Fotografare per tramandare. Qualcuno, qualcosa, un momento, una idea, un fatto. Fotografare per avere un riscontro oggettivo e non solo emotivo di qualcosa che abbiamo vissuto. Questo è l’uso più comune e naturale che si attribuisce al gesto fotografico. Archiviare momenti, sensazioni, informazioni.
Ma ho scoperto un altro modo altrettanto divertente ed utile di usare la fotografia.


La nostra memoria è come un enorme database in cui viene archiviato tutto il nostro vissuto. Per nostra comodità facciamo una selezione automatica delle informazioni prioritarie e lasciamo altri cassetti tantissime informazioni ritenute ormai non utili. Tantissimi ricordi, avvenimenti del nostro passato, anche piccoli ed insignificanti si trovano quindi ben conservati ma non a portata di mano.
Questa estate ho avuto modo di trascorrere davvero tanto tempo nella mia terra natìa e ho avuto modo di constatare quanto fosse a tratti semplice innescare questo processo di risveglio. Sono rimasto anche particolarmente impressionato dalla quantità di dettagli che riuscivo a ricordare di situazioni ritenute, fino a pochi istanti prima, dimenticate.
Mi è capitato ad esempio di “risvegliare” tutta una serie di gesti, di volti, e a catena tanti altri ancora correlati anche in maniera indiretta semplicemente osservando delle vecchie sedie che mia madre aveva disposto nel retro della casa in campagna. Le ho fotografate in maniera semplice, spontanea, come si prenderebbe un appunto su un blocknotes, con il mio smartphone e le ho stampate con la mia Kodak Classic Smile, una fotocamera/stampante istantanea, ormai sempre con me.
Era stato un gesto impulsivo. Avevo sentito il bisogno di immortalarle senza pormi troppi domande.
Queste stampe, così realizzate, hanno anche la simpatica caratteristica di essere autoadesive: da li, il passo ad iniziare a creare una sorta di diario-album fotografico è stato brevissimo.
Un Moleskine (altro mio grande alleato), una buona penna e via , è iniziata una vera e propria caccia ai ricordi!


Nel momento stesso in cui incollo una fotografia su una pagina vuota del diario le parole iniziano fluire dalla penna e vengo travolto da una serie di altre immagini e ricordi: man mano che scrivo e sviscero questi flashback, come una reazione a catena, ne arrivano altri e altri ancora. Nomi di persone ormai lontane nel tempo, sensazioni dimenticate, dettagli sfuocati luoghi di cui serbavo solo un vago ricordo: tutto diventa chiaro e nitido, come se avessi sbloccato parti in “standby” della mia memoria.
Fotografare il presente per ricordare il passato, potrei semplificare; in realtà è un esercizio ed una esperienza molto più complessa, articolata e gratificante. E’ una specie di transfer che si verifica tra un oggetto o una situazione nel presente con qualcosa accaduto nel passato.
Ho iniziato allora a farlo in maniera costante, iniziando a riempire in maniera sistematica il blocco cercando di arginare questa abbuffata di informazioni mettondole per iscritto per non disperderle nuovamente nei meandri della memoria.
Ecco una parte del testo con cui ho accompagnato questa fotografia:

“ Quando compii 18 anni dovetti aspettare ancora quasi un anno per poter prendere la patente. A mio padre non piaceva né iniziare né comprare cose prima dell’estate (per non sprecare i mesi di stop estivo) e così iniziai la scuola guida solo al rientro a scuola dell’ultimo anno (di liceo).
Nel frattempo però molti miei amici avevano già conseguito il brevetto e la sera si usciva con i loro veicoli. Tra questi uno dei più gettonati era la “diana” di Danilo…
… audiocassetta sempre nel lettore, in genere Carcass i Pantera (era il 96) e via per le vie di Matera per recuperare gli altri e uscire la sera… [continua]
Molti ricordi legati a questo testo, come ad esempio la fissazione di mio padre per non comprare elettrodomestici prima di partire per le vacanze, mi sono sovvenuti in mente man mano che scrivevo e non sono per nulla legati al fatto principale, tantomeno alla foto di partenza. E’ un processo decisamente interessante e affascinante, consiglio a tutti di provarci.
In fondo scrivere e fotografare sono due azioni abbastanza simili: in questo fluire diventano due azioni complementari, quasi naturali, che trovano ulteriore forza nella privacy del progetto stesso che per sua natura esiste in unica copia.
Devo ammettere che un ruolo fondamentale in tutto questo lo ha giocato la suddetta fotocamera istantanea Kodak Smile Classic che mi ha permesso di trasformare immediatamente tramite la comoda app e connettività bluetooth un qualsiasi appunto visivo preso in un’ immagine pronta per l’uso (ho stampato da smartphone, direttamente dalla Kodak, o dalla mia Olympus condividendo poi il file con il telefonino).
Se c’è una cosa che amo della fotografia è questo suo potere che sa manifestarsi in tanti modi differenti, tutti egualmente affascinanti.
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