Il marchio delle dittature o delle grandi potenze moderne è sempre quello di Caino… lo sterminio delle differenze… e non cambiano nemmeno i mezzi… sono solo più sofisticati… ieri il fucile e la ghigliottina, oggi le bombe e l’economia di guerra. Anche i capi della rivoluzione d’Ottobre hanno subito mostrato che il comunismo poggiava sull’intimidazione e lo scempio dei popoli che non vogliono servire né essere schiavi di un’ideologia, una fede o una razza… Lenin, Trotsky e il comandante dell’Armata Rossa Michail Tuchačevskij, furono i repressori della rivolta di Kronštadt (1921), una città fortificata sull’isola di Kotlin. Gli insorti chiedevano “Tutto il potere ai soviet, non hai partiti”! Proclamarono la Repubblica libertaria di Kronštadt e dopo feroci combattimenti, i soldati di Tuchačevskij spararono su migliaia di marinai, cittadini e processarono i prigionieri a lunghe pene da scontare nei gulag siberiani… la Rivoluzione d’Ottobre del ’17 finiva qui. Il comunismo al governo mostrava la sua vera faccia. Quella di un’oligarchia che manterrà il potere attraverso eccidi e orrori che fanno rabbrividire quanto quelli del nazismo.
Di che pasta d’assassini erano fatti i bolscevichi s’era già vista… quando Nestor Machno (un contadino illetterato) si contrappose a Lenin sull’edificazione della società libertaria autogestita in Ucraina, fuori dal bolscevismo… dopo il trattato di Brest-Litovsk (3 marzo 1918) tra Lenin e gli imperi centrali (Germania e Austria-Ungheria, Impero Ottomano e Bulgaria), la Russia esce dalla prima guerra mondiale e cede l’Ucraina (oltre Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia). I “machnovisti” si armarono contro gli invasori austro-germanici, la bor ghesia feudale, russi bianchi e bolscevichi… la Machnovščina (l’Esercito Insorto d’Ucraina, chiamato anche Esercito Nero) difese il paese in quattro anni di guerra civile e dopo alcune vittorie, i 150.000 soldati dell’Armata Rossa, sotto il comando di Trotsky, fecero stragi di contadini, operai, insorti… e misero fine alla Rivoluzione libertaria ucraina. Nestor Machno, ferito, sfregiato, affetto da tubercolosi, braccato come un delinquente, e non come un rivoluzionario del comunismo-anarchico, riesce a fuggire in Francia, dove muore in povertà la notte tra il 24 e 25 luglio 1934. A un certo grado di libertà ogni potere diventa indecente. Le imprese insurrezionali di Machno si affiancano alla memoria di Sante Caserio (1872 – giustiziato nel 1894), Ravachol (1859 – giustiziato nel 1892), Emile Henry (1873 – giustiziato nel 1894)… non si tratta di martiri dell’anarchismo, ma di uomini che credevano nella libertà dell’umanità solo con l’abbattimento dei gioghi che li tengono a catena… gli uomini non saranno schiavi di nessuno, Mühsam diceva, quando capiranno che soltanto a partire dalla propria libertà interiore può nascere la libertà come principio sociale, e soltanto là dove nessuno vuole essere padrone di nessuno, si schiuderà la società dell’uguaglianza, della fraternità, della solidarietà e della libertà.
Lo spettacolo dell’ingiustizia è sempre sul ghigno dei potenti… i generali, i commedianti, i cortigiani e i popoli asserviti ai loro piccoli privilegi sono votati al prolungamento di un’agonia senza genio della distruzione umana… l’assassinio li rende vivi, come la pietà, forzati di mutamenti geopolitici che portano alla guerra, alla colonizzazione dei mercati, alla spartizione delle ricchezze del pianeta… sono i fautori del culto della cattività, della rapina, della violenza che anticipano i prodromi di una civiltà che muore nella sua inedia o nella sua rapacità.
Grande è la libertà nell’ora in cui l’uomo incontra se stesso sulle rovine rivendicate del potere e merita la ricompensa di un’altra vivenza, di un’altra armonia, di un’altra aurora di fraternità altrimenti conquistata.
Nel 1928 Mühsam scrive un testo teatrale potente, graffiante, coinvolgente, per nulla agio- grafico, su Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, anarchici, bruciati (innocenti) sulla sedia elettrica nel 1927. Qui Mühsam evita la cronaca, parla di verità e giustizia infrante… dell’impostura, della corruzione, dell’innocenza di un’idea d’amore e libertà… e della nausea del potere come coercizione sulle fragilità e diritti dell’uomo. La sua proficua collaborazione con il teatro radicale di Erwin Piscator (che intendeva risvegliare la coscienza politica dello spettatore), produsse in Mühsam idee feconde sul teatro sociale per il quale poi scrisse e fece da transito dal cabaret alle barricate. Non si accetta l’anarchia se non in piena coscienza né si coltiva un’idea d’amore, di pace e di bellezza se non si supera il presente e i suoi mali… Mühsam c’insegna che la degradazione della dignità viene dall’alto ed è lì che occorre piazzare le mine del pensiero anarchico per decretarne la fine.
Nel 1929 Mühsam denuncia pubblicamente l’alleanza tra il potere economico e il nascente nazionalsocialismo: “Le esperienze dimostrano chiaramente che i signori dell’industria, i quali hanno già finanziato le bande di Hitler, non si fanno eccessivi scrupoli nello scegliere i mezzi che meglio possono soddisfare i loro desideri […]. Essi si sentono legittimati a fa sì che l’ultimo decisivo passo per la costruzione della dittatura economica fascista non sia più com- promesso da una resistenza efficace”. Di lì a poco la Germania sarà percorsa da Pogrom, spoliazioni dei diritti e arresti di massa… il nazionalsocialismo diventa la fede in un sistema demoniaco e Hitler, il patrono dell’assassinio di massa, una divinità macabra che seppellirà il popolo tedesco sotto le macerie della storia.
Mühsam continua la sua opera sovversiva su riviste, giornali, incontri culturali e politici… sulla scorta degli studi su Michail Bakunin, Pëtr Kropotkin, Élisée Reclus e Landauer… pubblica nella rivista Fanal, La liberazione della società dallo Stato (1933) e apre una strada ver so l’anarchia dove l’uomo è responsabile di se stesso e della sua coscienza, responsabile dell’umanità che vede unita con se stesso e la sua coscienza. “Dal diritto, dice, si sviluppa l’uguaglianza del comunismo, dall’uguaglianza la libertà dell’anarchia”. Mühsam si fa portatore del pensiero libertario che spezza tutte le catene totalitarie e porta la morale, l’amici- zia, l’amore alle fondamenta della democrazia diretta e alla federazione dei popoli…. è un’utopia? e chi se ne frega…. preferiamo sognare e lottare per l’eguaglianza, la fraternità, la solidarietà, l’amore e vivere al di sopra dei governi, dei partiti, degli schemi precostituiti della civiltà dell’apparenza… che essere complici di governi, partiti, fedi che consolidano il loro potere sull’assenso dei citrulli e rafforzare i culti dei mercati che mortificano la dignità di tutti gli uomini… Voi potete scannare, depredare, convincere, convertire, illudere, distruggere, violentare… ma non col mio consenso! Di qualsiasi cosa tratti il Vostro vocabolario, la mia parola è no!
L’assassinio di Mühsam commesso dai nazisti non è stato però dimenticato e c’è un libro, scritto da Kreszentia (Zenzl) Elfinger (1884-1962), compagna/moglie di Mühsam, che lo racconta in tutti i suoi risvolti tragici. Qui riporta la testimonianza di un cittadino inglese, John Stone, delle pene subite dal poeta/filosofo da parte dei suoi aguzzini: « Il 9 luglio dopo che le S.S. ebbero occupato il campo, fu assassinato Erich Mühsam, poeta e scrittore assai noto. Il destino di quest’uomo altamente dotato fu un vero martirio che commuoverebbe profondamente l’umanità se le sue orribili sofferenze fossero conosciute. Ero insieme con lui già a Brandenburg e insieme fummo trasportati a Oranienburg. Questo “famigerato anarchico” era uno degli uomini più buoni e più nobili che abbia mai conosciuto. La stampa di tutto il mondo chiese spesso la sua liberazione, ma senza alcun risultato; sapeva egli stesso che non sarebbe mai uscito vivo dal campo di concentramento e ne parlava spesso, ma con una forza d’animo incomparabile seppe resistere alla tentazione di sopprimersi (mi diceva in una delle ultime sere che gli parlai che se avessimo sentito che si era suicidato non avremmo dovuto prestarvi fede) ». La narrazione della Elfinger è passionale, è il ritratto di un uomo in lotta contro i dispotismi della società e ne subisce l’oltraggio… più ancora, è il canto d’amore di un ribelle che ha fatto dell’anarchia il suo compimento.
L’anarchico Rudolf Rocker (esecutore testamentario di Mühsam) scrive nella biografia della Elfinger: “Dopo aver lottato strenuamente, ma invano per strappare dalle mani dei nazisti il suo compagno, all’inizio del 1935 dà alle stampe la prima edizione del pamphlet nel quale ne denuncia l’assassinio. Nello stesso anno fugge dalla Germania per liberarsi dalle persecuzioni dei nazisti, rifugiandosi prima a Praga poi in Russia, dove verrà più volte arrestata come «controrivoluzionaria» e deportata in un campo di concentramento da dove sarà liberata solo nel 1946. Nel 1955 le verrà concesso di tornare « coattivamente » in Germania; si stabilirà a Berlino est con l’impegno però di non divulgare notizie contrarie al regime sovietico”. Nel 1956 il Maxim Gorky Literature Institute di Mosca consegna all’Accademia delle Arti di Ber- lino Est, 94.000 pagine microfilmate dell’archivio letterario di Mühsam… il governo della Repubblica Democratica Tedesca promuove celebrazioni, assoluzioni, riabilitazioni… ma le storie di Erich Mühsam e Kreszentia (Zenzl) Elfinger, sono lì a testimoniare le angherie del nazionalsocialismo e del bolscevismo… e mostrano in tutta la loro bellezza etica, il pensiero lustrale dell’anarchismo.
Nel 1920, dalla prigione di Ensbach, Mühsam aveva scritto un messaggio ai popoli oppressi che resta inciso a fuoco nelle teste e nei cuori degli uomini in libertà: “Popoli, sollevatevi e combattete per gli eterni diritti,/Combattete e conquistate la libertà per la stirpe umana!/Il tempo è maturo. Popoli, levati a contesa,/Non perdonate né a servi né a padroni!/Fratelli lavoratori, riunite le vostre forze in comune!/La vostra unità fa giustizia del potere dei tiranni./Precipitatelo nella oscura notte! Orsù radunate la vostra energia,/Costruite, proletari, la Comunità delle Nazioni/In piena solidarietà, distruggete la falsa Lega./Costruitevi un mondo che nessuna discordia laceri,/Fatevi regnare la pace./Ponete fine alla guerra, alla rapina e all’orrore!/Eguaglianza ai popoli e alle razze, agli uomini e alle donne!/L’eguaglianza sublima il lavoro, l’eguaglianza abbellisce/E a voi edificherà la libertà”. La causa del popolo silenziato, della gente povera, dei miserabili senza scampo, paralizzati dalla mancanza di conoscenza… sono sempre da preferire alle cornamuse dell’inumano che li amministra, li fagocita alla guerra, li uccide e li sprofonda nella rassegnazione… e comunque sia è sempre meglio stare dalla parte del mutualismo, del federalismo, della cooperazione e del mutuo appoggio… e combattere con qualsiasi mezzo, anche il più spregiudicato, il mantenimento della schiavitù, per raggiungere un umanesimo della gioia. (Continua…)
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Pino Bertelli è nato in una città-fabbrica della Toscana, tra Il mio corpo ti scalderà e Roma città aperta. Dottore in niente, fotografo di strada, film-maker, critico di cinema e fotografia. I suoi lavori sono affabulati su tematiche della diversità, dell’emarginazione, dell’accoglienza, della migrazione, della libertà, dell’amore dell’uomo per l’uomo come utopia possibile. È uno dei punti centrali della critica radicale neo-situazionista italiana.
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