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Il paese tra i boschi – Un viaggio di Ugo Baldassarre con Olympus OM1 di Ugo Baldassarre (parte seconda)

di PHocus Magazine

Accettura è un piccolo borgo in provincia di Matera di circa 1800 anime, sebbene economicamente e logisticamente più legato alla vicina Potenza. Sorge tra l’area boschiva del Parco Regionale di Gallipoli Cognato e l’altrettanto bellissimo Bosco di Montepiano e ne perpetua, da decenni, l’unione simbolica mediante l’antico rito del Maggio di Accettura, evento di risonanza molto elevata che ha attirato negli anni importanti fotografi da tutto il mondo.
Ma se è vero che Accettura raggiunge il suo apice di notorietà e di turismo in quel piccolo e ristretto periodo dell’anno è anche vero che la vera identità del paese e dei suoi abitanti è quella che si osserva nei restanti giorni, quando la vita scorre tranquilla lontana dalla extra-ordinarietà dei giorni di festa.

Dopo aver visitato il posto e i suoi dintorni questa estate, su invito di una amica originaria di lì, ho sentito forte la volontà di approfondire la conoscenza del luogo e delle persone. Accettura si trova a pochissimi chilometri di distanza da Stigliano (18km per la precisione) che avevo avuto modo di raccontare lo scorso anno, eppure il territorio e le condizioni ambientali risultano essere completamente diverse: dalle aride e rade colline argillose dei Calanchi si passa ad immense e rigogliose zone boschive che si estendono a perdita d’occhio in ogni direzione, sia nelle valli che sulle cime circostanti. Non sembra di essere neanche nella stessa regione tale è la diversità di territorio.

Tanto è bastato per alimentare la mia curiosità e rimettere in moto la macchina organizzativa ed andare a trascorrere 4 giorni in questo angolo della Lucania (da lucus, terra dei boschi), antico nome della Basilicata che mi sembra quantomai appropriato usare in questa situazione.
Contrariamente allo spirito del viaggiatore/turista che aveva animato la precedente esperienza, questa volta mi sono mosso con l’intento più preciso (e complesso) di ritrarre un intero paese, che a ben pensarci non è poi così diverso da quel che faccio quando devo ritrarre una persona: c’è da valutarne l’aspetto esteriore, tenere a mente le sensazioni a “pelle”, il feeling che si viene a creare tra le parti, prestare attenzione ai dettagli ed infine cercare di trasmettere tutto questo mediante la fotografia (perchè è questo alla fin fine il linguaggio che utilizzo).

Un ritratto è per definizione una interpretazione, parziale e soggettiva, pertanto quella che racconterò è solamente la mia Accettura, con la speranza che ciò possa essere anche un invito per tanti altri ad andare a conoscere questo luogo con lo stesso spirito di curiosità che ha animato me.
Il primo giorno (e anche qualcosa in più, considerando che ero arrivato dal tardo pomeriggio del precedente) l’ho dedicato a far fare al paese la mia conoscenza. Esatto, ho scritto bene. Non a conoscere il paese ma a far abituare l’intera comunità alla mia presenza che sarebbe stata molto costante nei successivi giorni.
Ho iniziato ad esplorare in lungo e largo il piccolo borgo, concentrandomi soprattutto nella zona centrale ma senza dimenticare le zone nuove più periferiche e quelle rurali limitrofe.
La mia presenza fisica, lo zaino sempre in spalla, la macchina fotografica costantemente in mano (sempre pronta, come se volessi cogliere qualcosa di irripetibile ad ogni passo) non hanno impiegato molto tempo a farmi notare dai più. Inizialmente mi sentivo come quando vieni invitato ad una festa in cui non conosci nessuno e nessuno conosce te ed inizia quindi quel gioco di sguardi, quella fase di studio reciproco tra le parti, per stabilire un contatto, un primo approccio, per rompere il ghiaccio.

C’è un bar, la piccola enoteca, il negozio di scarpe, l’alimentare, l’orefice… un altro bar ed ancora un’altro; c’è la pompa di benzina un fruttivendolo e non manca neanche un piccolo negozio di elettronica. Man mano che percorro strade e vicoletti mi accorgo che non manca proprio niente qui ad Accettura. C’è l’ufficio delle Poste, il giornalaio/giocattolaio/tabacchi, il barbiere, i parrucchieri per signore, la locanda, l’hotel. Per adesso sono tutte semplici insegne con nomi e cognomi a cui non so associare alcun volto o storia: solo attività aperte e vetrine allestite.
Passeggio e osservo. Scruto chi c’è alla festa, come è vestito, senza entrare troppo nel dettaglio; arriverà presto il tempo delle conoscenze più approfondite.
Qualcuno, incuriosito dal mio girovagare, mi ha domandato come mai fossi lì in giro per Accettura e per fotografare cosa, soprattutto, in questo insolito periodo: doveva sembrar proprio strano vedere qualcuno intento a documentare fotograficamente un giorno che non fosse quello della festa; tuttavia la mia (sincera) risposta lasciava sempre tutti molto soddisfatti: ero li per loro, per conoscerli meglio, nella loro quotidianità.

Qualcun altro audacemente mi ha chiesto di fagli una foto, forse sperando di finire su qualche rotocalco scambiandomi per un giornalista. Iniziano così le prime chiacchiere, i primi visi di sconosciuti iniziano ad avere un nome e qualche sguardo prima sospettoso inizia a trasformarsi in un sorriso.

La prima persona che ho conosciuto nel borgo è stata Teresa, titolare di un piccolo e grazioso salone da parrucchiera. Abbiamo scambiato due chiacchiere, tra una cliente ed una altram e avuto il tempo per un rapido ritratto. Come tanti altri accetturesi ha vissuto e lavorato molti anni lontano da casa, all’estero nel suo caso, salvo poi tornare a coltivare il sogno di una vita serena con forti legami con la propria famiglia e la propria terra.
Sono sempre stati molti i motivi che spingono tanti ad andarsene, sopratutto in età giovanile. L’isolamento, la mancanza di strutture e spazi attrezzati per i più giovani, le limitate prospettive di sviluppo sono sempre state uno dei problemi di queste zone e del meridione in generale, e ancor di più per i piccoli centri urbani.

Ma per tanti che sono andati via in cerca di nuove prospettive, altrettanti sono rimasti a dare fermezza e sostegno alla propria terra; di quelli che sono andati via qualcuno è poi tornato, qualcun altro no, ma è una cosa è certa: chi ha deciso di restare, vivendo e lavorando qui, ha scelto con grande fermezza di mettere la propria vita al servizio della comunità, un bene prezioso e troppo spesso dimenticato nelle grandi città.
Negli ultimi anni, anche la buona politica locale, fatta con impegno e passione, amore per la comunità, ha permesso importanti traguardi che stanno pian piano riportando vivacità imprenditoriale e attenzione per tutte le fasce d’età.

Accettura è pregna di questo sentimento di appartenenza ad un grande famiglia, una comunità: un bene superiore a qualsiasi altro

Fine prima parte [continua]

Nota: tutte le foto sono state realizzate con sistema Olympus / Om System. Clicca qui per leggere l’approfondimento

Si ringrazia Polyphoto SpA per il supporto alla realizzazione di questo progetto

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