Ciao Francesco, Massimo e Martina…
per Francesco, che sorride con amorevolezza alle mie insolenti storielle…ho fatto un sogno… ero tra mucchi di cadaveri di Buchenwald, li lavavo con grazia e facevo le bolle che si alzavano in cielo… e loro riprendevano a vivere… cazzo ho detto, ci vuole poco a diventare Dio e fare miracoli… basta un po’ di sapone e farci le bolle sfumate di blu… poi sono arrivati una turba di fotografi e hanno cominciato a mitragliare i miracolati e sono morti di nuovo… qui mi sono incazzato… ma come, ho detto… c’è voluto un quintale di sapone e mille bolle blu per lavarli e farli tornare a vivere e voi me li avete ammazzati di nuovo… ma che si fa così?… allora ho impugnato una pala ancora sporca di sangue ed ho cominciato ha dare palate di qui e palate di là… ed ecco che è arrivata Marilyn Monroe… le labbra rosso fuoco, tutta vestita di bianco… svolazzava su un forno crematorio e il vestito le s’è alzato quando ho aperto una camera a gas… ha preso a cantare, le si è slacciata una spallina del vestito ed ha continuato a cantare My Heart Belongs to Daddy con la sensualità di una bambina capricciosa… mi è passato un brivido addosso e centinaia di uomini e donne massacrati sono volati via nelle bolle di sapone… anche lei è svanita nel cielo colore viola, tra un’altalena di nuvole mai viste e un arcobaleno d’infinite bellezze… cazzo! Sono rimasto solo, lì sul ciglio delle fosse comuni, vuote… a giocare a carte con Nietzsche, un po’ bevuto di laudano… (o forse era Cioran, il maledetto) che mi ha detto: “Avendo rinunciato alla santità, non dispero di trovarla nell’assassinio di un tiranno, o forse è meglio fare il fotografo e cercare la bellezza là dove la giustizia viene calpestata“. Di lì a poco sono arrivati gli Alleati e hanno cominciato a ballare un indiavolato boogie-woogie… “Non so ballare, ballo solo con me e nella mia tana“, ho detto… mi hanno subito imbarcato su una jeep e rinchiuso in ospedale per ritardati mentali… ma questi sono rimbecilliti… ma come non vedono che è sempre quello contro cui sputare a qualificarci? C’era anche Dostoevskij lì… che scriveva Memorie dal sottosuolo… “Non ci badare“, mi ha detto, “a che serve agitarsi tanto, quando basta uno smartphone a cambiare il mondo“. Non ci ho capito nulla ma qualcosa voleva pur dire quella frase… così per darmi un tono da allievo prediletto ho risposto: “La Genesi e l’Apocalisse sono figlie della medesima impostura“… lui si è messo a ridere e il sogno è svanito mentre il mio gatto nero Zorba mi leccava il muso…
così mi sono messo a lavorare su un fotografo non proprio eccelso che ha fatto un pugno di fotografie in clandestinità nel campo di sterminio di Buchenwald… Georges Angéli…e riflettevo che il mio errare nella fotografia della Shoah veleggia fra confessioni e anatemi… lavorare sulla storiografia accertata e accettata infatti mi sembra una mancanza di gusto sacrale verso le vittime dei campi di sterminio nazisti, naturalmente non solo riguardo agli ebrei ma anche omosessuali, svantaggiati, rom, folli, dissidenti d’ogni ragione che hanno lottato e lottano per amore dell’uomo verso l’intera umanità…
allora mi sono addentrato in immagini, film, documentari, cinegiornali per cercare di capire gli inclassificabili quanto i predicatori della fotografia dispensata nei manuali di sociologia dell’immagine…e di quelli che sfuggono alla storiografia importante e paludata di Life o della Magnum… dicevo… un fotografo non può parlare se non di ciò che prova il suo sguardo o la sua anima in volo che attraversa cieli inadempienti…
il resto sono chiacchiere che riguardano il profitto, il consenso o la celebrazione della propria immagine occasionale…
ho sempre diffidato di Freud, poiché tutti i sogni spiegati da Freud li ho ritrovati fotografati nei reportage di guerra o nei calendari Pirelli… anche nei premi internazionali…però la responsabilità della mia considerevole follia non è un’eredità di mio padre o di mia madre, ma dell’incapacità di me stesso a non riuscire a comprendere che dietro ogni fotografo si cela una sorta di assassino di secondo grado, nemmeno galante… che ucciderebbe la propria madre, figuriamoci un bambino nero alla deriva nel Mediterraneo, per ascendere al pulpito dei maestri di qualsiasi dispensa fotografica…
quando si tratta di insegnare la fotografia poi ecco che scatta la parola “Bellezza”! “La mia arte”! “Educazione all’immagine”! Boh… non so… la stupidità non delude mai!
La fotografia, come ogni arte autentica, non si può insegnare, si trova nella strada…. è già tutto lì, diceva il boia di Londra!
La sola cosa che possiamo fare per parlare di fotografia è disimparare il linguaggio fotografico e aiutare a riflettere su ciò che ci sta intorno…
La filosofia della fotografia è finita quando solo i suoi mentori si sforzano di preservarne i profitti.
Il trionfo illimitato dell’industria culturale fotografica mi piace, molto, perché conserva l’odore di carogna dei ciarlatani che trionfano in tutti campi del sapere…e mi viene da osservare fortemente che il confine tra il cretinismo e il genio è davvero labile… ecco perché sto bene in compagnia solo con gli illetterati che non si considerano né geni né cretini.
Tutto qui… ciao Amico mio, ti abbraccio forte con chi ami e chi ti ama, Pinocchio.
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