Info
Gaia Spanò, nata a Palermo il 28 febbraio del 1998.
Laureata in Graphic Design all’Accademia di Belle Arti di Palermo e adesso studentessa alla cfp bauer di Milano, indirizzo Fotografia e Linguaggi Multimediali.
La sua terra è quella in cui ha coltivato con cura l’amore per la fotografia facendola diventare la sua professione; mentori come Letizia Battaglia l’hanno guidata verso una consapevolezza maggiore di come vuole raccontare il mondo e cosa la muove nel farlo: raccontare storie, raccontare quelle persone che pur abitando i nostri stessi luoghi, rimangono nell’ombra, ma che non smettono mai di rivendicare i propri spazi.
Reputa che attraverso la macchina fotografica si ha il meraviglioso potere di poter raccontare la verità e, spera che nel suo percorso, essa non venga a mancare mai.
Room.
Credo che nella storia dell’arte le donne sono sempre state ritratte come oggetto/soggetto incapace di fare altro se non posare inermi in un contesto attorno invece vivo.
Le donne sono sempre state subalterne nei dipinti, nella narrativa storica e partendo da questa riflessione ho deciso di dedicare la mia fotografia alla donna; donna che non è più l’oggetto di contorno, ma il soggetto e verbo del contesto.
Così chiedo alle donne che vogliono essere fotografate da me di scegliere il loro posto, quello più intimo in cui all’interno sono solamente loro le protagoniste. Il mio obbiettivo è creare una poetica intima attraverso cui passare il messaggio di rivendicazione dei corpi e degli spazi. Un progetto a lungo termine iniziato post pandemia.
Drag is resistance.
Fino al 1683, quando Carlo II concesse alle donne di recitare a teatro, le drag sono state Lisistrate, Ofelie, Medee e Giuliette, protagoniste delle tragedie, della commedia dell’arte e delle pantomime: se alle donne veniva negata la possibilità di recitare o di partecipare alle funzioni religiose – per salvaguardarne la morale e la virtù e non scatenare gli istinti degli uomini – erano i maschi a doversi calare nei loro panni. Abiti, lunghe sottane e sottogonne che si trascinavano sulle assi del palco: qualcuno fa infatti risalire l’origine del termine al verbo “to drag”, trascinare, e la formula “to put in the drag”, indossare i propri strascichi, inizia a diffondersi nel gergo teatrale tra il
Diciassettesimo e il Diciottesimo secolo. I drag king, invece, nascono negli ’90 opponendosi alla dicotomia di genere, assumendo per quel breve tempo in cui indossano il proprio personaggio, i privilegi maschili che vengono sottratti alle donne.
Entrambe le figure, tuttavia, giocano e danno la possibilità di poter decidere tra il binarismo e il non binarismo di genere.
Drag is resistance perché è anche grazie a loro che la visione dei corpi liberi e liberati non è più un’utopia.
Questo progetto ripercorre in tre passaggi la trasformazione delle Drag Queen e dei Drag King. Usando come mezzo la polaroid, mi focalizzo in modo analitico al cambiamento fisico durante una sessione di trucco.
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