Soglie d’ombra
In questo progetto fotografia in bianco e nero e cinema muto di inizio ‘900 si incontrano. Più di un secolo fa, come successe ancora prima con la nascita della fotografia, l’essere umano ritenta l’impensabile con il cinema. Venne così creata la possibilità di imprigionare un dato momento e di renderlo ripetibile in un loop infinito. Registrando lo scorrere del tempo vengono catturati anche il movimento e le trasformazioni che porta con sé.
Anche se da un punto di vista prettamente tecnico il cinema nasce dalla fotografia, questi due linguaggi si mostrarono fin dalla loro prima diffusione in modi molto diversi. La fotografia nasce per mezzo della scrittura della luce e viene considerata portatrice di verità, il cinema invece, si allontana fin da subito da questo status entrando a fare parte del regno delle ombre, della finzione e della messa in scena, dichiarata e non.
Per realizzare questa serie di immagini ho catturato con il metodo fotografico di scrittura della luce i fotogrammi in movimento del film “The cameraman” (1928) ragionando principalmente sulla “traduzione”, intesa come trasferimento di informazioni dal linguaggio filmico a quello fotografico intessendo così nuove ed interessanti relazioni tra questi due linguaggi.
Il risultato consiste in una serie di immagini in bianco e nero realizzate con le tradizionali tecniche di stampa in camera oscura per mezzo di un videoproiettore. Concludo constatando di aver trovato in Keaton il perfetto compagno per questo viaggio. In quanto, come me, ha scelto di cimentarsi in qualcosa di completamente nuovo, ispirato dalla sua musa.
Realizzazione:
Dopo aver selezionato film degli anni ‘20, ho creato brevi loop video di 2 secondi partendo da alcune scene. Queste “GIF” sono state proiettate, tramite un proiettore video, su un foglio di carta fotosensibile imbevuto di liquido di sviluppo. Il processo seguente, ossia l’emergere dell’immagine dalla carta fotografica è stato ripreso da una fotocamera per ottenere alla fine del procedimento sia l’immagine appena fissata su carta che il video del processo.
In conclusione, l’estratto di un film creato con le prime cineprese va ad imprimersi tramite un videoproiettore moderno su un supporto fotosensibile, matrice da cui un tempo, entrambi questi linguaggi, sono nati. Con questa “traduzione” viene a crearsi un importante cortocircuito. Si realizza infatti un percorso a ritroso nel tempo delle diverse tappe evolutive di questi due differenti mezzi espressivi, che forse li porterà a ricongiungersi e a trasformarsi in qualcosa di nuovo.
Film da cui sono state recuperate le scene:
– Nanook of the north (Flaherty, 1922)
– Safety last! (Newmwyer e Taylor, 1923)
– Greed (Von Stroheim, 1924)
– L’ultima risata (Murnau, 1924)
– Il cameraman (Sedgwinck, 1928)
– Giovanna d’Arco (Dreyer, 1928)
– L’Atalante (Vigo, 1934)
Note tecniche: Erik Falchetti ha realizzato il suo lavoro con attrezzatura Panasonic (Lumix S1R + 24/105MM).
Erik Falchetti è uno studente della CFP Bauer di Milano.
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