Avete mai sentito parlare della fotografia n. 51?
Non sono molte le persone che potranno rispondere con certezza a questa domanda, in effetti è la storia poco conosciuta di una delle fotografie più importanti del mondo e per l’umanità e che nasconde anche un risvolto molto triste. Una verità che ha a che fare con la discriminazione sessuale nel campo scientifico.
Il 6 maggio 1952 in un laboratorio londinese (King’s College) stava per essere scattata una delle fotografie più famose della storia.
La scienziata Rosalind Franklin riesce a produrre la prima fotografia della doppia elica del DNA. La fotografia, che ha una superficie di circa 10 centimetri di lato, riflette una piccola area dove si evidenzia la struttura primordiale dell’essere umano, molti scienziati in tutto il mondo inseguivano questo risultato senza esserci mai riusciti.
Ma come mai Rosalind Franklin non è così famosa ai giorni nostri?
E’ una storia un po’ amara come avevo accennato nelle prime righe dell’articolo.
Cominciamo dall’inizio. Rosalind Franklin nasce in Inghilterra il 25 luglio del 1920 da una famiglia ebrea benestante. Fin dai dodici anni, come indicano i suoi scritti, il suo desiderio è quello di “fare scienza” e la famiglia, pur non condividendo del tutto quella che viene vista come un’eccessiva emancipazione femminile, la iscrive a una scuola superiore che le permette di proseguire gli studi al Newnham College di Cambridge, uno dei pochi college femminili dell’epoca. Se è vero che l’università inglese è particolarmente conservatrice, è anche vero che prima della Seconda guerra mondiale, nemmeno all’interno della comunità scientifica, le donne venivano considerate pari agli uomini. Per esempio, solo nel 1945 la Royal Society, una delle più prestigiose società scientifiche del mondo, ha ammesso due donne: Kathleen Lonsdale, un’esperta cristallografa, e Marjoire Stephenson, pioniera della microbiologia chimica.
Durante la guerra Rosalind mette le proprie competenze di chimica al servizio del Regno Unito, prestando servizio alla British Coal Utilisation Research Association (BCURA). Qui si costruisce il primo pezzo di reputazione scientifica, studiando la microstruttura di diversi tipi di carbone e il modo in cui questa determina proprietà come la permeabilità ai gas e ai liquidi a diverse temperature. Questi anni di studio si traducono in un dottorato, conseguito proprio nel 1945 presso l’università di Cambridge. Due anni più tardi si sposta a Parigi, al Laboratoire Central des Services Chimique de L’Etat. In Francia, l’ambiente è più aperto nei confronti delle donne professioniste e, oltre a guadagnare fiducia in sé, si trova per la prima volta in contatto con le tecniche di cristallografia a raggi X: le vuole applicare allo studio del carbone.
Nel gennaio 1951, Franklin inizia a lavorare come ricercatrice associata al King’s College di Londra diretto da Maurice Wilkins e nell’Unità di Biofisica del Medical Research Council (MRC), diretta da John Randall. Anche se in origine avrebbe dovuto lavorare sulla diffrazione a raggi X di proteine in soluzione, entrò invece a far parte di quel gruppo di ricercatori del King’s che si occupavano di analizzare la struttura di certe fibre biologiche, ossia quelle sul DNA, acido desossiribonucleico, la componente principale dei cromosomi e quindi dei geni.
Fino al 1952 la struttura genica del DNA non era stata confermata, né si sapeva come fosse realmente. Motivata da questa incertezza, Rosalind Franklin inizia a fotografare il modello di diffrazione dei raggi X dell’acido desossiribonucleico. Questa tecnica si chiama “cristallografia a raggi X”.
La cristallografia consiste nel determinare la struttura tridimensionale di un cristallo. La cristallografia a raggi X è una tecnica della cristallografia in cui l’immagine, prodotta dalla diffrazione dei raggi X attraverso lo spazio del reticolo atomico in un cristallo, viene registrata e quindi analizzata per rivelare la natura del reticolo. In genere, questo porta a determinare il materiale e la struttura molecolare di una sostanza.
Grazie a queste sue competenze Rosalind riesce a scattare, nel maggio del 1951, la famosa “Photo n.51”, una immagine che mostra una vera e propria X formata da strisce nere simili al manto di una tigre che si irradiano verso il centro. LA PRIMA FOTOGRAFIA DEL DNA
Una copia della “Photograph 51”, il tassello che mancava, viene mostrata nel gennaio 1953 da Wilkins a Watson e a Crick che conducono gli studi sul DNA ma in un laboratorio “ concorrente”. I due scienziati il 25 aprile del 1953 pubblicano sulla rivista “Nature” l’articolo che ha fatto la storia, corredandolo con le fotografie realizzate da Rosalind Franklin e da un suo collaboratore, dove descrivono il modello a doppia elica e lo fanno senza nominare la collega.
Dopo la pubblicazione dell’articolo, i due scienziati furono riconosciuti come gli scopritori della struttura del DNA.
Rosalind continuò i suoi studi occupandosi anche dei virus che causavano la poliomielite, malattia terribile e contagiosa e a tenere conferenze in tutto il mondo fino a quando, nel 1958, a soli 38 anni muore di tumore alle ovaie, dovuto probabilmente all’esposizione frequente ai raggi X.
Quattro anni dopo, nel 1962, Crick, Watson e Wilkins ottennero il Nobel per la Medicina per aver scoperto la struttura del DNA e il suo meccanismo di replicazione. Nessuno mai si è mai preso la briga di citare Rosalind e il suo importante ruolo nella scoperta nonostante abbia giocato un ruolo fondamentale. Soltanto nel 1975 esce la sua prima biografia scritta dall’amica Anna Sayre dove si ristabilisce la verità, accusando di sessismo la comunità scientifica. Poiché il Nobel si assegna solo a persone viventi e non può essere conferito postumo, fu uno dei collaboratori di Rosalind, Aaron Klug a ricevere quello per la Chimica nel 1982 per il suo sviluppo della microscopia elettronica cristallografica. Klug illustrò anche i risultati della ricerca sul poliovirus e dedicò il premio alla memoria di Rosalind Franklin. Nel 2002 la giornalista americana Brenda Maddox pubblica il libro “Rosalind Franklin, la donna che scoprì la struttura del DNA” rendendo finalmente giustizia alla giovane scienziata. La figura di Rosalind, volutamente oscurata per lungo tempo, è diventata da qualche decennio il simbolo delle discriminazioni delle donne nel mondo scientifico.
Mi preme ricordare che è anche grazie allo studio di Rosalind Franklin e a quello dei suoi collaboratori se gli scienziati sono riusciti a identificare i virus come il SARS-Cov 2 e conseguente vaccino.
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Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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