E’ uno dei più celebri libri di fotografia quando si vuol indicare un testo che possa raccontare di fotografia e non solo insegnare l’uso tecnico della fotocamera.
Pur venendo sempre citato con il nome “Luigi Ghirri” in realtà questo libro non è stato scritto dal grande maestro della fotografia italiana, quella che ci troveremo a leggere è la trascrizione delle lezioni di fotografia che Ghirri tenne all’Università del Progetto di Reggio Emilia tra il gennaio 1989 e il giugno 1990.
Fu solo grazie agli appunti degli alunni e ad alcune registrazioni audio che gli autori sono riusciti a riportare i contenuti delle lezioni, mantenendo anche i titoli delle lezioni stesse e l’ordine cronologico in cui Ghirri le ha tenute. Vennero recuperate anche le immagini mostrate ai suoi alunni in aula in modo da far rivivere al meglio l’esperienza dell’insegnamento ricevuto.
Tutt’ora, seppur con le dovute correzioni per l’avvento del digitale, queste nozioni restano una traccia perfetta del percorso da fare per potersi approcciare alla fotografia.
Nella prima parte del libro viene ripercorso l’approccio personale alla fotografia, il modo di lavorare che aveva lui, il perché fece determinate scelte, il modo di muoversi e di porsi nei confronti della realtà. Ghirri intende la fotografia come modo di relazionarsi col mondo, nel quale il segno del fotografo, la sua storia personale, il suo rapporto con l’esistente è forte e deve orientarsi nell’individuare un punto di equilibrio tra la propria interiorità e ciò che sta all’esterno e che continuerà ad esistere anche senza di noi. Ci sono dei totem sempre validi come ad esempio “[…] a seconda del progetto e del risultato che si vuole ottenere bisogna scegliere quando metter tutto a fuoco e quando sfruttare lo sfocato”. Concetti che appaiono banali ma non è così, perché sono questi dettagli che poi fanno la differenza quando l’esecutore cerca di diventare autore. Ghirri si sofferma anche sul suo modo di rapportarsi con gli spazi e la luce, l’importanza di sfruttare la luce ambiente negli interni e di non mettere in posa gli oggetti. Altra suggestione fondamentale è questa: “Se ci facciamo una foto, in quella fotografia non ci vediamo come solitamente vediamo noi stessi, ma nel modo in cui ci vedono gli altri.”. Già, forse non tutti lo sanno o non ci hanno mai fatto caso, ma in foto veniamo “capovolti” rispetto al solito, non è la stessa faccia che vediamo allo specchio, quella sì che è capovolta, destra e sinistra si incrociano, in fotografia la visione è quella reale, quella che gli altri sono abituati a vedere di noi, ed è per questo che spesso capita che nei ritratti che ci fanno stentiamo a riconoscerci.
Ghirri ha sempre cercato di progettare le sue ricerche pensando a una forma di narrazione per immagini anziché alla costruzione di singole immagini. Quando si fotografa non si deve pensare alla fotografia come oggetto a sé stante, ma occorre spostare il concetto e cercare di vederla già inserita in un contesto. Per capirci meglio, per Ghirri l’esito finale della comunicazione tramite foto è il libro fotografico.
Poi ci si sofferma sul conoscere la luce, capire i riflessi, i momenti migliori della giornata, se siamo in un posto che vogliamo raccontare non è necessario fotografarlo subito solo per il fatto che siamo lì, in quel momento. Assolutamente no. Cercare l’ora migliore, il meteo giusto che dia all’immagine decisa quella sensazione che vogliamo riportare.
La profondità di campo, le cromie, sensibilità ISO, contrasti, sono tutti i mezzi che abbiamo a disposizione per dire quello che abbiamo intenzione di dire, ammesso che ci si approcci alla fotografia per voler dire qualcosa. Di noi o di quello che pensiamo.
Mai dimenticare che siamo sempre collegati alla fotografia che facciamo, è una connessione che non deve mancare, le fotografie dovrebbero essere sempre dei nostri autoritratti anche se noi non siamo presenti nell’inquadratura, mai pensare che noi siamo fissi dietro la fotocamera, saremmo dei funzionari del mezzo, ricordiamoci che noi siamo nel mezzo, tra la realtà e la fotocamera, siamo il filtro, quindi quel qualcosa che ci assomiglia deve restare dentro alla storia, sennò stiamo solo facendo click.
Questa e altre importanti riflessioni e indicazioni potrete trovare in questo libro che non dovrebbe mancare negli scaffali di chi è davvero interessato alla fotografia. Inoltre nel testo troverete anche degli stimoli di esercizi per mettere a frutto i consigli appena espressi. Non perdetevelo.
Info aggiuntive:
Lezioni di fotografia Autore: Luigi Ghirri
A cura di: Giulio Bizzarri e Paolo Barbaro
Con uno scritto biografico di: Gianni Celati
Tipo di copertina: flessibile
Numero di pagine: 264
Editore: Quodlibet srl
Collana: Compagnia Extra
Data di pubblicazione: 2 dicembre 2009
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TOMMASO OTTOMANO – IL REGISTA DEI MANESKIN
Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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