
“Per me una fotografia è una pagina di vita e, in quanto tale deve essere reale”.
Weegee è ricordato come il più leggendario fotografo di cronaca americano, la sua fotografia nasce per strada, nei bar e sopratutto sulle scene del crimine. Il suo nome è un nome d’arte era Weegee e si racconta che nasca dal popolare gioco di divinazione, la tavola Ouija, a cui veniva paragonato il suo presunto sesto senso per il crimine. Questo “senso” lo portava sulla scena del dramma ben prima della polizia, dopo dopo molti anni si scoprì che in realtà aveva una radio (illegale) sintonizzata sulla frequenza della polizia. Le sue fotografie che possiamo dire, voyeuristiche, mostravano il lato più oscuro di New York City, fondendo la cultura popolare con l’esperienza degli immigrati e della classe operaia, catturando l’attenzione sia dei media che della comunità artistica.
“Ho scattato le immagini più famose di un’epoca violenta, le foto che tutti i grandi quotidiani, con tutte le loro risorse, non riuscivano a farsi da sé. Scattando quelle foto ho fotografato anche l’anima della città che conoscevo ed amavo”.
Partiamo dall’inizio.
Weegee, il cui vero nome era Usher Fellig, nasce il 12 giugno 1899 nella città di Lemburg (oggi in Ucraina), ha iniziato a lavorare come fotografo all’età di quattordici anni, tre anni dopo l’immigrazione della sua famiglia negli Stati Uniti, dove il suo nome di battesimo è stato cambiato nel più americano Arthur. Autodidatta, svolse molti altri lavori legati alla fotografia prima di ottenere un impiego regolare presso uno studio fotografico di Lower Manhattan nel 1918. Questo lavoro lo portò a lavorare presso diversi giornali fino a quando, nel 1935, divenne un fotografo di cronaca freelance. La sua attività si concentra sui quartieri generali della polizia. Come ho accennato prima era un vero segugio e anche molto furbo, non si fermava davanti a nulla e a volte violava tutte le regole del mondo, sta di fatto che riusciva ad avere le prime e più sensazionali fotografie di eventi di cronaca e di offrirle per primo in vendita a pubblicazioni come l’Herald-Tribune, il Daily News, il Post, il Sun e il PM Weekly, tra gli altri. Negli anni Quaranta, le fotografie di Weegee apparvero anche al di fuori della stampa tradizionale, riscuotendo successo. La Photo League di New York tenne una mostra del suo lavoro nel 1941, mentre il Museum of Modern Art iniziò a collezionare le sue opere e le espose nel 1943. Weegee pubblica le sue fotografie in diversi libri, tra cui Naked City (1945), Weegee’s People (1946) e Naked Hollywood (1953).
Dopo essersi trasferito a Hollywood nel 1947, dedica la maggior parte delle sue energie alla realizzazione di film e fotografie in 16 millimetri per la serie “Distortions”, un progetto che si traduce in ritratti sperimentali di celebrità e personaggi politici. Tornato a New York nel 1952, tenne conferenze e scrisse di fotografia fino alla sua morte, avvenuta il 26 dicembre 1968.
L’opera fotografica di Weegee è piuttosto insolita in quanto ha avuto successo nei media popolari ma poi è stata anche amata e rispettata dalla comunità artistica. La sua capacità di navigare tra questi due regni – la fotografia di scene del crimine e l’arte – deriva dal forte legame emotivo che si crea tra l’osservatore e i personaggi delle sue fotografie, oltre che dall’abilità di Weegee nello scegliere i momenti più significativi degli eventi che fotografava.
Il fotogiornalismo di Weegee si concentrava sul contenuto narrativo e sul pugno visivo dell’immagine, rendendo le sue storie di interesse umano, era qualcosa di nuovo. Attiravano l’attenzione sugli estremi e le debolezze della folla cittadina, che costituisce un mondo sotterraneo sconosciuto.
Come sottolinea lo storico Graham Clarke: “Weegee immagina una città segreta: vittime di omicidi, rapinatori, travestiti,… [così come momenti privati] – qualsiasi cosa possa alimentare il suo occhio affamato alla ricerca della fotografia sensazionale e torbida”.
Le sue fotografie avevano un loro significato e servivano come fonte per vari tipi di saggi fotografici per comparire anche nel suo libro fotografico “Naked City”.
Come la stampa progressista per cui lavorava, Weegee era coinvolto nella novità del settore, nel senso di possibilità e nell’influenza. Perciò organizzò il suo ultimo capitolo in Naked City come un lungo saggio su ciò che chiamava “Consigli per la macchina fotografica”. Diceva agli aspiranti fotografi:
“Non cercate di indovinare la messa a fuoco, esercitatevi solo a sei e dieci piedi”.
Sconsigliava ai fotografi amatoriali di usare i nuovi flash “di lusso”, diceva loro:
“Io uso ancora una lampadina flash, con questa modalità di illuminazione i soggetti sono esposti in modo decisamente più crudo e quindi più sensazionale! Le foto si vendono di più. È quello che il pubblico vuole”.

- THE PUBLIC EYE (tradotto in italiano – “Occhio indiscreto”) è un film del 1992 diretto da Howard Franklin, ispirato alla figura del fotografo Weegee con protagonista Joe Pesci.
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Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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