Cansu Yldiran è una fotografa 25enne che lavora ad Istanbul. I suoi lavori prendono spunto da esperienze personali e hanno come temi principali l’appartenenza e la discriminazione di classe, cultura, genere e identità sessuale: «Il motivo – spiega – è che, grazie alla struttura della Turchia, ho la possibilità di esplorare i valori dell’Est e dell’Ovest e di abbracciare uno stile di vita mescolandoli insieme. Ogni città in cui mi sono trasferita ha tradizioni, livelli di conservatorismo e concezioni differenti. Questa possibilità porta anche la sensazione di essere bloccato».
Dopo aver realizzato la serie “The Disposessed” – pubblicata su molti media di settore come come il British Journal of Photography, The Guardian, Dazed ed esposti anche in vari musei e festival di fotografia – ha approfondito le sue radici realizzando degli scatti a Trabzon, nella regione del Mar Nero in cui ha cercato di rivelare la disuguaglianza tra uomini e donne in questa società. Nel suo secondo lavoro, “Shelter”, ha lavorato su una parte della generazione Y a Istanbul colpita sia dall’occidentalizzazione che dall’atmosfera politica in Turchia. Mentre abbattevano tabù sessualmente e culturalmente, creando nuovi stili di vita e stabilendo spazi dove poter vivere liberamente, questi luoghi diventano anche i loro “rifugi”, l’area in cui erano esclusi dalla società: «Lavoro a questa serie dal 2015 – spiega Cansu -. Quando sono venuta a Istanbul per la mia formazione, ho iniziato questa serie di fotografie di giovani che venivano da tutta la Turchia a Istanbul. La geografia da cui provengo era considerata il ponte tra l’Oriente e l’Occidente. Ora è più mediorientale. Credo che questo sia stato innescato a causa del cambiamento del clima politico post-2000, nonché della guerra e della migrazione in Medio Oriente. Tutti questi cambiamenti hanno coinciso con lo sviluppo e l’autoesplorazione della Generazione Y di cui faccio parte. Poiché questa situazione influisce sugli spazi abitativi delle persone, ne risente anche il processo di sviluppo che attraversa la Generazione Y. Quelli che appartengono a questa generazione crescono in modo più conservatore nell’Anatolia centrale e orientale, mentre in Occidente va avanti tutta un’altra storia. L’Ovest del paese ha una popolazione diversificata a causa della pesante migrazione dall’Est causata dalla guerra e dai problemi economici. Alla fine questa situazione diventa un fattore importante nell’avere una crisi di identità per le persone della generazione Y in Occidente. Molte persone di culture e background diversi migrano nello stesso luogo a causa di diversi motivi sociali per cercare una nuova vita adattandosi ad esso. Portano con sé il proprio background e la propria cultura nel luogo in cui migrano. Formano una nuova vita con le persone con cui si sentono rilevanti in termini di mentalità, cultura e identità».
La scelta narrativa della fotografa, quindi, si è concentrata sui “rifugi” che i giovani della generazione Y si sono costruiti all’interno di una società sempre più conservatrice. Racconta così storie di gruppi che sono stati emarginati a causa delle loro identità sessuali e degli stili di vita.
La trasformazione politica in Turchia, accelerata dall’ascesa al potere di Erdogan sin dai primi anni 2000, ha portato questi gruppi e identità a rinchiudersi ulteriormente: «Sebbene le comunità in cui la Generazione Y si sente al sicuro forniscano uno spazio per far prosperare gli individui, lo stesso gli spazi sicuri diventano anche gabbie».
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Nato a Catanzaro nel 1984, è giornalista, fotografo e consulente di comunicazione. Attualmente collabora con Gazzetta del Sud e dirige il magazine della Camera di Commercio di Catanzaro CalabriaFocus.it. Nella sua fotografia ha introdotto gli elementi della professione giornalistica concentrandosi sul reportage (anche nelle cerimonie) e sulla narrazione per immagini della realtà. Alcuni suoi reportage sulla baraccopoli di Rosarno sono stati pubblicati dal Corriere della Sera.
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