Ron (come lo chiamano gli amici che si facevano ragazzine sotto i 14 anni) organizzava viaggi umanitari in Africa col jet personale di Jeffrey Epstein, il Lolita Express, che è tutto nel nome. L’adulazione fa di una marionetta un mito… di tutte le calunnie la peggiore è quella che sollazza la sussistenza di un criminale e ne fa un missionario o un benefattore che sopravvive alla propria farsa! “La vigliaccheria di annoverarsi tra gli eletti”, Cioran, diceva… li predestina a supplementi di schifezze che solo l’indolenza delle folle sui divani richiede… lo snobismo, del resto, è il ricettacolo di una nevrosi collettiva senza rimorsi… è il lettino dello psicoanalista, le statistiche del sociologo o i piani guerrafondai del finanziere che creano la politica dei governi e, insieme alla polizia, s’accordano sulla filosofia del pidocchio… quella della fraseologia del terrore che schiaccia l’irriverenza del pidocchio che si portano addosso (di là a quale popolo appartengano) i dissennati, i diversi, i “quasi adatti” della bellezza infranta.

Epstein è il finanziere ebreo americano condannato per abusi sessuali e traffico internazionale di minorenni, arrestato il 6 luglio 2019, ed è stato trovato morto nella sua cella al Metropolitan Correctional Center di New York il 10 agosto 2019. Quella notte le telecamere del carcere di massima sicurezza non funzionarono… le guardie si erano addormentate… il direttore del carcere s’affrettò ad affermare che era stato un suicidio… il medico legale confermò il suicidio ma l’autopsia sul prigioniero disse che la morte era sopravvenuta per una forte aggressione e prolungate contusioni. Lo piansero tutti… da Donald Trump ai regali d’Inghilterra (il principe Andrea, il secondo maschio della Regina Elisabetta II, in modo particolare), dai gangster della Borsa di New York a divi del cinema come Kevin Spacey… i milioni di dollari della sua eredità sono finiti in un fondo nei paradisi fiscali con i quali operava i suoi raggiri… insegnava economia senza laurea, elargiva donazioni milionarie alla politica (democratica e repubblicana) e come filantropo appoggiava la scienza d’avanguardia (crionica e del transumanesimo), quanto al mercato delle armi (sempre affluente in Arabia Saudita e in Siria). Alla sua morte avrebbe chiesto il congelamento del pene e della testa! Ma non è stato così!

Il cacciatore di taglie, così chiamavano Epstein a Wall Street… è stato abbandonato da tutti, politici e finanzieri, puttane d’alto bordo e accademici di Harvad, e anche Steven Hoffenberg, imprenditore ebreo della Towers Financial Corporation, condannato a 20 anni di carcere per aver sottratto agli investitori 475 milioni di dollari… coinvolto in crimini finanziari e sessuali con Epstein, lo ha definito l’“architetto della truffa”! I servizi segreti americani hanno inquisito e tollerato le frodi miliardarie della  J. Epstein & Company… e ci sono voluti anni di inchieste federali e le testimonianze coraggiose di molte ragazzine fatte prostituire da Epstein per sbatterlo in galera col suo pene e la sua testa.

Gli spossessati della Rete possono seguire le gesta demiurgiche di Epstein nella serie HBO, Sony Pictures Television, CBS, Netflix o la miniserie Surviving Jeffrey Epstein (2020) di Anne Sundberg e Ricki Stern… all’industria dello spettacolo importa poco se si tratta di un malato di mente, un criminale  o  un abile truffatore finanziario… ciò che vale è agganciare gli spettatori e affossarli nella simulazione del “sogno americano”, dove far credere che anche l’ultimo babbeo può addivenire uomo di potere e fare della brutalità, dell’intolleranza e della venerazione, un impero del male. Finiamola qui. I relitti di tristezza ci precipitano verso quei supplementi di violenza che a volte occorrono per difendersi dalla brutalità istituzionale. Il giardino incantato dei potenti, contiene spesso i sepolcri dei loro successi! Gli assassini si rifugiano nella crudeltà per sfuggire alla paura della propria modestia… come i potenti della storia, presentivano che sarebbero stati assassinati, ed è per questo che si davano al massacro! Hitler ne è l’esempio più fulgido!… è la commistione fra l’imbecille e il santo che ci disgusta, quanto ci deprime l’ardore di un’intera nazione per il suo profeta.

[Continua…]

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