Verde, nero, tentacoli morbidi veri o finti? Quasi ipnotica la perfezione di questa forma che potrebbe far pensare ad un vegetale o ad un animale marino. È talmente sinuosa che sembra di avvertire un impercettibile movimento. Allora respira? Oppure è frutto della scienza o addirittura dell’intelligenza artificiale.
Naturalmente botanici e biologi non hanno dubbi che si tratti del fiore della passiflora.
Da dove proviene questa immagine e chi l’ha realizzata?
Identifichiamo subito Elena Franco, l’autrice di questa immagine, una coraggiosa colta architetto e fotografa che ha la capacità, come una rabdomante, di individuare realtà nascoste o poco conosciute che parrebbe non aspettino altro se non di essere portate in superficie dal suo lavoro di scavo e documentazione, per diventare, forse per la prima volta, visibili a tutti. [*1]
L’immagine è tratta dal progetto “IMAGO PIETATIS” con l’intenzione di valorizzare il patrimonio documentario che costituisce l’Archivio Storico del Monte di pietà di Bologna, conservato presso la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna attraverso un linguaggio inaspettato, come è quello dell’arte. Un progetto che ha richiesto tempo per fotografare diversi elementi dei 138 volumi dell’Archivio Storico del Monte di pietà di Bologna. Elena Franco nel suo lavoro iconografico mette in evidenza la raffigurazione del Cristo morto ritto nel sepolcro (Imago Pietatis), dipinto sul taglio dei libri, assieme ad una o più lettere dell’alfabeto. Oltre all’immagine del Cristo in pietà, Elena mette in evidenza l’uso ricorrente nell’archivio di raffigurazioni floreali, in modo particolare quello della Passiflora, anche chiamato “fiore della passione” per la somiglianza di alcune parti della pianta con i simboli religiosi della passione di Gesù. I filamenti della raggiera centrale ricordano la corona di spine posta sul capo di Gesù, mentre i tre stami ispirano il ricordo dei chiodi coi quali egli era stato messo in croce, nei 5 petali e nei 5 sepali il rimando sia ai 10 apostoli rimasti fedeli a Gesù, sia alle piaghe (due alle mani, due ai piedi ed una al costato), nell’androginoforo la colonna della flagellazione, e nei rametti le fruste utilizzate per torturarlo.
Sul tema della passiflora nascono due serie d’immagini, che rendono ancora più evidente il taglio sperimentale dell’artista e l’utilizzo disinvolto della fotografia. Invece di rappresentare il fiore con una normale ripresa fotografica, Elena Franco decide di riprodurre la passiflora utilizzando uno scanner, una modalità che ricorda la ricerca sul campo di ambito scientifico, la necessità dello studio meticoloso, il desiderio di indagare la pianta rispettandone le dimensioni reali, valorizzandone il dettaglio enfatizzato dalla vicinanza nella registrazione del frutto, del fiore, della foglia. In altre opere la passiflora muta forma per via di un eccesso di moltiplicazione della stessa fotografia, fino a formare un’immagine ibridata col disegno che assume caratteri psichedelici e trova nel tessuto il supporto ideale per l’esposizione. [*2]
Una ricerca, quella di Elena, dal sapore francescano con l’accezione alla qualità di ciò che è umile, non nobile, modesto. Ecco allora che le immagini e questa in particolare possono far pensare all’umiltà. Un tema complesso e forse mai affrontato nella storia della fotografia. In Elena ho ritrovato la capacità di fotografare umilmente, con costanza, convinzione, percorrendo una strada irta di difficoltà, senza esitazione. La convinzione determinata da un costante sguardo dentro e fuori di sé. La fotografia come necessità per esplorare terreni poco conosciuti intrisi di tanti significati per far affiorare nuovi germogli di riflessione.
Invitando Elena Franco a riflettere sul tema dell’umiltà riporto sue parole:
Il termine umiltà, per me, assume due dimensioni. Nella sfera personale, è fare i conti con se stessi. Come in un accordo musicale che modula dal minore, aprendosi al maggiore, è quel preciso istante in cui la tensione verso la realizzazione del portato personale si cristallizza e si pacifica nella piena consapevolezza della caducità del senso delle nostre esistenze. Il progetto Imago Pietatis, che ho realizzato esplorando l’immagine del Cristo in Pietà, simbolo dell’Archivio della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, è stato fondamentale – per me – in questa riflessione.
Vi è poi una seconda dimensione, che mi porta a declinare il termine umiltà in un particolare atteggiamento nei confronti della collettività. Accogliere l’umiltà è arduo, complesso, faticoso. E presto prende forma la coscienza di come, solo nella collettività, sia possibile superare l’infinitesima espressione delle nostre singole esistenze.
Nella comunità, nell’altro, nel noi – non qui e ora, ma qui, prima d’ora e dopo di noi – possiamo superare la consapevolezza che non siamo che nulla. Ecco allora la postura che l’umiltà assume nella dimensione della collettività: il servizio.
Ci sono molti modi di servire. Ciascuno trova il suo. Forse il mio lavoro fotografico Hospitalia. O sul significato della cura [*3] ha dentro questa postura. Anche se per averne contezza, probabilmente, mi ha aiutato un altro progetto – Sulla soglia di mondi perduti [*4] – dedicato agli istituti di vita consacrata.
Cosa può dirci la fotografia che pratico sull’umiltà? Anche qui, penso, possa accompagnarci lungo due strade. Nella riflessione personale, spero possa aiutarci a creare quel necessario spazio, protetto dal silenzio, in cui praticare ciascuno i propri esercizi di pensiero attraverso lo sguardo. Nella riflessione collettiva – ho avuto più volte conferma in questi anni – può nutrire progetti, attivando relazioni, risorse, volontà.
Trovo questa corrispondenza tra la passiflora e l’umiltà, entrambe apparentemente semplici, delicate, quasi soggette all’evanescenza. Eppure la passiflora raccoglie in sè simbolicamente la passione di Cristo, la sua sofferenza; come l’umile che carica su di sé le conseguenze di scelte radicate nella propria coscienza. Si può dunque scrivere umilmente e fotografare altrettanto umilmente: come continua a fare Elena Franco o come ha sempre fatto Ivo Saglietti. In Loro nessuna operazione intrisa di false pubblicitarie promesse o di sensazionali colpi di luce, abbaglianti o decapanti. Solamente la responsabilità di percorrere scelte fatte consapevolmente con un linguaggio che ancora oggi manca nello studio della nostra cultura: la umile fotografia.
DIDASCALIA @Elena Franco, Imago Pietatis, Passiflora #1. Serie di 4 fotografie su carta Canson Platine Fibre Rag 310grmq, 22 cm x 22 cm, edizione di 7 oltre a 1 PDA, scansione e successiva elab. digitale, stampa inkjet_01
BIOGRAFIA
Elena Franco (Torino 1973) è architetto e fotografa. Si occupa di valorizzazione urbana e territoriale. La fotografia – di documentazione e ricerca – occupa una gran parte della sua attività e viene spesso utilizzata nei suoi progetti, anche a supporto del lavoro di costruzione dell’identità locale e di percorsi di messa in rete di potenzialità territoriali. La sua principale ricerca fotografica Hospitalia, in corso dal 2012, dopo essere stata esposta in musei e sedi istituzionali – a Milano, Napoli, Vercelli, Losanna, Venezia, Firenze, Arles (FR), Lessines (BE), Siena – accompagnata da convegni e workshop ispirati dal suo lavoro, è un libro a cura di Tiziana Bonomo (ARTEMA 2017), edito nella versione inglese nel 2019. Attualmente lavora su progetti artistici che legano architettura, archivi e territorio. Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero. È autrice di articoli e saggi sulle materie di suo interesse e collabora con “Il Giornale dell’Architettura”. È direttore artistico della Fondazione Arte Nova.
*1 Tratto dal libro IMAGO PIETATIS L’immagine dell’Archivio Storico del Monte di pietà di Bologna pag.15 Jacopo Cenacchi
*2 Tratto dal libro IMAGO PIETATIS L’immagine dell’Archivio Storico del Monte di pietà di Bologna pag.19 Luca Panaro
*4 Link a: https://www.fondazionemonasteri.it/elena-franco-sulla-soglia-di-mondi-perduti/
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Dal 2015 mi dedico attivamente al progetto ArtPhotò con cui propongo, organizzo e curo eventi legati al mondo della fotografia intesa come linguaggio di comunicazione, espressione d’arte e occasione di dialogo e incontro. La passione verso la fotografia si unisce ad una ventennale esperienza, prima nel marketing L’Oreal e poi in Lavazza come responsabile della comunicazione, di grandi progetti internazionali: dalla nascita della campagna pubblicitaria Paradiso di Lavazza nel 1995 alla progettazione, gestione e divulgazione delle edizioni dei calendari in bianco e nero con i più autorevoli fotografi della scena mondiale fra cui Helmut Newton, Ferdinando Scianna, Albert Watson, Ellen von Hunwerth, Marino Parisotto, Elliott Erwitt e i più famosi fotografi dell’agenzia Magnum.
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