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“7 Days of Garbage”, l’impressionante raccolta di rifiuti che produciamo nelle foto di Gregg Segal

di Alessandro Tarantino

Il tema ambientale, negli ultimi anni, è diventato il più discusso a livello globale. La spinta fornita dal movimento Fridays for Future di Greta Thunberg ha determinato un’attenzione particolare ai cambiamenti climatici e quindi alla cura del pianeta a partire dal basso. Sulla scia della sensibilizzazione montante da e verso la collettività e verso i governi, anche la fotografia ha offerto il suo contributo.

Tra quelli più interessanti, giunto già nel 2014, c’è il progetto di Gregg Segal che ha invitato diversi soggetti – single, famiglie, coppie – a posare nel loro giardino domestico in California accanto alla spazzatura che hanno prodotto in una settimana. Il risultato è impressionante, un pugno nello stomaco dato attraverso la fotografia del consumismo a scapito dell’ambiente.

 

In un istante, l’involucro di una caramella, un sacchetto di plastica della spesa, l’imballaggio dell’ultima consegna, viene usato e scartato. A casa, la spazzatura viene messa in sacchi della spazzatura e portata fuori sul marciapiede, raccolta dalla gestione dei rifiuti e spedita a unirsi agli altri 2,12 miliardi di tonnellate di rifiuti globali all’anno. Visibile al consumatore solo per un momento, gli effetti della spazzatura rimangono, potenzialmente per migliaia di anni. Si accumula nelle discariche, inquina i corsi d’acqua e costa al pianeta un danno incalcolabile e invisibile per produrre e poi smaltire. Secoli di danni accadono in un istante.

«L’idea – spiega Segal a LensCulture – era di rendere il problema del consumo e dello spreco difficile da ignorare personalizzandolo. Ho iniziato con amici, vicini, parenti e chiunque altro potessi convincere a conservare la loro spazzatura per una settimana. Ci si sdraiavano dentro e si facevano fotografare in modo da poter vedere la loro spazzatura molto chiaramente. Siamo diventati così immuni ai prodotti che consumiamo che mi sembrava qualcosa che dovevo fare. E fotografo anche la mia famiglia, perché non volevo dare l’impressione di puntare il dito contro tutti gli altri. Penso al consumatore come vittima e carnefice allo stesso tempo; siamo vittime dell’intero sistema in un modo in cui stiamo anche contribuendo a quello stesso problema».

Ma le parole, in questo caso, sono meno eloquenti delle immagini. E quelle realizzate da Segal, soprattutto se si fa caso ai dettagli, ai prodotti utilizzati solo per pochi minuti e poi gettati via, sono veramente impressionanti.

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