Info
Classe 1997, Giorgia Lippolis vive e studia a Milano; laureata nel 2019 alla NABA in Pittura e Arti Visive, attualmente è iscritta al corso di Fotografia e Linguaggi della Comunicazione Visiva in Bauer. Una ricerca nostalgica per oggetti ed immagini ritrovate conducono l’artista verso la fotografia, mezzo e strumento ideale per scavare dentro il significato delle cose. Scatti, istantanee, fotogrammi di una storia personale, che ripercorsa e rielaborata, diviene racconto ed esperienza collettiva.
Fotografa per Miart 2017 e 2018, Fiera Internazionale d’Arte Contemporanea;
Performer al Base Milano “TOUCHING BUBBLES”, Un programma di performance a cura di Chiara Lupi e Elvira Vannini con gli studenti NABA Nuova Accademia di Belle Arti;
Workshop “È il corpo che decide” con Marcello Maloberti al Museo del Novecento, Milano;
Performer per Francesca Chiacchio, X MODI PER COLORARE L’ABITARE in 999 DOMANDE // TRIENNALE DI MILANO.
Copertina del mensile “Smart Marketing”, agosto 2018, Taranto;
Mostra collettiva, Milano 2019, “Ciò che la cultura separa” nello spazio no-profit X- Contemporary.
“Dormiente Al sicuro tra mura di sabbia In piedi madre con le Madri Sparsa In granuli di sale Geroglifico di una donna alata”
La figura della donna assume nel lavoro una connotazione aliena, effimera, astratta, ma allo stesso solida, scultorea. L’idea di seppellire la figura sotto la sabbia nasce da un gioco per diventare fortemente simbolica. L’aspetto ludico qui è prendersi cura, è avvolgere, è trattenere, è mettere al sicuro, proteggere, è un’inversione di ruoli. La figura della donna è portatrice e generatrice; è protetta, messa al sicuro, all’interno di un bozzo, nel tentativo di fermarla nel tempo, di renderla eterea.
Madre
“E il suo animo gemente, contristato e dolente era trafitto da una spada. Oh, Madre, fonte d’amore, fammi provare lo stesso dolore perché possa piangere con te.”
Il progetto nasce come performance con la volontà di restituire un nuovo sguardo su questo rituale cristiano di origini pagane. In questa marcia, tutti gli elementi religiosi (dalla croce sul petto alla statua che precede le donne) vengono messi da parte per raccontare una visione comune, un dolore universale: la perdita di qualcuno, o qualcosa. La processione è un percorso che ognuno di noi compie, anche interiormente, con se stesso e con gli altri. Un momento di comunione. È un percorso di crescita, di riflessione, di dolore, di ricerca sopratutto. Il mare da sempre ha visto migrare gente in difficoltà, ma questi ultimi anni sono stati caratterizzati da migliaia di morti; il dolore di questi esseri umani diventa anche il nostro dolore, per questo la scelta di figure femminili, di Madonne, di figure identificabili con la Terra, che dona vita in primavera, ma che piange in inverno quando tutto si addormenta.
Il mio percorso artistico si è definito attraverso la ricerca e la riscoperta di una tradizione popolare religiosa legata alla mia terra. La lettura del testo di Ernesto De Martino “La terra del rimorso” e lo studio di lavori di artisti come Shirin Neshat e Antonio Paradiso, Hermann Nitsch e Giorgio A. Calò mi ha spinta a proporre una rielaborazione del concetto di ritualità. Il lavoro si sviluppa attraverso la fotografia e il video cercando di proporre immagini che catturano memorie, che restano impresse. Cerco di trasmettere il senso di nostalgia e malinconia che percepisco quando assisto a questi rituali. Attraverso le immagini provo a restituire delle forme scultoree, semplici, ma in grado di poter portare altrove lo spettatore. Un altrove soggettivo a seconda di chi lo guarda. Nei lavori ricorre spesso il bianco e nero, la figura femminile e il tema della “ricerca”. Questa ricerca non ha come scopo quella di trovare qualcosa di definito, potrebbe essere la ricerca di qualsiasi cosa, che sia materiale, o effimera, non ha importanza; l’unica certezza è che questa ricerca non ha una fine e rimane in sospeso il pensiero di quello che si potrebbe trovare.
Proposta per CONFINI
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