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Lucrezia Pirani (Accademia di Belle Arti di Napoli)

di PHocus Young Student

ritratto

Info

Lucrezia Pirani nata ad Ancona nel 1996. Nel 2017 mi trasferisco a Bologna, frequento il Dams e inizio a scattare in analogica, scoprendo un mezzo fotografico più affine al mio senso estetico. Dopo quattro anni decido di lasciare il Dams e Bologna, quindi mi trasferisco a Napoli nell’ottobre del 2020, inizio l’Accademia di Belle Arti e una nuova vita. La mia ricerca è basata sul tempo e i luoghi che abito, gli spazi che vivo con le persone. Da due anni sperimento tra architetture, ritratti, autoritratti e doppie esposizioni il linguaggio fotografico. 

Tracce

Ciò che mi interessa ricercare ed approfondire è la ciclicità dello spazio visivo e la possibilità di poterlo analizzare a posteriori. Ho scelto di utilizzare il mezzo analogico perché impone un limite ed un’intenzionalità specifica ad ogni scatto.

Scattare e lasciare andare una foto, per poi rivederla nel momento dello sviluppo, è un’ azione liberatoria. All’interno di questo processo, avviene una trasformazione che permette al lavoro di vivere su piani diversi: nell’istantaneità e nella emotività viscerale, nel tempo circolare, nella sospensione della realtà, nell’attesa e nel filo invisibile che collega il tutto.

Nella mia ricerca sono presenti varie categorie di soggetti che coesistono: persone a me vicine, sconosciuti, soggetti inanimati, architetture, natura ed autoritratti; il mio intento è di riuscire a coniugarli al meglio, essendo indispensabili per osservare e comprendere la mutevolezza della realtà in cui ci troviamo. attorno? Mi sono resa conto di provare qualsiasi cosa in maniera esagerata: sento tutto troppo forte, sento troppe cose, i pensieri mi risuonano nella testa in continuazione e il provare tutto questo mi confonde, i miei ricordi si decodificano, si dividono in spezzoni, in frammenti.

Ad un certo punto ho sentito il bisogno di dovermi concentrare, di dovermi calmare e per riuscirci ho usato l’unica cosa che mi permetteva di farlo: fermare il tempo. Ho provato quindi a ricercare quella calma, quella conoscenza interiore, nei dettagli che vivevo, nei posti che frequentavo, nei luoghi in cui ho vissuto, nelle persone che conoscevo e nelle relazioni con esse.

Mi sono resa conto di non conoscermi abbastanza, di essere troppo confusa. Ho passato giorni a demoralizzarmi perché le mie immagini non combaciavano tra di loro, non ci trovavo collegamenti.

Poi, durante la pandemia e tutt’oggi ancora, ho iniziato a scattare degli autoritratti, e qualcosa mi è partito: ho realizzato di star lavorando, per la prima volta in vita mia, su me stessa. Ad un certo punto tutto mi è apparso più chiaro: mi sono analizzata, ho osservato i dettagli del mio corpo e ho capito che era tutto collegato.

Tutte le immagini scattate negli ultimi mesi e quelle venute dopo non erano altro che Tracce. Tracce che mi portavano verso la conoscenza di me stessa, della mia persona, delle mie esperienze, di ciò che ero e ciò che sono 

Proposta per CONFINI

 

Con-fine: insieme, fine. Limite estremo, termine, linea di chiusura, linea di contatto, fine comune.

Qual è il confine tra spazio sicuro e baratro pericoloso?

SINE CUM-FINIS Siamo parte della stessa strada, magari tornando la notte sento che abbiamo paura entrambe, allora ci avviciniamo, respiriamo più forte, mettiamo via le cuffie. Di chi è questa città? Di chi è questo luogo che di giorno fa tanto rumore, assordante quasi da riempire tutti i vuoti. Di chi è questo spazio che abito, che abitiamo insieme? Perché non posso sentirmi al sicuro, camminando la notte? Voglio che questa strada sia anche mia. Voglio che impariamo a condividere questo spazio. Nella prima parte vorrei indagare la linea ultima, delle persone che non si sentono al sicuro per strada, in città, sole Nella seconda parte del lavoro vorrei cercare il luogo sicuro. Avrebbe senso se ripopolassimo le montagne, i paesini quasi completamente disabitati?

Camminare è attraversare confini. Non ho intenzione di aspettare che le cose cambino. Voglio cambiarle in silenzio, in mezzo a quel silenzio mistico, magico, che non è artificiale, è reale. Sono questi gli spazi da abitare? Mi vogliono? Ci vogliono? Siamo straniere, condannate ad esserlo in ogni posto? C’è una linea che sto provando a seguire, una strada che sto provando a tracciare, un sentiero che abbiamo scelto insieme. Posso provare ad esistere, qui. 

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