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URBEX – Il fascino dell’abbandono.

di Paolo Ranzani

Seppur di sentimento si tratta non è di quel sentimento che parliamo. Non sono mali del cuore, tragedie di coppia, ma bensì luoghi che furono abitati e non lo sono più.

Crea disorientamento vedere la vita dove ora non c’è, intuirne il passaggio, i gesti, le tracce.

Eppure era lì.  Cataste di oggetti, sensazioni di vecchio ordine ora mutato in disordine insensato, la polvere del tempo che vince sulla resistenza del vento, l’opaco che assorbe il lucido.

L’abbandono ti porta anche a immaginare il film, le stanze vuote ma anche piene e inutilmente occupate, capita di focalizzarsi ricreando le figure che avrebbero potuto abitarvici, magari la signora elegante con i vestiti ingombranti e il signorotto con i baffi all’insù, il maggiordomo seguito da uno stuolo di camerieri, perché è vero che è marciume e decadimento, ma viene da immaginare un passato decoroso, anzi lussuoso.

Si chiama URBEX. Non lo sapevo lo confesso. E’ quella ricerca di fotografare luoghi abbandonati scoperti tramite consigli soffiati di orecchio in orecchio tra conoscenti, segreti al limiti del legale, un po’ come investigatori privati che vìolano le norme per poter arrivare a qualche scoperta incredibile, anziché la lente portano con sé la fotocamera.

Silvia Morigi è questo che fa. Il suo approccio con la fotografia nasce in maniera casuale verso i 20 anni quando inizia a lavorare per uno studio fotografico. Poi, nel corso della vita, la fotografia è stata accantonata e ripresa a momenti alterni, negli ultimi anni però è stata molto produttiva. Le ho chiesto come si è avvicinata alla fotografia “Urbex”, ha tentennato, non è sicura che ci siano motivi così affascinanti da riportare, di sicuro, mi accenna, ha nel suo vissuto molte situazioni turbolente, un tempo di ombre oscure fatto anche di abbandoni.

La cosa certa è che ama la decadenza, e su questo non ci piove. Però il ritrovarsi ad indagare nelle case abbandonate è stato assolutamente un approccio casuale seguendo degli amici, al momento le indagini restano congelate, più avanti forse le riprenderà.

Tra i vari aneddoti che decide di raccontare mi ha colpito molto la storia del senzatetto. Con una amica si stavano organizzando all’interno di una casa abbandonata per montare il cavalletto e posizionare la fotocamera, sentono un fruscio e un movimento oltre la porta, decidono di fare finta di nulla, tanto sarà un gatto, poi i rumori si avvicinano e si aggiunge anche un mormorio, giusto il tempo di voltarsi che dalla porta spunta un senzatetto con la classica faccia stralunata e gli indumenti vissuti, le guarda un po’, probabilmente incredulo che ci sia gente che venga a fotografare quei posti, e poi gentilmente, come se nulla fosse, chiede “Scusate, questa casa è troppo grande, non trovo l’uscita”. Rincuorate tirano un sospiro di sollievo ma nell’imbarazzo del momento indicano la strada sbagliata e così il clochard si ritrova in una cucina. Silvia poi aggiunge: “Eh, ma io ho il senso d’orientamento come quello di Ryoga (vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Ryoga_Hibiki )

E poi c’è la storia delle ossa. Le ha trovate nella casa del medico di Modena, erano già lì, dice, “mi sono fatta molte domande ma poi ho preferito non rispondermi”.

E adesso vi invito a lasciarvi trasportare da queste scene surreali che sembrano tratte

da qualche film horror, guardandole in silenzio si riescono a udire anche dei passi, lo scricchiolio del pavimento, il lacerarsi delle assi e poi venir su il timore di sprofondare in cantina o addirittura, di scorgere qualcosa muoversi dietro i libri. Non so se credere ai fantasmi ma di sicuro credo nella genuina inconsapevolezza di questa autrice che ha prodotto dei quadri magnifici lasciandosi guidare dall’istinto ancor prima che dall’esperienza. Dico genuina non a caso, perché quando l’ho incrociata sui social e le ho fatto i complimenti, è parsa sorpresa e quando le ho proposto di scrivere di lei, si è meravigliata, non ne capiva il motivo. E io ho apprezzato.

Le fotografie pubblicate sono tutte realizzate da Silvia Morigi e sono immagini di Villa Pavone (detta Villa del Medico) e della discoteca ristorante Michelangelo da Vinci, chiamata “Degli aerei”.

Silvia realizza le sue immagini in luce naturale, fotocamera su cavalletto, tempi di posa lunghi, tanta pazienza e….. scarpe da tennis per correre via in caso di presenze eteree.

Altre info:

https://www.instagram.com/silvia.morigi

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