Seppur di sentimento si tratta non è di quel sentimento che parliamo. Non sono mali del cuore, tragedie di coppia, ma bensì luoghi che furono abitati e non lo sono più.
Crea disorientamento vedere la vita dove ora non c’è, intuirne il passaggio, i gesti, le tracce.
Eppure era lì. Cataste di oggetti, sensazioni di vecchio ordine ora mutato in disordine insensato, la polvere del tempo che vince sulla resistenza del vento, l’opaco che assorbe il lucido.
L’abbandono ti porta anche a immaginare il film, le stanze vuote ma anche piene e inutilmente occupate, capita di focalizzarsi ricreando le figure che avrebbero potuto abitarvici, magari la signora elegante con i vestiti ingombranti e il signorotto con i baffi all’insù, il maggiordomo seguito da uno stuolo di camerieri, perché è vero che è marciume e decadimento, ma viene da immaginare un passato decoroso, anzi lussuoso.
Si chiama URBEX. Non lo sapevo lo confesso. E’ quella ricerca di fotografare luoghi abbandonati scoperti tramite consigli soffiati di orecchio in orecchio tra conoscenti, segreti al limiti del legale, un po’ come investigatori privati che vìolano le norme per poter arrivare a qualche scoperta incredibile, anziché la lente portano con sé la fotocamera.
Silvia Morigi è questo che fa. Il suo approccio con la fotografia nasce in maniera casuale verso i 20 anni quando inizia a lavorare per uno studio fotografico. Poi, nel corso della vita, la fotografia è stata accantonata e ripresa a momenti alterni, negli ultimi anni però è stata molto produttiva. Le ho chiesto come si è avvicinata alla fotografia “Urbex”, ha tentennato, non è sicura che ci siano motivi così affascinanti da riportare, di sicuro, mi accenna, ha nel suo vissuto molte situazioni turbolente, un tempo di ombre oscure fatto anche di abbandoni.
La cosa certa è che ama la decadenza, e su questo non ci piove. Però il ritrovarsi ad indagare nelle case abbandonate è stato assolutamente un approccio casuale seguendo degli amici, al momento le indagini restano congelate, più avanti forse le riprenderà.
Tra i vari aneddoti che decide di raccontare mi ha colpito molto la storia del senzatetto. Con una amica si stavano organizzando all’interno di una casa abbandonata per montare il cavalletto e posizionare la fotocamera, sentono un fruscio e un movimento oltre la porta, decidono di fare finta di nulla, tanto sarà un gatto, poi i rumori si avvicinano e si aggiunge anche un mormorio, giusto il tempo di voltarsi che dalla porta spunta un senzatetto con la classica faccia stralunata e gli indumenti vissuti, le guarda un po’, probabilmente incredulo che ci sia gente che venga a fotografare quei posti, e poi gentilmente, come se nulla fosse, chiede “Scusate, questa casa è troppo grande, non trovo l’uscita”. Rincuorate tirano un sospiro di sollievo ma nell’imbarazzo del momento indicano la strada sbagliata e così il clochard si ritrova in una cucina. Silvia poi aggiunge: “Eh, ma io ho il senso d’orientamento come quello di Ryoga (vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Ryoga_Hibiki )
E poi c’è la storia delle ossa. Le ha trovate nella casa del medico di Modena, erano già lì, dice, “mi sono fatta molte domande ma poi ho preferito non rispondermi”.
da qualche film horror, guardandole in silenzio si riescono a udire anche dei passi, lo scricchiolio del pavimento, il lacerarsi delle assi e poi venir su il timore di sprofondare in cantina o addirittura, di scorgere qualcosa muoversi dietro i libri. Non so se credere ai fantasmi ma di sicuro credo nella genuina inconsapevolezza di questa autrice che ha prodotto dei quadri magnifici lasciandosi guidare dall’istinto ancor prima che dall’esperienza. Dico genuina non a caso, perché quando l’ho incrociata sui social e le ho fatto i complimenti, è parsa sorpresa e quando le ho proposto di scrivere di lei, si è meravigliata, non ne capiva il motivo. E io ho apprezzato.
Le fotografie pubblicate sono tutte realizzate da Silvia Morigi e sono immagini di Villa Pavone (detta Villa del Medico) e della discoteca ristorante Michelangelo da Vinci, chiamata “Degli aerei”.
Silvia realizza le sue immagini in luce naturale, fotocamera su cavalletto, tempi di posa lunghi, tanta pazienza e….. scarpe da tennis per correre via in caso di presenze eteree.
Altre info:
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Adolfo Porry-Pastorel. Fotogiornalismo e piccioni viaggiatori
Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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