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Cosimo Calabrese. Sono nato nel 1985 a Taranto, Sud Italia, dove attualmente vivo.
Dopo gli studi in lettere moderne ho frequentato la D.O.O.R. Academy di Roma e ho lavorato come fotogiornalista pubblicando i miei lavori su riviste e quotidiani in Italia e all’estero. Focus principali dei miei lavori sono le migrazioni e i problemi ecologici.
Negli ultimi anni sto cercando una via e una forma più personale per il mio lavoro fotografico. I miei ultimi lavori sono “Hybris” (2018) sul rapporto tra uomo e colonialismo e “Metastasis” (2018-ongoing), una ricerca sulle conseguenze della grande industria siderurgica sul tessuto della città di Taranto”.
HYBRIS (2018)
La Basilicata, conosciuta anche come Lucania (“la terra della luce”) è una piccola regione del Sud Italia dove si trovano i principali giacimenti petroliferi on shore in Europa. L’area è stata pesantemente sfruttata dalle compagnie petrolifere negli ultimi venticinque anni e ora gran parte della popolazione è e migrata. Prima della scoperta dei giacimenti petroliferi la regione era per lo più un’area rurale, con piccoli villaggi in cima alle montagne abitati da contadini e pastori. Gli spazi ampi e aridi, tipici delle aree montuose vicine al Mediterraneo, l’arretratezza e il misticismo degli abitanti hanno ispirato l’immaginazione di registi neo-realisti come Pierpaolo Pasolini e Francesco Rosi. Da quando è stato scoperto il petrolio tutto questo patrimonio storico e sociale è stato perso per sempre.
Guidando e camminando per la zona sono stato attratto dai segni, dalle rovine e dal vuoto lasciato dagli umani nel corso dei secoli: templi greci, vecchi villaggi, oleodotti, stazioni di servizio abbandonate, fabbriche e fattorie, bizzarri parchi a tema. Le montagne, la conformazione rocciosa del terreno e il vuoto dello spazio fanno sembrare tutto alieno e alienato.
La Basilicata è anche uno dei luoghi più importanti in cui gli astronomi possono vedere il cielo lontani dall’inquinamento luminoso. Nella regione ci sono due grandi osservatori astronomici e la sede dell’Agenzia Spaziale Italiana. A Matera, la capitale della regione, è stata allestita in questi mesi una mostra su Marte e sui tentativi di colonizzare il pianeta. Secondo gli scienziati, gli esseri umani saranno una specie multi-planetaria tra 25 anni.
In realtà sappiamo meno del 5% della materia dell’universo, l’altro 95% è materia oscura, quindi stiamo sfruttando la Terra e stiamo andando a colonizzare altri pianeti, ma siamo quasi ciechi di fronte all’universo. Tutto questo mi ha portato a iniziare una ricerca e un’indagine sul comportamento colonizzatore dell’essere umano, sull’attitudine a razziare risorse e sull’ambigua cecità e arroganza della nostra specie.
METASTASIS (2020-ongoing)
Taranto è un luogo paradigma di come lo sviluppo economico e industriale in Italia, soprattutto nelle regioni del Sud, sia stato caotico e di come connivenze politiche e clientelismo abbiano avuto, nel medio e lungo termine, conseguenze catastrofiche sui territori.
Oggi Taranto è una delle città più inquinate in Europa, il numero di persone colpite da patologie causate dell’inquinamento è in costante crescita da decenni. Lo “stabilimento”, come viene comunemente chiamato in città, è passato dal controllo statale a diverse amministrazioni private negli anni Novanta per tornare, infine, nel 2020 in mano allo Stato. I problemi strutturali che causano le emissioni inquinanti non sono mai stati risolti.
Taranto è la città dove sono nato e dove vivo. Indagare la città come fotografo è significato, per me, affrontare un luogo a cui sono strettamente legato, in cui vivono la mia famiglia, i miei amici, la mia storia. In questa ricerca fotografica quindi ho cercato di staccarmi, per quanto possibile, dal vissuto personale e di approcciare il luogo con distacco scientifico.
Ho deciso di condurre l’analisi fotografica come se si trattasse un’autopsia (nel senso, dal greco antico, di “αὐτοψία «il vedere con i propri occhi», comp. di αὐτός «stesso» e ὄψις «vista»”), setacciando e sezionando le strade di Taranto alla ricerca delle evidenze e cercando di rimanere fedele all’approccio fotogiornalistico della “visione e conoscenza diretta dei fatti”.
Ho iniziato la mia indagine sovrapponendo la mappa di Taranto e della sua area industriale con quella di una radiografia di un tumore ai polmoni. Ho provato a pensare la città come corpo vivo, dove l’industrializzazione degli anni Sessanta ha agito come una patologia neoplastica, una malattia partita da una zona circoscritta della città e diffusasi capillarmente, nel corso degli anni, in tutto il tessuto urbanistico e sociale.
Proposta per CONFINI
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