“Le tue prime 10.000 fotografie sono le peggiori”. È una frase attribuita a H.C. Bresson che non ho mai dimenticato. Ho sempre pensato a cosa rappresenti quel numero; a quanto tempo e a quanto impegno siano necessari per imparare a fotografare. Si potrebbe pensare che 10.000 fotografie non siano poi così tante. Ma la frase risale ai tempi della fotografia analogica.
Più di recente mi sono imbattuto nel grafico in allegato. L’immagine mette in relazione le varie fasi dello studio della fotografia con l’apprezzamento, che un fotografo ha, per il risultato del suo lavoro. Quello che sembra un giochino, ideato quasi certamente da fotoamatori per far sorridere altri fotoamatori, mi ha portato a riflettere molto. C’è ovviamente un pò di ironia, ma anche molta verità. Si evince come l’autostima del novizio scenda a livelli minimi non appena inizi lo studio della materia, salvo poi innalzarsi lentamente, solo molto tempo dopo.
È giusto sottolineare che questo grafico non può essere universale, eppure rappresenta la maggior parte dei neo appassionati. Il grafico rispecchia la realtà che ho vissuto negli ambienti associativi e ci dice che gli appassionati, all’inizio del loro percorso, hanno spesso grosse difficoltà nel trovare la propria strada e vivono un complesso di incapacità. Il che è assurdo se si pensa che la fotografia è, prima di tutto, uno strumento culturale in cui la sensibilità individuale è un fattore determinante.
Sono arrivato alla conclusione che queste difficoltà non hanno niente a che vedere con le reali capacità e sensibilità fotografiche degli appassionati. Piuttosto, a generare frustrazione, è il modo con cui ci si approccia alla fotografia. Quasi sempre manca una riferimento adeguato, una guida che conosca a fondo la cultura fotografia e che sappia infondere le giuste direttive iniziali. Sopratutto oggi, dove i videotutorial e presunti maestri fioccano in ogni angolo del web, è ancora più difficile orientarsi.
Per la maggior parte degli appassionati, non solo nuovi, ma anche “vecchi”, è normale credere che fare fotografia equivalga a saper usare le tecniche fotografiche. In fondo se siamo attorniati da fotografi che ci dicono così, perchè dovremmo pensarla diversamente?
E qui, come indica il grafico, si entra in un vortice di negativismo.
Non ci si ritiene in grado di scattare fotografie valide perchè non si conosce bene il funzionamento della macchina fotografica o non si possiede quell’obiettivo particolare o non si sa fare post-produzione.
Per fortuna, la buona notizia è che non c’è niente di più falso.
Essendo presidente di un’associazione fotografica -35 Millimetri- il tema della formazione mi sta molto a cuore. Non molto tempo fa ho avuto la possibilità di organizzare alcune importanti attività, tra cui dei corsi teorico/pratici. Le attività fotografiche organizzate in quell’occasione andavano sotto il nome di “Obiettivo Piana” e il tutto è stato reso possibile grazie alla collaborazione con l’associazione “Open Space” durante il contenitore di eventi “Impressioni Mobili”.
Questa collaborazione mi ha permesso di coinvolgere degli ottimi docenti. È difficile trovare insegnanti che riescano a parlare correttamente di fotografia, a stimolare i partecipanti e a far esprimere loro le proprie potenzialità. Quello che è successo durante i corsi è stato a dir poco sorprendente. Diversi ragazzi che avevano iniziato a fotografare da pochissimo, sono riusciti a sviluppare dei lavori di buonissimo livello e molto superiori alle loro aspettative. La cosa fenomenale è che hanno avuto più facilità, nel completare il loro compito, rispetto a fotografi con tanti anni di esperienza. Questo perchè hanno concentrato tutta l’attenzione sull’esperienza che stavano vivendo, piuttosto che disperderla nel valutare il diaframma o l’ottica “migliore”. Le foto allegate in quest’articolo credo che siano una dimostrazione del buon lavoro svolto.
Per me, che già ritenevo saggio dedicare molto più tempo alla cultura fotografica piuttosto che alla tecnica, è stata una piacevole conferma. È decisamente meglio avere un’occhio vergine piuttosto che imbrigliato da tecnicismi spesso inutili o deleteri.
La capacità di fare buone fotografie non nasce mai dal minuzioso uso del mezzo, bensì da una sensibilità interiore allenata, dallo studio culturale e da un’occhio attento (collegato con testa e cuore come diceva Bresson). Questo non vuol dire dover ignorare totalmente il funzionamento dell’apparecchio. Anzi è giusto saperlo usare con disinvoltura. E chi desidera fare un certo tipo di fotografia, che richieda conoscenze tecniche avanzate, non può esimersi dalla conoscenza delle stesse o dalla sperimentazione di nuove. Ma non può e non deve essere quella la strada comune per tutti. Il mio consiglio quindi è di portare sempre in borsa un buon libro di fotografia e una fotocamera sempre carica.
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…la fotografia.
Ho iniziato ad approcciarmi alla fotografia nel 2006.Ero a Bologna
Francesco Mallamo
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Nasco a Lamezia Terme nel 1981. Dopo una parentesi universitaria a Bologna, torno a viverci dal 2008. Il mio lavoro non ha niente a che fare con la creazione di immagini. Nonostante tutto continuo a dedicare alla fotografia tempo e passione.
Rispetto ai primi tempi, il mio rapporto con la fotografia è mutato molto; oggi non mi chiedo più cosa significhi per me scattare immagini, preferisco domandarmi che ruolo ho nel panorama fotografico locale e qual’è il contributo che posso dare. Lavoro sui legami che si creano con le persone ed i luoghi che fotografo. Ho la necessità di raccontare quello che sto vedendo. Non importa se con una, due o un racconto di 20 immagini.
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