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Road to Nordkapp – Trentaseiesima tappa: Soderham

di Emanuele Mei

Mercoledì
ore 8.30

Non mi era mai capitato di svegliarmi la mattina essendo fissato da un lupo, e spero che non ricapiti altrove. In ogni modo la nottata è stata piacevole, calma, sopratutto è stata asciutta.
Mi alzo e preparo le valige mentre Ray mi porge una tazza di caffè, seguita da una colazione siriana che ha tutta l’aria di essere un pranzo. Ci salutiamo. E’ stata davvero una notte regalata, questo tipo d’ospitalità disinteressata che fa bene al cuore.

Mi rimetto in sella alle 11.30. Oggi non coprirò una grande distanza, devo ancora comprare le provviste per il viaggio. Il meteo è clemente, l’aria è pungente ma mi consente di andare avanti senza troppi intoppi. Alle 12.30 sto finalmente pedalando verso nord. Percorro la E4 per diversi Km, è una strada abbastanza noiosa. Grossi camion rischiano di farmi cadere ogni volta a causa dello spostamento d’aria che generano al passaggio. Oggi non farò deviazioni e non percorrerò sentieri avventurosi. Salite e discese d’asfalto regolano la mia l’andatura. Ogni tanto mi fermo a sgranocchiare qualcosa.

E’ un pomeriggio che mi fa pensare ai ricordi che avevo promesso di lasciar chiusi nel cassetto. Ho l’emotività di chi percorre una strada senza ritorno, come del resto ho fatto ogni giorno per 40 anni, ma senza dare troppo peso alla cosa. Le memorie consistono in impressioni visive prive di qualsiasi nesso cronologico. E’ la qualità del ricordo che imprime la precedenza di alcuni su altri. Ogni armonia che credo di riconoscere ricostruendo la mia vita è un miraggio dell’esistenza, l’illusione di un significato che in realtà è solo la manifestazione della mia volontà, a cui i ricordi cercano d’imporre una forma. La vita mi appare come una privazione, un bisogno costante fatto di affanno e dolore. Un percorso che a tratti è appagato dal raggiungimento di un fine, cui segue una sensazione di sazietà a cui sopraggiunge la noia. L’ignoranza è davvero l’unico strumento per vivere una vita lontano da scosse emotive e da un senso d’inadeguatezza. Tutto si mischia nella mia mente generando il disordine. Secondo gli antichi il Kaos, ossia il disordine, è formato dal Kosmos, l’ordine delle cose. Ma è dal Kaos che nasce il Tutto. Il rapporto con l’immenso è sfondo costante e inconscio ad ogni mia azione quotidiana. Non medito quasi mai sul Tutto, mi applico per abitudine solo sui particolari che guidano la mia osservazione delle cose. Eppure, questi particolari sono legati tra loro in un Tutto. Il loro stare insieme forma la totalità delle cose. Il Tutto contiene il visibile e l’invisibile, l’impossibile e il possibile, le illusioni e le consapevolezze. Il Tutto è un confine all’estremo della mia comprensione, un’entità divina fuori dalla mia portata.

D’un tratto sento un rumore metallico, secco. Mi fermo e noto due raggi rotti nella ruota anteriore. Non ho mai avuto problemi all’avantreno finora. Per scrupolo controllo anche il posteriore della bicicletta e anche qui vedo che un raggio è spezzato.
Ho rotto tre raggi in un solo giorno pedalando sull’asfalto, chissà quanto mi costerà. Riprendo la strada e mi sembra di pedalare sulle uova, le ruote “svirgolano” di brutto!! Individuo il primo meccanico nella città di Soderham a 20 km, ma non è più l’ora giusta per le riparazioni. Il sole sta tramontando e la temperatura scende drasticamente con il calare della luce. Mi fermo qualche km prima della città e monto la tenda davanti a un castello. Il luogo è accogliente, mi trovo in un’insenatura marina sopra un prato verde molto curato. In dieci minuti sono dentro al sacco a pelo.
Qual è la vera destinazione di questo viaggio assurdo? Lo scopo può essere salvarsi dal niente? Cerco di essere, ma l’essere è il positivo contrapposto al non essere, in cui non vi è niente, al confine del Tutto. Dovrei allargare la mia prospettiva ed abbracciare la totalità delle cose? Non ho abbastanza occhi per vedere e nemmeno il mio cuore è forte abbastanza per sopportare quello che la mente non comprende.

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