È stato presentato a Torino, ieri 6 maggio, negli spazi della galleria Riccardo Costantini Contemporary, il numero 6 del libro seriale Ghost dal titolo “La Bellezza Cambia il Mondo?” a cura di Riccardo Costantini. La raccolta fotografica, inizialmente concepita come progetto editoriale, diventa anche una mostra collettiva in presenza che avrà luogo fino al 5 giugno 2021. Gli artisti invitati sono: Ilaria Abbiento, Maura Banfo, Gianpiero Fanuli, Pierluigi Fresia, Patrizia Mussa, Claudio Orlandi, Giorgio Racca, Edoardo Romagnoli.
Osservando le fotografie di Claudio Orlandi è impossibile non cogliere la duplicità del risultato. Gli enormi teloni tecnici, distesi sui ghiacciai per preservarne la vita minacciata dalle radiazioni solari, sono la soluzione tardiva dell’umanità alla propria incuria per l’ambiente; il lavoro di Orlandi sembra voler documentare con i propri scatti questo tentativo di recupero. Eppure ciò che ci colpisce del suo lavoro è la capacità di rendere altrettanto bello ciò che è stato creato per tutelare quello che dalle immagini risulta a volte nascosto per essere protetto. Fotografie che assumono dinamiche astratte di incommensurabili sintesi e bellezza, particolari di magnifiche sculture involontarie. Sembra un paradosso eppure, con la visione dei suoi scatti, saremmo portati a implorare che ciò che è stato immortalato non venga rimosso.
Il mare è il soggetto delle fotografie di Ilaria Abbiento. Ilaria è napoletana e, come spesso succede per chi, come lei, è nata e vive in un luogo di mare, ha un rapporto quasi simbiotico e indissolubile con il paesaggio marino. Il lavoro della Abbiento rappresenta il mare nella sua maestosa e incommensurabile bellezza ma anche nella sua ingannevole pace. Le sue fotografie lo descrivono nella sua purezza, quasi come se volesse rimuovere quanto male gli esseri umani, con le proprie perniciose azioni, siano capaci di provocargli. Il suo profondo amore per il mare la porta a cercarlo ovunque, anche in immagini di particolari scovati sulla terra ferma che riescano semplicemente ad evocarlo. Risulterebbe comunque incompleto affermare che la Abbiento ami il mare; Ilaria è capace di raccontarlo così bene perché gli appartiene.
Maura Banfo, con il progetto “Esercizi di natura”, sembra esortarci a riflettere: dobbiamo tornare ad ascoltare la natura con un sentimento di appartenenza. Quando siamo disposti ad ascoltare qualcuno gli mostriamo il nostro rispetto. Le sue conchiglie sono lo strumento con cui, metaforicamente, possiamo tornare ad ascoltare il mare come ognuno di noi nell’infanzia ha fatto, appoggiando l’orecchio alla parte cava del guscio, con l’ingenuo stupore che ne uscisse il suono del frangersi delle onde. Come afferma la Banfo, “Ascoltare per ascoltarsi”. Da un percorso intimo e personale scaturisce una domanda universale: può esistere la bellezza senza la pace e la serenità interiore che ci permettano di coglierne l’essenza?
Le fotografie della serie “Warless Theatre” di Patrizia Mussa ci pongono al cospetto di straordinari paesaggi naturali e artificiali. Mera rappresentazione della bellezza? Il sospetto che l’artista non si stia limitando a questo ci viene nel momento in cui scopriamo dove sono state scattate le fotografie: Afghanistan, Etiopia e Yemen. Patrizia Mussa aveva realizzato queste foto molti anni fa quando questi luoghi erano accessibili; oggi non sappiamo nemmeno se tali paesaggi siano ancora come lei li ha visti e fotografati, poiché scenari che hanno perso la loro principale caratteristica di bellezza per acquisire lo status di territori di alcune fra le guerre più cruente e distruttive degli ultimi decenni. Ritrovando questi scatti, a distanza di tempo, l’autrice ha desaturato le fotografie, intervenendo successivamente con dei pastelli, allo scopo di rigenerare la bellezza percepita da quei luoghi e le emozioni che ne derivavano.
Con il lavoro di Edoardo Romagnoli rimaniamo sulla terra ferma. Potrebbe sembrare un paradosso per un autore che ha occupato, principalmente, la propria attività di fotografo nel rappresentare la Luna. I suoi fiori, qui pubblicati, sono tuttavia realizzati con lo stesso procedimento tecnico: lunga esposizione, movimento della camera e, in questa serie, talvolta sovrapposizione di due immagini. Romagnoli ha avuto la fortuna di nascere circondato da arte e bellezza. Suo nonno, Giuseppe Pallanti, fu pittore di successo fra l’800 e il ‘900, ma anche la madre dipingeva con indiscutibile qualità. Pochi anni fa realizzammo una mostra in cui le sue fotografie di fiori erano esposte, in una quadreria, insieme alle pitture dello stesso soggetto del Pallanti e di sua madre. Era impossibile non rimanere colpiti da quell’elegante tripudio di colori che ne scaturiva. A volte è dalle cose più immediate che nasce la capacità, non scontata, di accompagnare i nostri sensi verso la percezione della bellezza.
Pierluigi Fresia si rapporta alla natura con un approccio peculiare. La fotografia per Fresia non è un mezzo espressivo utile a rappresentare la realtà. Sembra quasi un paradosso ma le immagini scattate dall’artista diventano semplicemente una quinta scenica di finzione in cui, con l’intervento di segni grafici e di frasi che inserisce sulle sue fotografie, l’autore sembra negare la nostra capacità di dialogo con la natura: l’immagine e l’intervento dell’artista convivono ma non si parlano, come sinapsi in corto circuito. La bellezza delle immagini di Fresia è derisa dal suo intervento in post produzione esattamente come l’uomo, con le proprie azioni, si prende gioco della natura e di ciò che di bello lo circonda.
Solo una lettura superficiale del lavoro di Gianpiero Fanuli ci può portare a pensare, erroneamente, che le sue Polaroid siano esclusivamente un esercizio edonistico. Certo nessun dubbio che la piacevolezza del suo lavoro sia parte determinante del suo progetto artistico, ma sarebbe riduttivo ritenerle semplicemente delle belle immagini. Fanuli produce fotografie che hanno quel sapore vintage che ci spiazza: sono scattate oggi ma sembrano uscite dall’album dei ricordi della nostra giovinezza o almeno della mia, che sono nato negli anni Sessanta. Le immagini selezionate ci raccontano il mare e le spiagge popolate dei litorali italiani. Il bello rimane bello ma anche ciò che non riterremmo oggettivamente tale, nei suoi scatti lo diventa. Il tutto ci riporta a un magico vissuto cinematografico, quello colto dei grandi registi che hanno reso indimenticabile parte della produzione italiana di questo mezzo espressivo figlio della fotografia.
“The Poem From the Future (Aprile – Maggio 2020)” è il titolo del progetto in tre capitoli di Giorgio Racca: Ritratto del padre, Ritratto della madre e Autoritratto. Tre serie da nove fotografie in bianco e nero che sviluppano un percorso narrativo cinematografico e ermetico. Immagini metafisiche, rotte puntualmente dalla presenza dei tre ritratti anche se quello del padre, una sedia a rotelle in una stanza d’ospedale, è chiaramente metaforica. I riferimenti sono intimi e personali eppure ognuno di noi potrà ritrovare le immagini della propria memoria, seppur differente, in ogni singolo scatto utile al racconto. Perché è di questo che si tratta, della nostra vita e dei ricordi che la rendono indimenticabile nel bene e nel male. La bellezza è quella del “ricordo” e di quelle immagini indelebili che, a dispetto della propria natura, rimangono impresse nel racconto del nostro passato, immediato presente e che determineranno il nostro futuro.
(Dal testo di Riccardo Costantini per Ghost #6)
Info:
Curatore: Riccardo Costantini
Sede: Galleria Riccardo Costantini Contemporary
Via Giolitti, 51 – Torino
Date: 6 maggio – 5 giugno 2021
Inaugurazione: Da giovedì 6 a domenica 9 maggio dalle 11:00 alle 20:00
Orari: Dall’11 maggio al 5 giugno, dal martedì a sabato ore 11.00 – 19.30.
Lunedì e domenica chiuso
Ufficio Stampa: Sirio Schiano lo Moriello
Contatti:
Associazione Culturale Ghost
www.ghostbook.it
info@ghostbook.it
Riccardo Costantini Contemporary
http://riccardocostantini65@gmail.com
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Cornici private
Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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