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Il paese tra i boschi – un viaggio di Ugo Baldassarre con Olympus OM1 di Ugo Baldassarre (parte prima)

di Ugo Baldassarre



“Dovresti venire al Maggio, quando c’è la festa…” non so quante volte mi sono sentito ripetere questa frase con la luce nel volto di chi ti vorrebbe dare un consiglio da amico senza rendersi conto, invece, che ero esattamente dove volevo essere. I momenti di extra-ordinarietà, per quanto eccezionali possano essere, resteranno sempre tali: extra-ordinari, fuori dalla routine del quotidiano e, dal mio punto di vista, poco interessanti al fine di comprendere l’essenza di un posto nuovo.
E’ nella bellezza del quotidiano, nella normalità dell’incedere tranquillo di questo inizio autunno, che ho lasciato vagare il mio sguardo curioso tra le vie di Accettura, anello di congiunzione tra il bosco di Montepiano e l’immenso Parco di Gallipoli-Cognato.

Un ritratto. E’ questo che volevo fare. Volevo fare un ritratto ad Accettura, il piccolo paese sito tra i boschi ai confini della provincia di Matera. E come tutti i ritratti, nessuno escluso, sarà una azione del tutto arbitraria e soggettiva.
Ho osservato, percorso, vissuto il paese in maniera personale e come tale andrò a raccontarvi questa esperienza svoltasi in arco di tempo di circa 4 giorni.

Ad accompagnarmi in questa missione ho scelto di portare con me un corredo molto ridotto ma allo stesso tempo estremamente versatile. Il ruolo di corpo macchina è stato affidato e, lo dico subito, splendidamente interpretato dalla nuovissima ammiraglia Olympus, la OM1. Volevo avere con me un corpo solido, affidabile, veloce e moderno sotto tutti i punti di vista, non ultimo quello della gestione energetica. La OM1 ha svolto alla perfezione il ruolo affidatole, pur senza mai mostrare le sue reali doti di velocità nel tracciamento o riconoscimento di soggetti in rapido movimento.
Il nuovo mirino EVF da 5k, davvero splendido, mi ha permesso di comporre sempre con estrema precisione e con una accurata riproduzione dell’esposizione e del bilanciamento del bianco.
Con due batterie e un powerbank ho gestito senza il minimo problema le necessità di scatto di tutte le giornate che mi hanno visto impegnato sul campo.

Di tanto in tanto mi è tornato utile avere un file già pronto in Bianco e Nero: per questo scopo avevo creato un profilo personalizzato e lo avevo memorizzato su un Custom Mode (C1/2/3/4 sulla ghiera ) per poterlo richiamare velocemente. Davvero molto comodo ed utile! (per i curiosi: ho sempre scattato in RAW+Jpeg in modo da non perdere mai la possibilità di avere un originale neutro a disposizione). Di tanto in tanto mi sono divertito ad andare più a fondo nella lettura dei dettagli di qualche elemento scenico, utilizzando i 50Mpx dello scatto Hi- Res a mano libera, anche questo facilmente richiamabile tramite il tasto REC. La mia OM1 (con firmware 1.2) ha confermato l’impressionante senso di rapidità operativa che avevo avuto in fase di test in tutte le situazioni affrontate, anche quelle in cui doveva eseguire molti e complicati calcoli: utilizzando il già citato scatto Hi Res, molto utile perchè restituisce un file pulitissimo e non solo ricco di dettaglio, o lo scatto HDR (anche questo associato ad una modalità C sulla ghiera) non rappresentano un problema per l’operatività generale della macchina che torna prona a scattare in pochissimi secondi.

Il parco lenti che ho utilizzato era invece composto da 4 obiettivi serie PRO di Olympus / OM System: L’ 8-25mm Pro f/4, il 20mm Pro f/1.4, il 45mm Pro f/1.2 e il 40-150mm Pro f/4. La scelta di questi quattro vetri è stata volta ad avere contemporaneamente la massima qualità, il minimo peso e l’adeguata copertura focale per tutte le situazioni che avevo previsto di affrontare.
La memorizzazione delle immagini è stata invece affidata alle veloci ed affidabili SD-HC Angelbird V60 II nei tagli da 64GB.

Giunti a questo punto mi sembra il momento giusto per trattare un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che è stato il motore di tutto questo viaggio. Uno degli aspetti più interessanti di questo tipo di situazioni è infatti proprio quello della pianificazione. Contrariamente all’esperienza di viaggio dello scorso anno, ove sono volutamente partito con attrezzature più light e “turistiche”, questa volta avevo bene in mente molti punti fermi da sviluppare pertanto la scelta dell’attrezzatura è stata fatta a monte e con precise intenzioni. Nonostante le percentuali di uso abbiano visto far la parte del leone al tuttofare 8-25 e il piccolo e luminoso 20mm, tutte le lenti, al momento giusto, hanno saputo svolgere il proprio compito ed aggiungere quella qualità e quel risultato che altrimenti non sarebbe stato possibile ottenere.
Il 40-150 Pro ad esempio mi ha permesso, al bisogno, di catturare qualche dettaglio lontano di paesaggio o di qualche soggetto (tra cui un rapace) mentre il 45mm Pro ha fatto la differenza nei ritratti stretti, soprattutto in luce ambiente ed in interni.

Il grosso vantaggio di un sistema fotografico come questo è proprio quello di permettere di portare sempre con te qualcosa che potrebbe forse servire senza compromettere lo zaino.
Per un giorno intero credo di non aver mai montato il 40-150 Pro f/4 neanche una volta: poco male, la sua presenza nel bagaglio era quasi inesistente per peso e spazio occupato.
Un aspetto molto interessante di questo viaggio è che non mi sono mai “nascosto”, non ho mai provato a rubare lo scatto. Tutte le foto che ho scattato, tutte le persone che ho incontrato e con cui ho interagito mi hanno sempre, e chiaramente, identificato come fotografo e hanno sempre esplicitamente o implicitamente acconsentito a farsi immortalare.
Da ogni parola scambiata, da ogni informazione ricevuta si sono innescate ulteriori relazioni che mi hanno permesso di comprendere sempre meglio la realtà e la struttura sociale del paese.
A volte, e questo era uno di quei casi, un po’ di presenza scenica non guasta e la OM1 aveva le dimensioni giuste anche per questo compito: non dovevo essere troppo invadente ma neanche passare inosservato (la mia stazza in questo mi non aiuta molto, eheh).
Spendo volentieri a questo punto anche due parole sull’ergonomia: essendo leggermente più alta della OM-D E-M1 II e III, la presa della mano è decisamente più comoda, al punto di farmi dimenticare di impugnare un body senza il vertical grip: le ghiere di scatto disposte come sulla E-M1X mi hanno fatto sentire subito a casa (chi invece arriva dalla E-M1 2 o 3 dovrà probabilmente adattare un po’ la presa alla nuova disposizione delle ghiere).
L’unica incertezza che posso segnalare nell’uso che ho fatto della OM1 è che, utilizzando quasi sempre il punto AF singolo Small, questo risulta essere un pò piccolo visivamente: tra uno scatto ed un altro, ad esempio dopo aver allontanato la macchina dall’occhio, facevo un po’ fatica a ritrovarlo velocemente (soprattutto nelle inquadrature con molto verde, che non mancava certo). Potrebbe essere una opzione interessante quella di poter magari colorare o variare l’intensità luminosa dei punti AF in modo da renderli più vistosi o meno a seconda dei casi: è la prima volta che mi sento di segnalare questa cosa perchè nelle precedenti fotocamere il punto piccolo era comunque abbastanza vistoso (d’altronde i punti di MAF si sono decuplicati sulla OM1 pertanto è la prima volta che ci si scontra con questa novità).


Una curiosità: non ho avuto bisogno di utilizzare il caricatore fornito a corredo con la OM1 (ne è la prova che è ancora sigillato) sebbene più potente di quello che avevo con me. Lo standard USB-C, combinato con un caricatore a doppio slot e un powerbank da 20.000 Mha hanno reso estremamente comoda, versatile e rapida tutta la gestione energetica. E’ stato davvero comodo avere con se pochi accessori, compatibili tra loro e anche di facile reperibilità (un cavo USB-C o un adattatore di rete USB lo si trova davvero ovunque ormai).


Il progetto è stato realizzato in collaborazione con Polyphoto SpA, distributore esclusivo per l’Italia dei marchi Olympus, OM System & Angelbird

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