

Info
Chiara Beretta.
Nata a Milano nel 1994. Laureata in Restauro dei Beni Culturali all’Accademia di Belle Arti di Como e specializzata in superfici decorate dell’architettura. Successivamente studia Fotografia e linguaggi della comunicazione visiva al Cfp Bauer di Milano. La sua ricerca si concentra sull’aspetto materiale della fotografia, sui processi di deterioramento, sulle tracce della presenza umana nello spazio naturale
Conversations
È possibile rappresentare un soggetto che sfugge alla visualizzazione, che è assente o nascosto alla vista?
Per Hans Belting un’immagine trova il suo vero significato in virtù dell’assenza di ciò che rappresenta. L’immagine non è soltanto il risultato dell’azione di un mezzo – come la fotografia, la pittura o il cinema. È anche il prodotto del nostro io, nel quale generiamo immagini del tutto personali: sogni, immaginazioni, percezioni che possono interagire con il mondo visibile.
Un’opera d’arte, e di conseguenza la sua immagine, trascende quindi la propria concezione fisica per farsi essenza mentale. Regìs Debray afferma che per affrontare la natura intangibile dell’immagine mentale occorre considerare la funzione dello sguardo: esso è il vettore usato per trasmettere e ricevere immagini mentali alla e dalla raffigurazione materiale. Lo sguardo trasforma una raffigurazione in un’immagine e un’immagine in una raffigurazione: noi animiamo le immagini come se vivessero o potessero parlarci.
Il lavoro si articola in due parti distinte ma dialoganti, legate insieme dalla tensione tra rivelazione e occultamento e dal tentativo di rendere visibili i riverberi che le accompagnano: le fotografie delle sculture del giardino reale di Versailles in fase di restauro racchiudono fotografie di luoghi generici e simbolici che invitano ad un’esperienza più ampia e intricata di significati nascosti.
Wear and tear
Wear and Tear è lo studio del progressivo degrado materiale della pellicola con il passaredel tempo e dei fenomeni atmosferici. La celluloide è un materiale particolarmente sensibile all’umidità e al calore; l’uso di questi due fattori fisici può assumere connotazioni creative. I negativi sono stati abbandonati, sporcati, raccolti, ingranditi, riscaldati, raffreddati, bruciati, ingranditi di nuovo, scansionati. Il passare del tempo è reale, la matrice è irreversibilmente danneggiata.
Proposta per CONFINI
La memoria è una zona grigia e liminare che raccoglie dati, rimodula, rimescola avvenimenti, sogni e immaginazioni. Le immagini sono ciò di cui si compongono i magazzini virtuali della mia memoria: appunti visivi di alcuni momenti della mia esistenza. Ogni volta che faccio un uso maldestro di un ricordo – ripescandolo dal mio schedario attraverso un’immagine – cambiano alcune delle sue determinazioni; questo mutare non è da pensarsi come la sua rovina, bensì come condizione possibile per la sua rimodulazione. I miei ricordi non hanno confini precisi, viaggiano dalla soglia transitabile della zona grigia al limite invalicabile della mia immaginazione. Ora resistono in frammenti, ora si disintegrano nel nulla.
Fotografie di me, fotografie di altri: i miei ricordi sono lì. Finché esistono, esisto anche io.
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