Questo scritto è dedicato a quei ragazzi di strada che ho conosciuto bene e si sono persi ai quattro venti della terra o sono volati nella vita sognata degli angeli… avevano i pantaloni corti con le toppe, una bretella di traverso e rubavano i baci al profumo di tiglio…!
…e a un poeta che un’estate degli anni ’50 mi fece comprendere che l’amore è nella strada e solo l’amore aiuta gli uomini e le donne a essere un po’ meno soli… per l’amore come per la libertà non ci sono catene… si chiamava Pier Paolo Pasolini.
“Io stavo seduto alla punta della ferrovia vide arrivare una famiglia di forestieri che parlavano fra di loro, chiamarono dei facchini, allora rispose io brave gente mi fate il faore di chiamarmi a me in vece di chiamare i facchini perché io ho più fame gli altri perché nessuno mi vuole allora dissero i forestieri fai due o tre capovolte io le feci e mi dietero due lire poi dissero tutti siete porci voi napoletani io rispose voi vene abbusate che io non ho mezi di vivere altrimenti io fossi meglio di voialtri ma perora io non sono porco ma siete voialtri che prima ci fate fare le capovolte e poi ci chiamate porci ma ricordatevi che io sono buono di farmi voler bene da tutti. Voi che siete signori io mi levo il berretto ma per indeligeza son meglio di voi avete capito? Scusatemi gentilissima signora Civita io ringrazio tutti i superiori che mi hanno portato a questo stato ma io son piccolino e all’evolte fo delle piccole manganze ma però il signor Comandante mi rimprovera per farmi venire su buono. La cara signora Civita che se ne affliggi di me e tanto se ne cura da che io ero analfabeta ora scrivo da per me solo senza che nessuno mi díce níente e io lo devo tutto a lei che mi aiuta o come mia vera madre. La sera quando vado in branda penso quando i forestieri mi facevano fare le capriole ma io adesso vorrei vedere quel forestiere che mi chiamava porco in vece adesso vade vestito meglio di loro da marinaio Italiano e oppure un paio di scarpe nnere. Io ringrazio pure il reverente Viggiani che mi ha fatto venire. Se pure mi mandano in guerra io muoio col nome della mia cara signora Civita e col nome della patria e viva l’Italia”.
Lastro Raffaele, caracciolino
I. LA NAVE-ASILO CARACCIOLO
La fotografia muore di fotografia, perché l’umanità è guardata sempre (o quasi) attraverso la propria ignoranza e la propria paura. La sola fotografia buona, è quella che possiamo vedere due volte, senza bruciarla. Il mercimonio di ogni arte bruttura l’uomo e lo rende prono a ogni potere. Una storia e coscienza di classe (György Lukács)1 della fotografia non c’è stata e tutti i luoghi di marginalizzazione forzata (ghetti, carceri, manicomi, campi di sterminio, periferie invisibili delle città…) entrano nella schedografia fotografica ma raramente sono studiati a fondo, quando non indicati come “modelli” da superare… la fotografia di strada è un atlante di conoscenze che vanno ben oltre le immagini scippate alla vita quotidiana… è il superamento della logica economica mercantile della moda, della guerra, dell’avanguardia… come strumenti invasivi e persuasivi della società dello spettacolo che accede a statuto di sovranità assoluta e deplora o punisce chi diserta o disobbedisce alle regole imposte.”Lo spettacolo è un rapporto sociale fra persone, mediato dalle immagini… lo spettacolo è il capitale a un tal grado di accumulazione che diventa immagine” (Guy Debord)2.
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Pino Bertelli è nato in una città-fabbrica della Toscana, tra Il mio corpo ti scalderà e Roma città aperta. Dottore in niente, fotografo di strada, film-maker, critico di cinema e fotografia. I suoi lavori sono affabulati su tematiche della diversità, dell’emarginazione, dell’accoglienza, della migrazione, della libertà, dell’amore dell’uomo per l’uomo come utopia possibile. È uno dei punti centrali della critica radicale neo-situazionista italiana.
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