Le immagini di moda sono il racconto del nostro presente, sono la sequenza aperta delle ossessioni, dei desideri e dei sogni di intere generazioni.
Sono il decoro delle nostre città e occupano con forza e determinazione l’immaginario di ciascuno di noi. Ci appartengono, ma allo stesso tempo sono globali e universali. Omologano gusti e tendenze. La fotografia di moda nasce per essere consumata velocemente. I suoi supporti sono i giornali e le riviste, gli spazi pubblicitari nelle città e nei luoghi di transito. Può durare un giorno, una settimana, al massimo una stagione, poi scade, viene dichiarata vecchia, sorpassata e deve lasciare spazio a una nuova immagine, a un nuovo sogno che per suo statuto deve seguire i ritmi della moda.
Nella storia della moda e della fotografia di ritratto del XX secolo, il contributo di Horst resta come uno dei più artisticamente significativi e duraturi.
Nel periodo a cavallo tra 1931 e il 1991 il suo nome è diventato sempre più leggendario e le sue fotografie sono diventate sinonimo di creazione di immagini di eleganza, stile e glamour rarefatto.
Contandoli sono tre decenni di fotografie, che contemplano la moda, ritratti di celebrità, studi di nudo e nature morte.
Suo padre era un mercante di successo e nella casa di famiglia ebbe modo di conoscere persone importanti e influenti come ad esempio la danzatrice Eva Weidemann che accese il suo interesse per l’arte e portandolo a diventare uno straordinario eclettico visionario che studia architettura e progettazione di mobili alla Kunstgewerbeschule di Amburgo, nel 1930 si trasferisce a Parigi come apprendista di Le Corbusier nel Bauhaus, dove incontra il capo fotografo di Vogue Francia, quel Barone George Hoyningen-Huene del quale diventa presto assistente, modello occasionale, protetto, convivente e compagno intimo, prima di sostituirlo come capo fotografo di Vogue Francia.
Con il Barone, Horst, inizia a lavorare come fotografo di moda, entrando in contatto con il bel mondo parigino, molti amici diventano anche soggetti delle sue fotografie, come la Coco Chanel seduta su una poltrona di raso, la Bette Davis arroccata su una sedia a dondolo gigante, insieme a Salvador Dalí, Marlene Dietrich, Greta Garbo, Katharine Hepburn, Gertrude Stein o la Duchessa di Windsor.
Le prime fotografie firmate Horst apparvero nel numero di dicembre 1931 di Vogue Francia, ma la vera svolta come fotografo di moda e ritrattista avvenne sulle pagine di British Vogue. Poi arrivò la maledetta guerra ed è proprio alla vigilia della seconda guerra mondiale che Horst Paul Albert Bohrmann realizzò, negli studi parigini di Vogue, la sua famosa Mainbocher Corset, l’ultima opera realizzata a Parigi e contemporaneamente la sua opera più citata. Poi si rifugiò in America e prese definitivamente il nome con cui lo conosciamo, Horst P. Horst, diventando ufficialmente cittadino americano.
Anche in America Horst P. Horst lavora per Vogue, negli ultimi tre mesi del 1939, prima di venir licenziato e far ritorno a Parigi. Negli anni ‘60 e ‘70 quando il suo stile è meno richiesto nel settore della moda ma la sua formazione e sensibilità gli consentono di dedicarsi alla fotografia di interni per House & Garden. Del suo lavoro amava dire che era solito inserire “a little mess” …un po’ di disordine ben dosato.
Molte sue immagini sono diventate icone da cui molti hanno preso ispirazione, una citazione tra tante… Madonna in Vogue lo “omaggia” con quella posa di schiena e il corsetto slacciato.
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Adolfo Porry-Pastorel. Fotogiornalismo e piccioni viaggiatori
Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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