Freedom is …Fotografia tra ritratto sociale e presa di parola
Ma come nasce un progetto fotografico? I casi possono essere i più distinti e a volte può anche non essere frutto di accurate ricerche
e pianificazioni. A volte nasce semplicemente dall’incontro tra identità e “Freedom is …” è stato il luogo d’incontro tra una fotografa anarchica e delle identità inespresse e marginalizzate.
Un progetto a più mani nato in collaborazione con le persone accolte nella comunità per senza tetto di Emmaus Catanzaro. La fotografia di ritratto in questo progetto è usata come strumento semiotico e politico, di narrazione d’identità e di presa di parola. La fotografia è uno strumento potente attraverso cui non solo è possibile compiere azioni politiche nel senso più puro del termine ma è anche strumento attraverso cui ricostruire ed esprimere identità.
Ne sapeva qualcosa la Letizia Battaglia che in quanto donna e sicula si ritrova a essere marginalizzata all’interno del proprio contesto socio-culturale e politico di appartenenza e scopre, come altri fotoreporter, nella fotografia uno strumento di narrazione e al tempo di
trasformazione della “realtà” vissuta.
Perché un progetto su delle identità ai margini? La risposta va cercata nei tempi che viviamo che hanno visto, a dispetto del tentativo di
omogeneizzazione e omologazione, una crescente frammentazione delle realtà socio-culturali. “Who needs identity?” scrive Stuart Hall. (Questions of Cultural Identity eds S. Hall and P. du Gay, London , Sage , 1996) Oggigiorno la questione dell’identità e in particolare delle minoranze è diventata di fondamentale importanza tanto da giustificare la creazione di facoltà universitarie all’interno delle quali si studiano le identità e i fenomeni a esse legati.
Tantissimi sono poi i movimenti nati con lo scopo di affermare attraverso ogni strumento e linguaggio le identità marginalizzate. L’obiettivo è quello di preservare la ricchezza di un determinato sistema socio culturale e politico rendendo partecipi, attraverso la presa di parola, tutte le realtà esistenti al suo interno. La fotografia non è che uno dei tanti strumenti che possono essere utilizzati se ci si propone questo genere di obiettivo.
Freedom Is è quindi un progetto di fotografia di ritratto sociale e al tempo un atto di presa di parola da parte dei soggetti fotografati che hanno accettato la sfida di prendere la parola ed esprimere in un testo scritto il loro personale concetto di libertà.
Nove teste, nove ritratti e nove testi, tanti quanti le persone che hanno partecipato attivamente al progetto. Un gioco contorsionistico, in cui nove persone attraverso il progetto si sono riappropriate della libertà di parola per parlare di libertà.
Un atto anarchico, di libertà e liberazione, attraverso la presa di coscienza e di parola, è il significato del messaggio che la fotografa ha voluto veicolare in ogni lavoro del progetto e questo significato è contenuto nel gesto di rottura della gabbia mentale, imposta dalla
società o da noi stessi, rottura della gabbia che è mimata attraverso la lenta dissoluzione della stessa all’interno del campo visivo.
Il Campo visivo è orientato orizzontalmente attraverso un gioco di luci e ombre.
Il lento degradare orizzontale della luce verso la zona d’ombra ha lo scopo di narrare un viaggio interiore all’interno del nostro subconscio, il nostro Es, la nostra parte rimossa, “The dark side of the Moon”.
Il punto di vista della narrazione è al tempo stesso in prima e terza persona in un continuo guardare il mondo dal proprio e dell’altrui punto di vista, punto di vista del fotografo ma anche dal punto di vista del soggetto rappresentato e del pubblico che guarda invitato a
partecipare a un viaggio alla scoperta della parte nascosta di ognuno di noi, quella che spesso risulta la più libera da condizionamenti.
Questo percorso di fruizione di dipana attraverso foto e testi verbali e rende assolutamente partecipe il pubblico all’interno di un percorso stilistico che è al tempo stesso analitico e partecipativo, etico ed estetico. “Freedom Is …” è stato un progetto ambizioso e anche un po’ arrogante perché si proponeva una scommessa, entrare nelle teste altrui e scavare in profondità per vedere che cosa ne sarebbe sortito.
Una scommessa che per ora è stata vinta e che ha portato alla realizzazione di una mostra da subito concepita come itinerante e che toccherà la Calabria, Satriano Marina, la Toscana, Viareggio e Prato e la Campania, Napoli. Il progetto prevede la possibilità di espandersi per inglobare nuove realtà e nuove identità marginalizzate.
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