Vorrei con queste poche righe richiamare l’attenzione su quelli che a mio avviso sono ad oggi i canoni espressivi e le linee guida di riferimento della fotografia amatoriale in Calabria.
E’ giusto innanzi tutto prendere atto che il fotoamatore solitamente riempie il suo portfolio con ciò che rappresenta il mondo a cui appartiene, le occasioni fotografiche e quindi le foto cambiano di norma da regione a regione e, a meno di non realizzare un servizio di viaggio in paesi lontani, è molto facile da queste stabilire la provenienza territoriale del fotografo stesso. Questo sostanzialmente succede per via di una omologazione indesiderata, ma sempre pressante ai giorni nostri, e sostanzialmente per una cultura ristagnante e per molti versi uniformata a dei luoghi comuni duri a morire oltre che da una diversa educazione al bello, nel senso più letterale della parola.
Con l’esplodere della tecnologia digitale hanno preso piede anche un’infinità di forum e community virtuali, sfruttando la rete internet, che hanno avuto la peculiarità di aprire le porte dei circoli fotografici locali, da sempre luogo di ritrovo dell’appassionato, ad un circolo di dimensioni enormi, al mondo vorrei dire ma nello stesso tempo vorrei circoscrivere il fenomeno ai confini nazionali perché per una volta ancora vorrei porre la Calabria di fronte alle realtà fotografiche delle sole altre regioni italiane.
E così possiamo notare come gli interessi del fotoamatore lombardo e laziale risultano essere molto variegati, come l’emiliano prediliga le foto sportive, le corse e i motori, come il ligure e il toscano curino il paesaggio piuttosto che la figura ambientata, come i campani e i pugliesi abbiano un debole per il glamour e i veneti sempre più spesso ci propongono le loro padane composizioni a base di nebbia e alberi d’alto fusto con delle presenze femminili mozzafiato da contraltare al tutto.
La macrofotografia, la fotografia naturalistica e la fotografia creativa d’avanguardia risultano distribuite invece sul territorio nazionale a macchia di leopardo.
Tutto ciò premesso con i dovuti distinguo e le necessarie eccezioni.
In un contesto come quello descritto, che non vuole dettare alcuna regola ma che riflette un quadro frutto dell’esperienza diretta di colui che scrive, come si colloca la Calabria? Il fotoamatore calabrese può ritenersi in linea con le tendenze attuali? Da cosa è caratterizzata la sua produzione di immagini? Da calabrese posso solo stringere un po’ le spalle e raccogliere i cocci di ciò che resta della fotografia nella nostra regione.
Si tratta quasi sempre di immagini documentative di luoghi ameni, di civiltà in via di estinzione, di usi e costumi sicuramente meritevoli delle nostre attenzioni, forse troppo, di edifici pericolanti, di mura arse dal sole e di volti di vecchi anziani, anche loro arsi e segnati dal tempo che passa.
Difficile trovare nelle immagini dei calabresi il sorriso di una giovane donna, la spensieratezza di un bambino e meno che mai l’eros che traspare invece nelle fotografie dei nostri colleghi della restante Italia.
Difficile ravvisare lo sforzo cerebrale che fa la differenza tra la calabresità e la calabritudine, l’abitudine quest’ultima di assumere anche in fotografia un atteggiamento vittimistico intriso di autocommiserazione e di ricordi.
Una fotografia rivolta al passato, dunque, anche se molto più spesso viene praticata con attrezzature d’avanguardia ma pur sempre rivolta indietro piuttosto che proiettata al futuro.
L’opera di documentazione ad oltranza è sicuramente un ottimo mezzo di nobilitazione dell’animo e, aggiungerei, un dovere nei confronti dei posteri a cui non sarà dato di conoscere le tradizioni perdute, ma la documentazione non deve prendere il sopravvento sulla vena creativa ed espressiva di un giovane fotografo, non il vecchio, non il muro scorticato, non la processione della madonna addolorata devono distrarre il fotografo da quel gusto del bello, già prima citato, che a volte manca del tutto anche a livello sociale e diventa merce rara e preziosa alle nostre latitudini.
Un mio plauso quindi a tutti coloro che aprono la mente verso nuovi orizzonti di luce.
Domenico Giampà Fotoamatore
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Sono nato a Catanzaro nel 1964 da padre fornaio e madre casalinga, a loro innanzitutto corre il mio pensiero e il mio ringraziamento per avermi curato nel corpo e nello spirito tra mille avversità e ristrettezze.
Dopo gli studi tecnici e un diploma di perito elettronico lasciai la mia città in cerca di fortuna al nord Italia, un classico della mia generazione, un marchio di fabbrica di ogni famiglia del sud che si rispetti, quello di avere almeno un emigrato tra i suoi componenti, io fui il primo e di ciò non sò a tutt’oggi se esserne fiero oppure no.
Una vita come un’altra divisa tra lavoro e passione per una vecchia reflex manuale con la quale iniziai a dilettarmi. Agli esordi fui affascinato dal mezzo tecnico e dalla esigenza documentativa verso la città che, fin da giovane, mi accolse e a cui tutto devo in termini di formazione, Torino. Fu per me, come per tanti, la mia nuova città adottiva che mi educò al rigore e all’equilibrio estetico.
Iniziai da giovanissimo a frequentare il mondo fotoamatoriale degli anni 80 e mi resi conto in fretta che esisteva tutto un mondo di “praticanti” della nobilissima arte della fotografia.
Molti i soggetti delle mie immagini ritratti nel tempo, alla ricerca di una personalità, ho toccato tutti i settori fotografici e alla fine ho rivolto l’attenzione alla figura ambientata e al sociale, che prediligo al di sopra di tutto.
Il reportage è oggi la mia unica vera passione.
Risiedo attualmente a Satriano, un piccolo centro della costa jonica nel soveratese.
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