
Ho iniziato ad approcciarmi alla fotografia nel 2006.
Ero a Bologna e studiavo per un lavoro che non avrebbe avuto nulla a che vedere con la creazione di immagini. Eppure la fotografia è diventata parte del mio quotidiano, ho sempre cercato di ritagliare un pò di tempo da dedicarle.
Non avendo avuto una formazione umanistica, in principio ho cercato di realizzare fotografie per puro fine estetico. Quando ho iniziato a rendermi conto che la fotografia può essere usata come un veicolo di storie straordinarie, il mio approccio è cambiato. Ho preso ad approfondire lo studio da diverse angolazioni.
Nella fotografia possono confluire sinergicamente tante sfaccettature della nostra formazione e sarebbe limitante dedicarsi ai soli studi tecnici.

Essendo presidente di un’associazione fotografica, il tema della formazione mi sta molto a cuore.
Un fotografo deve sempre affiancare allo studio della fotocamera, un’adeguato interesse culturale. Non voglio dire che studiare le tecniche fotografiche sia inutile, ma bisogna essere anche in grado di mettere la macchina fotografica in automatico e concentrare tutta l’attenzione su quello che si sta vivendo e fotografando.
Non mi piace sentire parlare di svago, hobby o di qualsiasi altro concetto che rimandi ad una sorta di appagamento personale. Anche quando c’è poco tempo a disposizione penso che sia sempre necessario approcciarsi alla fotografia consci che l’immagine è, prima di tutto, uno strumento culturale.
Oggi è facile che le proprie fotografie vengano viste da decine, se non centinaia di persone.
Le fotografie parlano, dicono tantissimo, e possono raccontare cose meravigliose in modo straordinario. Il tutto sta nel porre l’attenzione alle cose importanti. Quando utilizzo una macchina fotografica so di avere in mano uno strumento potentissimo.
Non inizio a scattare se non sono concentrato.
Quando non riesco a trovare sintonia con i luoghi che visito o con le persone che incontro preferisco semplicemente stare a guardare.

Più che analizzare il ruolo che la fotografia ha nella mia vita, preferisco chiedermi quale possa essere il contributo che appassionati come me, nel loro piccolo, possono dare alla fotografia.
Credo che regalare una testimonianza o raccontare una storia del proprio tempo e del proprio territorio sia la cosa più straordinaria che la fotografia possa fare.
Creare connessioni profonde con le persone che si incontrano, con i luoghi che visitiamo, è il punto più alto che un fotografo possa sperare di raggiungere.
E non importa il genere fotografico o l’approccio stilistico che si sceglie, l’importante è l’amore con cui si realizzano le immagini.
Nel mio piccolo, nel mio essere un “semplice” appassionato, cerco di lavorare in questa direzione.
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Francesco Mallamo
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Nasco a Lamezia Terme nel 1981. Dopo una parentesi universitaria a Bologna, torno a viverci dal 2008. Il mio lavoro non ha niente a che fare con la creazione di immagini. Nonostante tutto continuo a dedicare alla fotografia tempo e passione.
Rispetto ai primi tempi, il mio rapporto con la fotografia è mutato molto; oggi non mi chiedo più cosa significhi per me scattare immagini, preferisco domandarmi che ruolo ho nel panorama fotografico locale e qual’è il contributo che posso dare. Lavoro sui legami che si creano con le persone ed i luoghi che fotografo. Ho la necessità di raccontare quello che sto vedendo. Non importa se con una, due o un racconto di 20 immagini.
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