Il confine non è altro che un punto di contatto con qualcosa di diverso da noi e dal nostro spazio, ciò che riteniamo irraggiungibile, perché pensiamo al confine nel suo atto di limitare.
La fotografia è il mezzo per arrivare al contatto poiché è come approcciare al prossimo: fotografare è sempre un tentativo di approccio tra il fotografo e il soggetto, il quale è espropriato da se stesso nel momento in cui diventa oggetto nelle mani del fotografo. È un’appropriazione e un possesso a senso unico.
Ma la fotografia non è solo oggettificazione e la pellicola, in particolare il fotogramma zero, ne è l’esempio: la luce che invade la pellicola fino a cancellare del tutto o quasi ciò che è impressionato, crea il punto di contatto, il confine tra la Fotografia e l’atto di fotografare.
Nonostante la scelta stilistica della bruciatura, che è di per sé un confine materico; il contenuto e i soggetti delineano altri confini dettati da vari temi, nello specifico da una tradizione popolare del mio paese di origine, Somma Vesuviana, situato alle pendici della montagna che affianca il Vesuvio, il Monte Somma.
In questo piccolo borgo ogni 4 anni si venera la vita e la morte in un evento chiamato Festa delle Lucerne. In questa ricorrenza ogni confine si annulla: la linea temporale del passato e presente viene
abolita, ritornando alle origini, alle tradizioni e alle gesta che vengono ripetute da sempre nello stesso luogo, dalla stessa gente. Un memoriale ma anche un invito a guardare la vita diversamente e simbolicamente poiché tutto è ciclico e tutto è forma, senza confini.
Chiara Di Mauro è una studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Napoli.
Per questo progetto ha usato le seguenti attrezzature: Pellicole Polaroid + Obiettivo SIRUI 35MM F1.8 Anamorphic lens 1.33X (MFT 4/3 MOUNT)+ SIRUI Obiettivo 24MM F2.8 Anamorphic Lens 1.33X (E-Mount)+ SYNCO D30 Microfono Shotgun a canna di fucile professionale
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