Sabato ore 8.00
Non manca molto alla meta, ho voglia di partire in fretta; Rovaniemi è una tappa fondamentale nell’economia del viaggio. E’ l’ultimissima città, se così vogliamo chiamarla. Dopo ci saranno solo piccoli villaggi formati da poche case disposte in ordine sparso. La notte piove come mi aspettavo, il solito rumore dell’acqua sulla tenda non mi da tregua. Dormo a fatica ma senza preoccupazioni, Rovaniemi non è distante e ci arriverò con un giorno d’anticipo rispetto al programma che ho abbozzato.
La mattina il tempo rimane variabile e una debole pioggia si alterna a schiarite che scaldano l’aria. Non mi sono rimaste molte provviste e la prima colazione è un po’ misera. Incontro la prima area di servizio dopo 8 Km, mi fermo e prendo il primo caffè della giornata. Le stazioni di servizio in Finlandia sono molto diverse da quelle svedesi. Mentre le ultime contano supermarket forniti di qualsiasi genere alimentare a prezzi da grande distribuzione, quelle finniche sono dei ristoranti veri e propri con un piccolo angolo che vende generi di prima necessita a prezzi non abbordabili. Mi adeguo. Alla fine questi luoghi lungo la strada, seppur sporadici, sono un appoggio fondamentale per la riuscita del mio viaggio.
Il ristorante è grande, l’odore del legno con cui è costruito è rassicurante. La cameriera è sorridente, mi porge una tazza di caffè nero. Alle 11.00 riparto senza troppa convinzione, la pedalata è molla, il peso dei bagagli si fa sentire, ma i Km da percorrere non sono tanti. Osservo poche campagne vuote con al centro case diroccate in stile finnico, costruite in legno, dotate di grandi finestre e con tetti molto spioventi. La terra è ghiacciata. Le carcasse delle auto abbandonate fanno da cornice a uno sfondo lunare. Man mano che mi allontano dalla costa la temperatura scende e le deboli gocce di pioggia che mi bagnano il volto si trasformano in spilli di ghiaccio. I miei occhi si chiudono frequentemente per mantenere il fuoco sulla strada.
Rovaniemi non è come me l’aspettavo. Il centro è molto piccolo, l’architettura della città è studiata per una vita al chiuso a causa delle rigide temperature invernali. I piccoli centri commerciali sono numerosi e svolgono la stessa funzione d’aggregazione sociale delle nostre piazze. Lungo i corridoi al chiuso gli abitanti passano il loro tempo libero passeggiando e chiacchierando con caffè bollenti alla mano. L’economia della città ruota intorno al turismo e lo si nota dai marchi globali dei negozi che rassicurano e spingono i turisti a caccia di aurore boreali ad aprire il portafoglio.
La creazione del villaggio di Babbo Natale sulla linea del Circolo Polare non è un casuale, la segnaletica porta ogni anno migliaia di turisti all’attraversamento della linea magica e a spendere cifre importanti in un’epoca che riconosce l’egemonia dei selfie realizzati come un rituale. E’ un turismo non di conoscenza ed esplorazione come potrebbe suggerire l’attraversamento di un confine così importante. Se non ti fai una foto sulla linea significa che non sei mai stato al circolo polare! Questo è il tempio della mercificazione delle esperienze. Lunghe code per fare un foto con Babbo Natale (quello originale sia chiaro), al prezzo di 40 euro e il divieto assoluto di usare smartphone per incrementare gli incassi. Il circolo polare non è più percepito come un confine estremo ai margini e camminare sulla linea è diventata un’esperienza preconfezionata che alimenta l’industria dell’intrattenimento in un luogo dove la fantasia sparisce con l’aumentare del flusso del denaro. La linea artica separa questa regione, fredda, bianca e inospitale dal resto del mondo, caldo e colorato. Anche il villaggio di Babbo Natale è costruito in tal modo, forse causalmente o forse no. I negozi che vendono souvenir e l’albergo sono collocati per la maggior parte sotto il confine, mentre al di sopra si trovano poche attrazioni che suggeriscono un luogo ostile, misterioso e inospitale.
Ho affittato un appartamento per pochi giorni, ma sarà pronto domani, dopo aver pranzato nel solito fast food prenoto un letto nel dormitorio dell’unico ostello presente nel centro della città.
Ho la necessità di revisionare la bicicletta, cambiare i copertoni normali con quelli chiodati e aggiustare il solito raggio spezzato a metà. Il mio tempo a Rovaniemi è anonimo. Non faccio nulla, non vedo nulla. Qui la vita è un loop. Le ore e i giorni si ripetono allo stesso modo. L’atmosfera perennemente grigia non mi aiuta. Le vie delle strade sono deserte, il vento gelido annuncia l’arrivo delle perturbazioni che porteranno definitivamente l’inverno. Questo è il momento peggiore. Le spese aumentano, l’attrezzatura necessaria per proseguire è costosa e non ne posso fare a meno. Il pernottamento e il sostentamento sono davvero onerosi. Questo luogo mi sta fagocitando. I numerosi problemi tecnici legati alla bicicletta e gli ultimi giorni di pioggia mi obbligano a una sosta forzata di 10 giorni che oltre ad incidere sul budget sta avendo un effetto negativo sul morale. Non ne posso più di stare fermo. Il riposo è fondamentale per me, ma quando diventa ozio mi toglie l’entusiasmo e non posso permettermi un down a questo punto del percorso. Domani ripartirò nonostante la bici non sia la 100% o rischio di rimare qui senza poter andare né avanti e né indietro.
In gioco c’è più di un viaggio. C’è l’incontro con me stesso, con quello che sono realmente e non con quello che devo essere.
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Vivo in un piccolo paesino della Liguria, in riva al mare, dove sono tornato dopo aver studiato archeologia, arte e fotografia a Genova, Roma e Milano. Da un decennio sono impegnato in progetti a lungo termine con finalità sociali e di approfondimento in est Europa, Asia e nell’area del Mediterraneo. Utilizzo la fotografia come strumento d’indagine nello studio di ciò che mi interessa e quel che mi circonda. Sono da sempre un sostenitore dell’originalità, riversata nel linguaggio contemporaneo che cerco nella mia scrittura, nelle immagini e nella vita. Sostengo l’editoria indipendente e amo il libro in tutto le sue sfaccettature.
Dopo alcuni corsi di tecnica fotografica a Genova durante gli anni dell’Università decido di approfondire le mie conoscenze sul linguaggio e mi trasferisco a Milano dove frequento l’accademia John Kaverdash. Successivamente, sempre a Milano, partecipo alla Bauer dove svolgo un Master in ritratto fotografico e un Master per Photo Editor, per poi passare all’academy dell’agenzia LUZ.
Infine mi accosto a Door a Roma, frequentando dapprima un Master internazionale sul libro fotografico e svariati workshop con autori internazionali, diventandone membro nel 2019.
Sempre nel 2019 svolgo un Master per curatela museale on line presso Artedata.
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