Info
Jacopo Papucci è un fotografo documentarista italo-inglese, nato a Pisa nel 1995. Nonostante abbia sempre continuato a formarsi e a fotografare da solo, circostanze di vita lo portano con il passare degli anni a studiare completamente altro. Nel 2018 si laurea alla facoltà di Medicina e Chirurgia di Pisa come Infermiere e subito dopo si trasferisce nel Regno Unito dove lavorerà per due anni. Al rientro in Italia, trasportato da un impulso creativo, decide di provare a fare della fotografia un lavoro. Nel 2020 inizia una collaborazione con uno studio toscano nel settore wedding e moda, ma dopo qualche mese capisce che non è la strada per lui.
Dopo questa epifania, decide di concentrarsi la sua energia creativa e di concentrarsi sulla propria ricerca visiva: il senso di alienazione dato dalla relazione tra l’essere umano e la natura che lo circonda. Catturare momenti che evochino un senso di nostalgia, solitudine e malinconia, in cui l’isolamento spesso diventa una contemplazione di un senso di pace e tranquillità. Questo approccio più artistico nei confronti della fotografia, lo porta nel Marzo del 2021 a firmare un contratto con la galleria d’arte Looking For Art di Milano con la quale ha esposto più volte le sue opere.
In seguito, Jacopo inizia a maturare un forte interesse per la fotografia documentaria e il racconto fotografico e intraprende progetti personali in Italia ed in giro per l’Europa. Il suo lavoro si concentra prevalentemente su temi di memoria collettiva e sul rapporto tra tradizioni e perdita di identità culturale.
Dal 2021 è studente della scuola di fotogiornalismo ISFCI di Roma.
Premi e mostre:
-Primo posto al premio “Outside Your Window” 2021
-Mostra alla “Fiera del Design di Milano”, Giugno 2021
-Finalista al Siena International Photo Awards 2022
-Mostra a “Earth Day Italia 2022” a Roma, Aprile 2022
– Selezionato per il Canon Student Programme 2022
– Vincitore della Fellowship di Parallelozero 2022
Pubblicazioni:
Perimetro, C41 Magazine, Koones, Inframe Magazine, Documagazine.
Dentu Zona (2021 – In corso)
Lisbona, ex-capitale della cultura 1994, mostra il suo profilo migliore a turisti e visitatori. Allo stesso tempo però, la sua periferia nasconde una scomoda realtà: la ghettizzazione, portata avanti ormai da decenni, degli immigrati arrivati in Portogallo dalle sue colonie negli anni ‘70. In quel periodo, l’immigrazione su larga scala e un’urbanistica inefficace spinsero i migranti africani a costruire le proprie abitazioni abusive nelle periferie di Lisbona, e a vivere di conseguenza in condizioni degradanti. Nel 1993, il governo portoghese attiva un programma di intervento su larga scala, il PER (Programa Especial de Realojamento), con lo scopo di demolire gli insediamenti informali e sostituirli con complessi residenziali. Purtroppo, questa manovra ha creato luoghi dove dilagano diseguaglianza, esclusione, segregazione e razzismo.
Dentu Zona è un’espressione creola che significa “nel ghetto”. Questo progetto ha lo scopo di identificare, osservare e documentare Il processo di gentrificazione nella capitale portoghese, il quale dimostra un profondo legame fra l’urbanistica, la questione degli alloggi ed il razzismo sistemico nell’area metropolitana di Lisbona.
Negli ultimi anni, turismo e gentrificazione hanno portato ad una vera e propria metamorfosi della città di Lisbona. Inoltre, alcune aree della capitale portoghese hanno attirato l’attenzione di imprenditori immobiliari, i cui sempre più numerosi tentativi di speculazione hanno accelerato il processo di demolizione e ricostruzione. I media locali e nazionali hanno etichettato queste aree come luoghi pericolosi, abitati di giovani portoghesi neri di seconda generazione, dipinti soltanto come promotori di disordine pubblico. Gli insediamenti sono stati brutalmente e inesorabilmente abbattuti, spesso con un solo giorno di anticipo. Questa spietata operazione è stata ispirata, alimentata e legittimata dalla convinzione che urbanistica, etnicità e criminalità siano indissolubilmente legate fra loro.
That Fierce Fire Burning Within (2022 – In corso)
Alex è un giovane trapezista cresciuto all’interno di una famiglia di circensi, i Vassallo, che nel 1991 hanno fondato il circo di Vienna.
Il circo è un palcoscenico particolare e Alex ne incarna le contraddizioni: danzare nell’aria sopra decine di nasi puntati all’insù e occhi pieni di stupore. E poi nutrire segretamente la passione per la pittura, un’arte più intima, privata, destinata ai soli propri occhi e coltivata nella solitudine della sua roulotte. Alex non è soltanto quello che appare davanti al pubblico: è insieme l’artista e il ragazzo in perenne conflitto tra desiderio di libertà e bisogno di mettere radici, creare legami solidi e durati.
In ogni città in cui si trova, in ogni piazza in cui si ferma, gli passano accanto decine di persone: sono sguardi distratti che si incrociano per una frazione di secondo, volti sconosciuti, sempre nuovi, di cui non conserva memoria. Gli unici legami profondi, che rimangono, sono con i suoi familiari e con gli artisti che condividono il suo stile di vita.
Ha la possibilità di viaggiare e vedere il mondo. Ma sempre rimanendo all’interno dei confini del circo, nello spazio delimitato dallo steccato di legno che separa lo spazio esterno dal proprio. Il circo è la sua lente, attraverso il circo vede il mondo. E per il breve tempo di uno spettacolo, il mondo vede lui e lo raggiunge, ovunque si trovi.
“That fierce fire burning within” è un progetto che esplora le contraddizioni insite nello stile di vita nomadico, seguendo la forma del dialogo aperto e dello scambio: una comunicazione continua tra l’artista e il fotografo, entrambi alla ricerca della propria identità.
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