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Carlo Garzia e la sua storia fotografica in mostra a Lecce

di Pio Tarantini

© Carlo Garzia, Bari 1977

Ce qu’il reste è il titolo della mostra antologica di Carlo Garzia in corso nelle sale del Castello Carlo V di Lecce: un titolo estrapolato dall’autore da un verso della poetessa polacca Wisława Szymborska, da lui particolarmente amata. Un titolo che coniuga ironia e disincanto nei confronti del mondo così come nelle corde del fotografo pugliese: con una formazione universitaria sulla lingua e la civiltà francese Garzia ha allargato i suoi interessi e studi in altri ambiti, dal pensiero filosofico e semiologico alla fotografia che è poi sostanzialmente diventata la parte dominante della sua attività di ricerca.

Nato nel 1944 e da sempre operante a Bari Garzia ha costruito nel corso di molti decenni un lungo percorso di ricerca fotografica personale non vissuta soltanto individualmente ma inserita all’interno di una visione ampia della pratica fotografica: oltre a essere un raffinato intellettuale, è anche un curatore e organizzatore, protagonista di molti importanti progetti fotografici. Basterebbe citare il suo ruolo fondamentale nella nascita e gestione di “Spazio Immagine”, un luogo espositivo a Bari, ma anche centro culturale sede per molti anni − e in tempi ancora acerbi per la fotografia italiana – di diffusione della cultura fotografica, con corsi, seminari, incontri e mostre dei più rappresentativi autori italiani. Con “Spazio Immagine” si rompeva a Bari, nei primi anni Ottanta, lo schema di una fotografia di ricerca relegata negli angusti spazi intellettuali di un fotoamatorismo provinciale, legato ancora a vecchie concezioni interpretative e ormai incapace di cogliere quanto andava maturando nella coscienza critica e nella pratica della fotografia italiana più attenta.

Non è stato un caso se Luigi Ghirri trovò a Bari e in Puglia un’attenzione e un terreno adatto su cui si costruì lo storico progetto “Viaggio in Italia” (1984) di cui Garzia è stato uno dei protagonisti.

La sua esperienza di organizzatore e curatore è proseguita anche, in altri luoghi e con altre modalità, dopo la fine dell’avventura di “Spazio Immagine”.

© Carlo Garzia, Matera 1986

Una figura di primo piano dunque quella di Garzia al quale è stato dedicato questo importante riconoscimento della mostra antologica a Lecce, nata all’interno del programma di Bitume Photofest, un progetto operante dal 2014 nel capoluogo salentino e ideato e curato dal collettivo Positivo Diretto.

Realizzare una mostra antologica, su qualsiasi autore, soprattutto se si tratta di autori con una lunga storia, è sempre un azzardo: immergersi nei suoi archivi e selezionare quanto di più rappresentativo si ritiene utile per delineare il percorso autoriale significa operare delle scelte che caratterizzeranno fortemente non solo il progetto espositivo ma anche il profilo contenutistico e stilistico dell’autore stesso.

Per la mostra di Lecce questo compito è toccato a Andrea Laudisa, fondatore e curatore del collettivo Positivo Diretto, che ha voluto privilegiare nella scelta delle fotografie selezionate la parte caratterizzata da un’impronta antropologico-sociale, con predominio del bianco e nero, e riducendo invece la parte delle fotografie dedicate al paesaggio e agli ambienti, alle atmosfere che negli ultimi decenni hanno dominato le scelte dell’autore con la preferenza dell’uso del colore.

© Carlo Garzia, Gravina di Puglia, 1983.

Una scelta coraggiosa: personalmente da molti anni sostengo – anche con brevi commenti ai post che Carlo pubblica sul social più noto, da lui fortemente praticato come necessaria piazza divulgativa – che le sue fotografie in bianco e nero a carattere antropologico, e risalenti a periodi più lontani nel tempo, meritavano di essere riscoperte e pubblicate. La mostra di Lecce e le scelte del curatore colmano questo ritardo nella conoscenza del percorso di Garzia anche a rischio, come di fatto mi pare sia avvenuto, di ridimensionare l’altra parte di cui si parlava, quella dedicata appunto al paesaggio e agli ambienti, parte che ha dominato la produzione dell’autore nei decenni più recenti. Lo stesso autore, nel presentare la mostra afferma: «La mia personale che si tiene presso il Castello Carlo V di Lecce è costruita come un percorso ideale che parte dagli anni settanta e termina con una piccola serie dedicata ai viaggi americani. Si può perciò considerare una mostra “storica”, quasi didattica che definisce il mio lavoro soprattutto sino al momento in cui il mio interesse si sposta maggiormente sull’immagine delle città attraverso la figura definita da Benjamin del flâneur lasciandomi così la possibilità di pensare ad un secondo capitolo di questa avventura».

© Carlo Garzia, pagine del catalogo della mostra.

La parte antropologico-sociale pare dunque dominare il percorso di questa mostra che poi però sfocia, anche nella parte finale del catalogo, sul versante ambientale ed è qui probabilmente che si riconosce maggiormente la cifra, non solo stilistica, ma concettuale del fotografo e intellettuale Garzia: dove la realtà visibile, da lui sempre fotografata con un sano distacco e pulizia formale, risulta spesso incrinata, nella sua rappresentazione, dal tocco del suo sguardo interrogativo e ironico. Scrive al proposito Roberta Valtorta in uno dei testi che accompagnano il catalogo: «Ciò che Carlo Garzia chiede ai luoghi che fotografa […] è uno stato di normalità turbato, come animato da una lieve allucinazione, sottilmente mosso da qualche elemento capace di suscitare stupore, sorpresa, e di creare un piccolo allarme (ciò che Freud definiva “perturbante”)».

© Carlo Garzia, New York, 2018.

La mostra si articola in cinque tappe che dall’incipit di sapore concettuale portano alle fotografie realizzate nella terra d’origine e poi in altri luoghi e Paesi tra i quali la sua amata “Douce France” e gli Stati Uniti degli anni più recenti. Per evidenti ragioni lo stile muta in relazione ai tempi e alle situazioni e si passa da quello più tradizionale di impronta antropologico-sociale a quello più concettuale a quello apparentemente più distaccato di un paesaggio in bilico tra nuova oggettività e citazione ironica. I riferimenti visivi in una produzione così articolata sono molti e sono rintracciabili in alcune esperienze più concettuali di Mario Cresci, in alcuni ritratti – la serie dei circensi – che ricordano Diane Arbus, nei paesaggi americani con riferimento ai cosiddetti Nuovi Topografi.

Lo spazio di questo articolo non mi consente di approfondire le tematiche e i relativi modi espressivi che caratterizzano il lungo percorso di Garzia, ma urge sottolineare quanto questa mostra di Lecce sia importante, quanto meno come prima tappa di un percorso che dovrebbe proseguire in altri luoghi d’Italia per far conoscere maggiormente un fotografo e un intellettuale che molto si è prodigato, e in una terra difficile come il Meridione del Paese, per divulgare una fotografia, e riflessioni sui suoi linguaggi, di alto profilo.

Salvo imprevisti avremo modo di dialogare e approfondire gli argomenti con l’autore in un incontro telematico che si terrà in gennaio sulla piattaforma di CineSud Foto Magazine.

© Carlo Garzia, pagine del catalogo della mostra.

Carlo Garzia, Ce qu’il reste

Mostra fotografica all’interno di BITUME COPY/PAST* per il progetto “Puglia Luoghi della Bellezza” in collaborazione con Libreria Liberrima di Lecce.

Castello Carlo V, Lecce
Fino al 20 gennaio 2022
Orari mostra: 9-13/16-20; Biglietto intero euro 5; ridotto euro3 (*solo per i non residenti è previsto il costo aggiuntivo di 3 euro) Info mostra al castello: 0832.246517.

Catalogo: Carlo Garzia, Ce qu’il reste

Fotografie di Carlo Garzia

Testi di Roberta Valtorta, Alessia Venditti e un’intervista all’autore a cura di Andrea Laudisa.

Pagine 216, formato cm 20×25, edizioni I Liberrimi (Lecce), prezzo 30 euro.

Tutte le info su: https://www.bitumephotofest.it/

Social: Bitumephotofest

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