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Road to Nordkapp – Trentanovesima tappa: Harnosald – Örnsköldsvik

di Emanuele Mei

Sabato 24 settembre.

Mi è sempre piaciuto il sabato e il 24 viene dopo il 23 che di solito è un numero che mi porta bene, poi c’è il 25 e dopo addirittura il 26! Mi alzo con ottimismo, non piove. Brandelli di nuvole argentate nascondono il cielo e diffondono la luce in tutte le direzioni rendendo la mattina grigia e piatta. Il mare è scuro, accarezzato in superficie dallo stesso vento che alza la polvere bianca dalla spiaggia. E’ un giornata assente con un orizzonte confuso, come confusi sono i miei pensieri su cosa fare nelle prossime ore. Riassetto la mia roba, senza alcuna fretta chiudo le borse e piego la tenda.
Le batterie di tutti i miei dispositivi sono completamente scariche così decido di fermarmi per caricarle e poi ripartire. Non posso avere un giorno buco nella documentazione, non che ai fini del film questo cambi le cose, ma è importante che tutto sia sempre disponibile e pronto all’uso.
Attraverso un ponte di ferro che collega le due sponde del fiordo, la città è molto piccola, le case sono di mattoni e i muri intonacati di beige. Una vecchia risale la strada dal supermercato, con fatica si appoggia al girello carico di sacchetti della spesa. Da una finestra al primo piano esce una musica dance anni ’90 e l’odore di merluzzo arrostito. Alcuni ragazzi si riparano dal vento teso e pungente dietro la paratia di un gabbiotto della fermata del bus.

Entro nel solito fast food, ordino un caffè e metto i dispositivi in carica. Dopo qualche ora comincia a piovere con una certa intensità. Partire così sarebbe una tortura quindi cerco e trovo una pensione a poco, un lusso da questo parti. L’ostello si trova fuori dal centro, la struttura è fatiscente e l’ordine delle stanze lascia intuire una destinazione d’uso ospedaliera in precedenza.

Dopo aver sistemato le mie cose esco per dare un’occhiata più approfondita nei dintorni, incontro molti lavoratori emigrati dal medio oriente. Le loro mogli indossano lo Hijab. L’immigrazione musulmana in Svezia non è una certo una novità degli ultimi dieci anni. I primi arrivi sono dalla Bosnia ed Erzegovina, ma la comunità più ampia è quella irachena. Non mancano altre popolazioni provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente.
Passeggio senza meta, qui non c’è molto da fare. Arrivo in fondo alla strada, mi siedo su uno scoglio nella baia e guardo il mare sotto una pioggia leggera. Qui lo sguardo trova quiete per qualche minuto, lontano dalle pressioni esterne. Qui la bellezza bussa nella mia mente ed entra in punta piedi presentandosi per la prima volta. Il bello è uno stile, non è una moda. Il bello è tale perché mi fa scoprire la verità dell’essere. Osservo le onde del mare come un’opere d’arte, resto incantato. Un fiume emozionale si trasforma in una marea di domande e in attimo mi ritrovo a dialogare con la bellezza della veduta naturale che sto osservando.

Il fumo sale dai camini, l’odore della legna mi riporta con i piedi per terra, è ora di rientrare. In ostello la Tv è sintonizzata perennemente sulle notizie del giorno. Scorrono le immagini di cittadini russi che generano chilometri di code al confine con Finlandia per evitare l’arruolamento forzato. Le proteste contro la leva obbligatoria sono scopiate in tutta la Russia e negli ultimi giorni 20 centri di reclutamento sono stati assaltati dalla popolazione.
Addormentarsi in un letto vero e dopo una cena a base di surgelati mi provoca una certa emozione.

Domenica 25 settembre

La mattina mi sveglio abbastanza presto per riprendere il viaggio, faccio colazione, preparo la bicicletta e parto puntando dritto su un super mercato per acquistare le provviste necessarie per la giornata. Dopo circa un’ora di pedalata intercetto un negozio ma è chiuso. E’ domenica! Il settimo giorno è sacro nel nord Europa e non riesco a farmelo entrare nella testa. Senza provviste non posso certo fare molta strada, contando che dovrei accamparmi poi…
Decido di tornare indietro con la coda tra le gambe, in città trovo aperto solo il Lidl, compro quello che mi serve e trovo una sistemazione nell’ostello di fronte a quello della sera precedente, che è peggiore e più costoso. Mi risistemo in una camera davvero angusta che sembra più una stanza di una galera che una camera di un ostello. Sarebbe stato meglio dormire in tenda. La prendo con filosofia e passo il resto della giornata scrivendo e aggiornando i dati. Per me la fotografia è un’esperienza fisica, e come tutti i rapporti è fatto di amore sconfinato e odio profondo. Così a tratti mi alzo dal letto ed esco fuori con nervosismo pensando di farla finita per oggi, poi rientro in camera, faccio pace coi miei demoni e mi rimetto a fare editing.

Lunedi 26 settembre


Finalmente posso davvero ripartire dopo questi tre giorni di chiusura nel villaggio più anonimo del nord della Svezia.
Questa mattina il solito canale delle notizie esordisce con un titolo diverso:

”Italy’s nationalist right triumphed at a general election”.

Non è una grossa sorpresa per me, tramite i social sono sempre connesso con il mondo che mi sono lasciato alle spalle, e devo dire con franchezza che in soli due mesi dalla mia partenza è sensibilmente peggiorato. Il risultato delle elezioni è indifferente, ogni italiano lo sa! Tutta la politica dello stivale si base sul niente da anni e dal niente si genera niente. La Tv continua:

“Un’alleanza di tre partiti guidata dai Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni ha ottenuto una solida maggioranza in entrambe le camere del parlamento. La Meloni è quasi certa di diventare la prima donna primo ministro d’Italia. Nonostante il suo partito abbia radici neofasciste, ha cercato di presentare un volto rassicurante agli elettori. Promette di non vietare l’aborto o le unioni civili gay e di attenersi ampiamente ai piani di riforma economica dell’Italia come concordato con la Commissione europea a Bruxelles. I mercati sembravano tranquilli riguardo alla sua vittoria.”

Lascio Harnosand così…

Fuori dal villaggio ci sono piantagioni di mais che si alternano ad altissimi alberi. Ai falchi si sostituiscono le aquile, belle, volano in cerchio attendendo il momento giusto per piazzare la zampata.
Questo è un luogo che provoca sicuramente un eccesso di spirito, uno di quei territori che hanno un posto privilegiato nell’esperienza umana.

Dopo aver pedalato quasi tutto il giorno sotto la pioggia arrivo nei pressi di Örnsköldsvik e qui il copertone posteriore esplode squarciandosi nel lato destro, sulla spalla. “Maledizione! Non ci credo! Si, per forza! Qualcuno sta tifando contro di me! Non ci sono altre ragioni!”. Come tutte le volte precedenti non mi piego, non perdo tempo a compiangermi, ci rido su e scatto una fotografia. Trasferisco l’istantanea di ciò che ho di fronte al passato, solo cosi spero di continuare ad andare avanti. Con Harnosand è stata sfiga a prima vista! Forse è arrivata per un motivo, a volte basta ribaltare le prospettive per cogliere i significati incoraggianti negli avvenimenti. Comunque spero di lasciarmela alle spalle appena uscito dalla contea di Västernorrland, mi è simpatica solo se presa a piccole dosi.
Cerco una sistemazione per la notte. La trovo ad una cifra abbordabile però comunque fuori dal budget. Questa notte avrei dovuto montare la tenda, ma con la gomma conciata così preferisco essere pronto per sostituirla velocemente domani mattina. Non c’è nemmeno un negozio di biciclette nel centro e di arrendersi all’eventualità di prendere un treno verso nord non se ne parla. Piuttosto lego la bici da qualche parte, vado io in treno verso sud, compro un copertone e lo cambio.
Dopo aver chiesto ad ogni persona incontrata in ogni angolo del villaggio, individuo un tale identificabile come il pusher di copertoni del circondario. Ottengo il suo numero di telefono. Lo chiamo e mi dà appuntamento l’indomani alle 10 di fronte a casa. Sono entrato in un triangolo delle Bermude svedese, un luogo assurdo e inospitale, a me inviso e che non ha alcuna intenzione di lasciarmi andar via.

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