Quasi tutti conoscono il grande libro GENESI (grande anche fisicamente). E’ un libro che ha segnato un ritorno atteso del più grande fotografo contemporaneo, il più conosciuto e il più apprezzato; Sebastião Salgado.
Di questo lavoro c’è un aneddoto curioso che non tutti sanno; all’inizio della realizzazione del progetto Salgado calcolò che avrebbe dovuto girare il mondo con 600 rullini di formato 220, con un peso di 30 chili circa di pellicola. Ma con le misure di sicurezza instaurate negli aeroporti di tutto il mondo, in conseguenza degli attentati dell’11 settembre, le pellicole avrebbero dovuto attraversare più volte i rilevatori a raggi X, con il pericolo di danneggiare il supporto sensibile.
Per questo motivo Salgado decise di utilizzare una Canon 1Ds Mark III riducendo il peso previsto del materiale sensibile, da 30 kg delle pellicole, ad 1,5 kg di schede digitali.
Genesi è un lavoro durato circa 10 anni, un lungo tempo per produrre questo incredibile lavoro, una produzione enorme che per fortuna non è solo fotografico. Ebbene sì, esiste il cosiddetto backstage, il film che racconta la carriera di Salgado
e ci riporta anche sprazzi del dietro le quinte e porta il titolo “Il sale della Terra”. Quindi lasciamo perdere per il momento le fotografia e parliamo di questo straordinario documentario.
Bellissimo.
l film “Il sale della Terra” (The Salt of the Earth) dovrebbe essere reso obbligatorio in tutte le scuole del pianeta.
Da quarant’anni Salgado attraversa i continenti sulle tracce di un’umanità in pieno cambiamento e di un pianeta che a questa mutazione resiste a fatica.
Dopo aver testimoniato alcuni tra i fatti più sconvolgenti della nostra storia contemporanea – conflitti internazionali, carestie, migrazioni di massa – è partito alla scoperta di territori inesplorati e grandiosi, per incontrare la fauna e la flora selvagge in un omaggio alla bellezza del pianeta che abitiamo.
La sua vita e il suo lavoro ci vengono rivelati dallo sguardo del figlio Juliano Ribeiro Salgado, che l’ha accompagnato nei suoi ultimi viaggi con l’aiuto di Wim Wenders, celebre regista di film cult come “Il cielo sopra Berlino”, “Lisbon story” e tanti altri.
Nel documentario vengono approfonditi in particolare i suoi progetti, poi pubblicati su libri, sull’America Latina (The Other Americas), sulle drammatiche condizioni dei popoli africani (Sahel: The End of the Road), sulle condizioni dei lavoratori in giro per il mondo (Workers), sulle grandi migrazioni umane (Migrations) ed infine sugli angoli del pianeta non ancora contaminati dalla modernità (Genesis). Salgado racconta anche del progetto che porta avanti assieme alla moglie di riforestazione della Mata Atlantica.
Questo è un film che sembra contraddire il principio che cinema e fotografia siano per forza due mezzi di rappresentazione diversa, di fatti qui tutto accade e si sviluppa con estrema semplicità e bellezza. Immagine fissa e in movimento si rincorrono come due amanti mai domati e riescono a narrare in modo poetico il grande lavoro di approccio ai popoli rimasti davvero a contatto con la natura, un approccio costruito attraverso la frequentazione e conoscenza di luoghi e persone, conquistando poco per volta la fiducia di chi poi apparirà nella foto lasciando così integra tutta l’umanità e la profondità delle immagini realizzate.
Nel film, Wenders e il figlio del fotografo, compiono la complessa operazione di trasformare le immagini fisse in una sequenza, in un racconto.
Il punto focale è raccontare come viene data vita ad una vocazione, portando alla luce l’umanità e la curiosità del fotografo, come un dialogo riconoscente a ciò che il mondo ci permette di godere se lo rispettiamo.
Sia Wim Wenders che Juliano Salgado hanno descritto il processo di montaggio come estremamente difficile e dispendioso in termini di tempo. C’erano false partenze e vicoli ciechi e i due hanno combattuto per mesi su quello che sarebbe stato utilizzato o scartato prima di stabilire un metodo e di avere un risultato che li soddisfacesse.
Si toccano argomenti e ricordi molto drammatici, tutto quello che gli occhi di Salgado hanno visto, momenti in cui si rischia di perdere la speranza di un futuro migliore, ma proprio raccontando Genesi veniamo riportati sulla terra con immagini dell’ambiente naturale e della vita degli animali e riprendiamo le redini di questo mondo di cui siamo responsabili, della natura e di tutte le forme di vite che vi abitano. Ritrovare l’equilibrio e l’umanità attraverso il rispetto della natura è ancora possibile; rispetto genera rispetto e comprensione dei propri simili e di se stessi. Torniamo umani e restiamo umani: un messaggio di speranza e non solo una utopica fantasia.
Non solo un grande fotografo ma un Uomo di incredibile onestà intellettuale, morale, etica. Oltre a raccontarci con tragica trasparenza i mali dell’uomo, la miseria che abbiamo creato e che ci nascondiamo, la morte e le misere ombre dell’essere umano, ha creato “l’Instituto Terra” con il quale ha trasformato in foresta equatoriale una larga area brasiliana a rischio estinzione.
Ma come sempre, è importante ricordarlo, dietro un grande uomo c’è una grandissima Donna. Questo film rende anche omaggio a Lélia, sua compagna, sua forza motrice e instancabile spalla.
Un paio di curiosità scovate sul web:
Il titolo del film ha un riferimento biblico infatti si riferisce ad un passaggio biblico, Matteo 5:13: “Sei il sale della terra. Ma se il sale perde la sua salinità, come può essere reso di nuovo salato? Non è più buono a nulla, tranne che ad essere buttato fuori e calpestato”.
– Salgado è un termine portoghese utilizzato per definire una cosa salata. Se si aggiunge il sale a qualcosa, questo diventa salgado. Ciò può essere interpretato, in maniera più ampia, come un contributo che il fotografo Sebastião Salgado ha dato al pianeta Terra o, in maniera più letterale, come il cambiamento che lui e la sua famiglia hanno apportato alla loro terra.
Il film documentario ottiene una candidatura ai premi Oscar 2015.
IL SALE DELLA TERRA. In viaggio con Sebastião Salgado Regia di Wim Wenders e Juliano R. Salgado con Sebastião Salgado Produzione Brasile, Italia, Francia – 2015 Documentario – 106 min.
“Un film unico, un omaggio commovente a un talento senza eguali”
The Guardian
“Un documentario di dimensioni leggendarie”
Le Figaro
“Un film appassionante e di lancinante bellezza”
Corriere della Sera
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Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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